Corte di Cassazione sentenza n. 26556 depositata il 9 settembre 2022
agevolazione prima casa
I FATTI DI CAUSA
1. Con avviso n. 201199900011107D001 l’Agenzia delle Entrate procedeva, in relazione alla denuncia di successione di T.A.i (registrata il 22 settembre 2011) presentata dai ricorrenti, al recupero delle maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali, non riconoscendo le agevolazioni fiscali previste dall’art. 1 della tariffa parte prima allegata al d.P.R. 131/1986, con riferimento all’abitazione sita nel Comune di Peccioli (censita in cat. A/7, di vani 20), ritenuta possedere le caratteristiche di abitazione di lusso ai sensi dell’art. 6 del M. del 2 agosto 1969.
1.1 La Commissione tributaria provinciale di Pisa accoglieva il ricorso proposto dai contribuenti, ritenendo che gli stessi avessero dimostrato, con idonea perizia, che il locale considerato come mansarda fosse, in realtà, una soffitta.
1.2 Senonchè, la Commissione tributaria renionale della Toscana accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Ufficio, ritenendo – per quanto ora interessa in relazione ai motivi di impugnazione – che «il primo piano abbia le caratteristiche dell’abitabilità, presentando finiture equivalenti al resto dell’abitazione, persiane esterne, soffitti generalmente alti, arredi, ottima luminosità naturale, accesso al piano terra con una scala pavimentata in cotto e dotata di illuminazione, risultando pertanto irrilevanti la qualificazione progettuale come soffitta, anziché come mansarda e la mancanza di impianto di riscaldamento, elementi sui quali si basa la perizia tecnica giurata di parte» (v. pagina 2 della sentenza impugnata).
2. I suindicati istanti proponevano ricorso per cassazione avverso detta sentenza, con atto notificato ai sensi dell’art. 149 c.p.c. in data 4/9 dicembre 2019, articolando quattro motivi di impugnazione.
3. L’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso notificato tramite posta elettronica certificata il 20 gennaio 2020.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo di impugnazione ricorrenti hanno lamentato, con riferimento all’art. 360, 1 n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 112, 115 c.p.c. «per non avere, la CTR, basato la propria decisione sulla circostanza incontestata che la superficie computata era costituita da una soffitta» (v. pagina n. 2 del ricorso).
Nello specifico, hanno assunto sul punto che la sentenza di primo grado aveva concluso, qualificando il locale ancora oggetto di contenzioso come soffitta, anche in ragione della mancata contestazione da parte dell’Ufficio di tale qualificazione offerta dai contribuenti con la DOGFA presentata in data 18 dicembre 2013, per cui «il Giudice dell’appello anziché indagare in ordine alla potenziale abitabilità, avrebbe dovuto de plano concludere per la spettanza delle agevolazioni atteso che, in ossequio alla norma invocata e stante la mancata specifica contestazione, la soffitta e la cantina non dovevano concorrere alla formazione della superfice utile» (v. pagina n. 13 del ricorso).
4.1 Con il secondo motivo di impugnazione gli istanti hanno denunciato, in relazione all’art. 360, 1 n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c. <per non essersi, la CTR, pronunciata sul fatto che il vano catastale accatastato come soffitta fosse tale» (v. pagina n. 2 del ricorso), «valutazione che, se positiva, avrebbe reso ultronea qualunque valutazione in ordine alla loro potenzialità abitabilità, dovendosi de plano concludere che le loro superfici non erano computabili» (cfr. pagina n. 15 del ricorso).
4.2 Con il terzo motivo di impugnazione i ricorrenti hanno rimproverato al Giudice regionale, in relazione all’art. 360, 1 n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 1 della tariffa allegata al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 e dell’art. 6 del D.M. 2 agosto 1969, «per avere, la CTR, accolto l’appello nonostante risultasse che la superficie computata era una soffitta» (v. pagina n. 2 del ricorso), sostenendo che la Commissione dopo aver mostrato «di prendere atto che il primo piano aveva una “qualificazione progettuale come soffitta … doveva, in ossequio alle invocate norme, concludere nel senso che la sua superficie non doveva concorrere a formare la complessiva (ndr. superficie) utile» (così a pagina n. 15 del ricorso.
4.3 Con il quarto ed ultimo motivo di impugnazione i ricorrenti hanno lamentato, con riguardo all’art. 360, co. 1 n. 3, c.p.c., la violazione degli dell’art. 1 della tariffa allegata al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 e dell’art. 6 del D.M. 2 agosto 1969, «per avere, la CTR, ritenuto irrilevante l’inesistenza deli’impianto di riscaldamento al fine di valutare la potenzialità abitativa della soffitta» (v. sempre pagina 2 del ricorso), ritenendo che – di contro – che «la qualificazione di utilità (intesa come potenzialità abitativa) non può prescindere – in un’ottica di interpretazione storico-sociale evolutiva dell’art. 6 (risalente al 1969) – dal fatto che i locali ad uso soffitta non ne dispongono», assumendo «che l’art. 6 citato è da interpretare nel senso che, al di là del grado finitura, non possono mai considerarsi superfici utili quelle relativi agli ambienti sprovvisti di riscaldamento» (cfr. pagine nn. 16 e 17 del ricorso).
5. Tanto ricapitolato, ritiene la Corte che il ricorso non possa essere accolto. Queste le ragioni.
6. Le doglianze possono essere esaminate congiuntamente in quanto connesse, ruotando sul rilievo dell’omessa considerazione dell’incontestata circostanza che la superfice computata nell’avviso era costituita da una soffitta (dedotta violazione degli artt. 112 e 115 p.c.), nonché sull’omessa pronuncia sul fatto che il vano accatastato come soffitta avesse tali caratteristiche (dedotta violazione dell’art. 112 112. c.p.c.), oltre che sull’erronea (ai sensi dell’art. 1 della tariffa alle9ata al d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 347 e dell’art. 6 del D.L. 2 agosto 1969) valutazione compiuta per aver basato la propria decisione, nonostante risultasse che la superfice computata fosse, in realtà, una soffitte,, lamentando, infine, che nello scrutinio il Giudice regionale é1vesse escluso rilevanza all’assenza dell’impianto di riscaldamento.
7. Ciò posto, occorre premettere che la dedotta violazione dell’art. 115 risulta inammissibile alla stregua del principio secondo cui «In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c….» (cfr. Cass. n. 13547/2022, che richiama Cass. n. 23940/2017 e Cass. n. 3572./2021 ).
8. Non ricorre poi la contestata omessa pronuncia sulla circostanza, reputata non contestata, dell’accatastamento del vano come soffitta.
8.1 Giova evidenziare, in punto di fatto ed in termini pacifici tra le parti, che dopo la notifica dell’avviso di liquidazione oggetto di causa, eseguita il 18 novembre 2013, gli istanti presentarono in data 18 dicembre 2013 e tramite docfa una nuova qualificazione del vano di 143 mq da mansarda a soffitta e, successivamente, interposero impugnazione avverso il menzionato avviso.
L’Ufficio effettuò un sopralluogo, pervenendo alla conclusione che il predetto vano dovesse considerarsi utile ai fini della complessiva superficie dell’immobile, che così rivelava una superficie superiore ai 240 mq.
Quindi, l’Agenzia si costituì in giudizio, opponendosi alle ragioni proposte dai ricorrenti con l’impugnazione, sostenendo che, al di là della qualificazione fornita dai ricorrenti con la docfa, il menzionato locale era utilizzabile ai fini abitativi e, quindi, da computabile nella determinazione della complessiva superfice utile.
8.2 La tesi dei ricorrenti riposa sull’ordine di idee secondo cui, non essendo stata contestata la qualificazione di soffitta fornita con la procedura docfa, il Giudice d’appello non solo non poteva indagare sulla potenzialità abitabilità del vano, ma avrebbe omesso «di pronunciarsi sulla qualificabilità» del locale come soffitta, valutazione questa che avrebbe – secondo la tesi – degli istanti resa ultronea qualunque considerazione sulla potenzialità
Senonchè, tale tesi non ha alcun fondamento.
9. Le vicende che hanno interessato la docfa non possono assumere alcuna rilevanza ai fini che occupano e la predetta, peraltro successiva, qualificazione di parte non ha di certo precluso all’Agenzia di “difendere” il proprio provvedimento e soprattutto al giudice di valutarne la legittimità o meno.
Ed allora deve ricordarsi che questa Corte, dando seguito ad un consolidato orientamento ha – di recente – ribadito che:
- «In tema di imposta di registro, al fine di stabilire se un’abitazione sia di lusso e, come tale, esclusa dai benefici per l’acquisto della cd. prima casa, la superficie utile deve essere determinata avendo riguardo alla “utilizzabilità degli ambienti”, a prescindere dalla effettiva abitabilità degli stessi, in quanto il parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione è costituito dalla superficie utile che non può, pertanto, identificarsi restrittivamente con la sola superficie abitabile, in quanto l’art. 6 del D.M. 2 agosto 1969, n. 1072, deve essere interpretato nel senso che è “utile” tutta la superficie dell’unità immobiliare diversa dai balconi, dalle terrazze, dalle cantine, dalle soffitte, dalle scale e dal posto auto e che nel calcolo dei 240 mq rientrano anche le murature, i pilastri, i tramezzi e i vani di porte e finestre (Cass. n. 19186 del 2019)».
- «Pertanto, il requisito dell’utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” o meno di una abitazione (Cass. n. 20701 del 2020)».
- «Nello stesso senso si era già espressa questa Corte ritenendo legittima la revoca del beneficio ove, mediante un semplice intervento edilizio, potesse computarsi nella superficie “utile” anche un vano deposito di un immobile, in concreto non abitabile perché non conforme ai parametri aero-ilfuminanti previsti dal regolamento edilizio, assumendo rilievo – in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare – la marcata potenzialità abitativa dello stesso (cfr. n. 25674 del 2013)».
- In senso analogo anche Cass. n. 11556 del 2016, Cass. n. 10807 del 2012, Cass. n. 22279 del 2011 nonché Cass. n. 9529 del 2015, la quale, alla luce dei superiori principi, ha statuito che, al fine di stabilire il carattere di lusso dell’immobile, anche l’ambiente strettamente adibito a cantina, ovvero a soffitta, costituisce comunque elemento da comprendete invece nel calcolo della superficie complessiva, da considerare come facente parte di “casa di lusso”, allorquando, in concreto, esse siano strutturate in modo tale da essere abitabili, sì da perderne la tipica caratteristica».
- «Con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, questa Corte ha affermato che, costituendo parametro idoneo l”‘utilizzabilità” degli ambienti (a prescindere dalla loro effettiva abitabilità), a titolo esemplificativo, i vani, pur qualificati come cantina e soffitta ma con accesso dall’interno dell’abitazione e ad essa indissolubilmente legati – come rilevato nel caso di specie dai giudici di appello con accertamento in fatto non contestato – sono computabili nella superficie utiie complessiva (Cass. n. 18480 del 2016).
- Parimenti, rientra nella superficie utile il sottotetto, trattandosi di locale non compreso nella predetta elencazione tassativa (Cass. n. 18483 del 2016)».
- «In definitiva, ciò che assume rilievo – in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare – è la marcata potenzialità abitativa dello stesso (Sez. 5, Sentenza n. 25674 del 15/11/2013) e, più precisamente, l’idoneità di fatto degli ambienti allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana (Sez. 5, Sentenza n. 23591 del 20/12/2012)» (Cass. n. 30902 del 2019), come nella specie accertato dalla CTR.» (così Cass. n. 13547/2022, con sottolineatura aggiunta).
10. Ebbene, non vi è alcuna ragione per dissentire da tali reiterati principi, appena ribadendo che risulta del tutto ininfluente, alla luce di quanto precede, la qualificazione progettuale d’area come soffitta, essendo stata tale connotazione (in tesi idonea ad essere sottratta dal computo della superfice utile) smentita dal puntuale accertamento in fatto compiuto dal Giudice regionale con apprezzamento di fatto non sindacabile nella presente sede e nemmeno specificamente smentito dalla difesa dei ricorrenti, il tutto in termini dichiaratamente conformi all’orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo cui i vani, pur qualificati come cantina e soffitta ma con accesso dall’interno dell’abitazione e ad essa indissolubilmente legati, sono computabili nella superficie utile complessiva>> (Cass. n. 18480 del 2016); (cfr. Cass. 10994/2018).
11. Le superiori valutazioni consentono di ritenere assorbito il quarto motivo di censura, dovendo osservarsi che non ha nessuna rilevanza ai fini che occupano l’inesistenza dell’impianto di riscaldamento, contando invece il requisito della “utilizzabilità degli ambienti”, a prescindere dalla effettiva abitabilità degli stessi, correttamente declinato dal primo giudice anche come potenzialità abitativa
12. Alla luce delle osservazioni che precedono, il ricorso va rigettato.
13. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura liquidata in dispositivo secondo i parametri di cui al d.m. 55/2014.
14. Va, inoltre, dato atto che, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti – in solido tra di loro – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per la proposizione del ricorso.
P.Q.M.
- rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, che liquida in favore dell’Agenzia delle Entrate nella somma di 000,00 € per competenze e 300,00 € per il rimborso delle spese generali, oltre accessori;
- dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti – in solido tra di loro – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per la proposizione del ricorso.