Corte di Cassazione sentenza n. 2607 depositata il 2 febbraio 2018
RILEVATO
1. che con sentenza, in data 16 marzo 2012, il cui testo risulta scritto a mano, la Corte di Appello di Messina ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, determinando la decorrenza dell’indennizzo per danno biologico dal 16 agosto 2002;
2. che avverso tale sentenza l’INAIL ha proposto ricorso, affidato a due motivi, al quale l’intimata non ha opposto difese;
CONSIDERATO
3. che, deducendo violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., l’INAIL si duole che la Corte territoriale abbia rideterminato la decorrenza della rendita per inabilità permanente non tenendo conto dell’incontestata cessazione dell’inabilità temporanea assoluta dal 30 aprile 2003, come dedotto in giudizio dalla lavoratrice fin dal primo grado, e non risultando che la medesima, agendo per il riconoscimento di un grado di menomazione dell’integrità psicofisica residuata da un infortunio sul lavoro, pari al 20 per cento, in luogo del 10 per cento riconosciuto dall’INAIL, avesse richiesto che la rendita per i postumi permanenti riscontrati dovesse decorrere da data diversa da quella indicata dall’INAIL (il primo maggio 2003, giorno successivo a quello della cessazione dell’inabilità temporanea assoluta) (primo motivo); violazione degli artt. artt. 74 e 89 del d.p.r. 1124 del 1965, per avere la Corte di appello, peraltro immotivatamente, stabilito che il danno biologico decorreva dal 16 agosto 2002 invece che dalla cessazione della inabilità temporanea assoluta conseguita all’infortunio, non sussistendo neanche, nella specie, i presupposti per la corresponsione di una integrazione della rendita di inabilità fino alla misura massima dell’indennità per inabilità temporanea assoluta (secondo motivo);
4. che ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso;
5. che la censura inerente alla violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e alla nullità della sentenza è meritevole di accoglimento atteso l’evidente vizio di ultrapetizione in cui è incorsa la Corte territoriale, riconoscendo la decorrenza della rendita dal 16 agosto 2002, anziché dalla data di incontestata cessazione dell’inabilità temporanea assoluta, come emerge dagli atti del giudizio di merito, il cui diretto esame è consentito al giudice di legittimità al fine di verificare contenuto e limiti della domanda azionata (v., fra le altre, Cass., Sez.U., 22 maggio 2012, n.8077);
6. che la stessa parte intimata, nella memoria di costituzione in appello, nell’invocare l’applicazione delle disposizioni normative regolanti la materia, richiedeva la decorrenza della prestazione dal giorno successivo al termine del periodo di inabilità lavorativa temporanea assoluta;
7. che l’art. 74 del d.p.r. 1124 del 1965 stabilisce che: «Quando sia accertato che dall’Infortunio o dalla malattia professionale sia derivata un’inabilità permanente tale da ridurre l’attitudine al lavoro in misura superiore al dieci per cento per i casi di infortunio e al venti per cento per i casi di malattia professionale, è corrisposta, con effetto dal giorno successivo a quello della cessazione dell’inabilità temporanea assoluta, un rendita d’inabilità rapportata al grado dell’Inabilità stessa sulla base dei seguenti…»;
8. che è stato chiarito, in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, che l’indennità per inabilità temporanea assoluta ha il preciso scopo di ricomporre l’equilibrio economico infranto dall’infortunio e dalla conseguente assenza dal lavoro, ossia la funzione di integrare la capacità di guadagno del lavoratore venuta meno a causa della temporanea perdita dell’attitudine al lavoro, sicché tale indennità è corrisposta oltre quella eventualmente spettante per inabilità permanente, cessando nello stesso momento in cui viene meno la inabilità temporanea e, nel caso in cui dall’Infortunio siano residuati postumi di inabilità permanente, dal giorno della guarigione clinica, dal quale incomincia a decorrere, ove sussistano le condizioni di legge, l’indennità per inabilità permanente;
9. che tale principio risponde ad evidenti criteri logici perché assicurare in ogni caso, fin dal momento del verificarsi dell’infortunio, la rendita per inabilità permanente finisce col tradursi in un’ingiustificata duplicità di prestazioni (v., fra le altre, Cass. 6 luglio 2017, n.16722, Cass. 12 marzo 2013, n. 6154);
10. che è appena il caso di ribadire che la cessazione della invalidità temporanea assoluta derivante dall’infortunio occorso alla lavoratrice non risulta essere stata contestata in giudizio;
11. che l’immotivata decorrenza ancorata alla data indicata dalla Corte territoriale rende superflua la disamina dell’ulteriore profilo di doglianza, denunziato con il secondo motivo che rimane, pertanto, assorbito;
12. che, pertanto, il ricorso va accolto, l’impugnata sentenza cassata con decisione nel merito – ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – nel senso che l’indennizzo per danno biologico, nella misura del 10 per cento, decorre dal primo maggio 2003;
13. che vanno compensate le spese dei gradi di merito, in considerazione del diverso esito e del comportamento processuale della parte intimata nel giudizio di legittimità, che nulla ha opposto ai rilievi dell’I.N.P.S. e non ha in alcun modo dato causa all’errore di diritto contenuto nel provvedimento impugnato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, determina la decorrenza della rendita complessiva dal primo maggio 2003; compensa le spese dell’intero processo.
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