Corte di Cassazione sentenza n. 26926 depositata il 22 ottobre 2019
Imposte indirette – IVA – Compensazione del credito – Superamento del limite massimo – Sanzione amministrativa – Applicabilità – Motivi
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate (“A.E.”) ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di accoglimento dell’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza n. 37/07/2009 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Modena. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione proposta avverso atto di contestazione di sanzione per mancato versamento IVA relativa all’esercizio 2004, notificato il 20 febbraio 2008.
2. All’esito di esame della documentazione relativa alle compensazioni effettuate dal contribuente (anche) nel 2004, l’Amministrazione rilevò crediti IVA utilizzati in compensazioni (c.d. “orizzontali”) oltre il limite massimo pari ad Euro 516.456,90, fissato dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 34, con conseguente applicazione della sanzione, di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, comma 1, per il mancato versamento dell’importo eccedente il detto limite.
2.1. La CTP rigettò il ricorso avverso l’atto di contestazione di sanzioni con decisione riformata in secondo grado.
2.2. La CTR, per quanto ancora rileva nel presente processo, in accoglimento del terzo motivo d’appello del contribuente, ritenne non applicabile la sanzione di cui al cit. art. 13, prevista per la diversa ipotesi di mancato versamento dell’imposta, alla fattispecie costituita dalla compensazione oltre il previsto limite massimo. In particolare, il Giudice di merito considerò la fattispecie parificata ad una ipotesi di “rimborso anticipato” e quindi non sanzionabile ex art. 13 cit. Esso fece esplicito riferimento a quanto statuito da Cass. sez. 5, 06/07/2010, n. 15938, per la quale: “il principio di stretta legalità che informa il sistema delle sanzioni in materia tributaria (D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3) preclude all’Ufficio di applicare la sanzione prevista per il caso di omesso versamento, totale o parziale, dell’imposta all’ipotesi in cui il contribuente ottenga un rimborso non dovuto, per l’evidente diversità delle due fattispecie e quindi per la palese impossibilità di individuare una medesima ratio sanzionatoria nei due casi, apparendo sufficiente al riguardo riflettere sulla circostanza che, in quello considerato, il fatto che sarebbe sanzionato appare riconducibile non già ad un comportamento proprio del contribuente, bensì ad un errore dell’Ufficio, che avrebbe dovuto verificare con più attenzione la spettanza del rimborso e quindi negarlo se non dovuto”.
3. Contro la sentenza d’appello l’A.E. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, ed il contribuente si difende con controricorso (sostenuto da memoria), con il quale deduce profili di inammissibilità della doglianza oltre che l’infondatezza della stessa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso merita accoglimento.
2. Con l’unico motivo, ammissibile in quanto specifico e correttamente formulato anche all’esito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 34, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13.
In sostanza, ci si duole della statuizione impugnata laddove ha ritenuto la compensazione (c.d. “orizzontale”) di un credito d’imposta (IVA) in misura maggiore rispetto al limite fissato dalla legge (L. n. 388 del 2000, art. 34) non riconducibile all’ipotesi di mancato pagamento dell’imposta, per l’importo eccedente il detto limite, e, quindi, non sanzionabile ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13 (nella sua formulazione, ratione temporis applicabile, antecedente alla sua sostituzione ad opera del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 15, comma 1, lett. o e decorrente dall’1 gennaio 2016).
2.1. Il motivo di ricorso è fondato.
Questa Corte ha già chiarito che il superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, sanzionato dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, al pari di quanto accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti, neppure configurandosi una doppia imposizione, restando nella possibilità del contribuente chiederne il rimborso (ex plurimis: Cass. sez. 5, 20/03/2018, n. 31706, Rv. 651629-01, per la quale, di conseguenza, ove il contribuente voglia validamente beneficiare del ravvedimento operoso di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, deve necessariamente corrispondere, oltre alla sanzione indicata dalla predetta disposizione, anche l’eccedenza d’imposta non compensabile; Cass. sez. 5, 21/07/2017, n. 18080, Rv. 645020-01, nonché, tra le precedenti conformi, Cass. sez. 5, 26/10/2012, n. 18369, Rv. 644225-01).
L’errata utilizzazione della compensazione in assenza dei relativi presupposti, peraltro, non integra una violazione meramente formale poiché comporta il mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste e determina il ritardato incasso erariale, con conseguente deficit di cassa, sia pure transitorio (ex plurimis: Cass. sez. 5, 20/03/2018, n. 31706, Rv. 651629-01, in motivazione; Cass. sez. 5, 20/11/2015, n. 23755, Rv. 637664-01, nonché, per le successive conformi, Cass. sez. 5, 27/07/2016, n. 15612, Rv. 640620-01, Cass. sez. 5, 05/08/2016, n. 16504, Rv. 640780-01 e Cass. sez. 5, 22/02/2017, n. 4555, Rv. 643213-01).
Il sistema che prevede un limite massimo alla compensazione dei crediti, infine, non può dirsi in contrasto con la disciplina Eurounitaria, atteso che sulla specifica questione è recentemente intervenuta Corte giust., 16 marzo 2017, Bimotor s.p.a./Agenzia delle entrate, in causa C-211/16. La Corte ha difatti affermato che “la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, art. 183, comma 1, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita la compensazione di taluni debiti tributari con crediti d’imposta sul valore aggiunto a un importo massimo determinato, per ogni periodo d’imposta, a condizione che l’ordinamento giuridico nazionale preveda comunque la possibilità per il soggetto passivo di recuperare tutto il credito d’imposta sul valore aggiunto entro un termine ragionevole”.
Questa Corte, all’esito della citata sentenza della Corte di Giustizia, ha già chiarito che la disciplina attuale denota l’esistenza di spazi ordinamentali idonei a consentire un recupero del credito entro un termine ragionevole, potendo essere riportato in compensazione nel successivo esercizio o chiesto a rimborso (si veda, amplius, in motivazione, Cass. sez. 5, n. 18080 del 20017, cit., oltre che, in senso conforme, la citata Cass. sez. 5, n. 31706 del 2018).
Le argomentazioni di cui innanzi, oltre ad essere ulteriormente confermate dall’interpretazione storica dell’art. 13 cit., che nell’attuale formulazione, successiva alla sua sostituzione ad opera del D.Lgs. n. 158 del 2015, ha positivizzato la detta interpretazione (attuale comma 4), evidenziano l’inconferenza della statuizione di questa Corte (Cass. n. 15938 del 2010, cit.) richiamata dalla CTR (oltre che dall’attuale controricorrente) e posta alla base della decisione impugnata, riferendosi essa alla differente fattispecie caratterizzata dall’ottenimento da parte del contribuente di un rimborso non dovuto.
2.2. Sicché, il motivo di ricorso deve essere accolto con l’enunciazione, ex art. 384 c.p.c., comma 1, del seguente principio di diritto del quale dovrà fare applicazione il giudice del rinvio.
“In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, ratione temporis applicabile, opera anche per il caso di superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili, equivalendo esso al mancato versamento di parte del tributo (quella eccedente rispetto al detto limite) che, al pari di quanto accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti, comporta il mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste e determina il ritardato incasso erariale, con conseguente deficit di cassa, sia pure transitorio, neppure configurandosi una doppia imposizione, restando nella possibilità del contribuente chiederne il rimborso“.
3. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, che provvederà anche in merito alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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