Corte di Cassazione sentenza n. 27241 depositata il 15 settembre 2022
motivazione apparante – principio di cd. acquisizione processuale
FATTI DI CAUSA
1. – Con sentenza n. 4101/2018, depositata il 1° ottobre 2018, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, – pronunciando quale giudice di rinvio da , 19 aprile 2017, n. 9818, – ha parzialmente accolto, in relazione alle sanzioni applicate, il ricorso col quale i contribuenti avevano impugnato un avviso di rettifica e liquidazione col quale l’Agenzia, previa qualificazione «di lusso» dell’immobile, aveva recuperato a tassazione l’IVA, – dovuta secondo l’aliquota ordinaria del 20% piuttosto che in quella agevolata del 4%, in concreto usufruita, – in relazione all’acquisto di un’unità immobiliare.
1.1 – Per quel che qui ancora rileva, il giudice del gravame ha ritenuto che;
- l’unità immobiliare in questione, – come poteva desumersi dalla stessa «planimetria dell’immobile utilizzata per la perizia dell’Arch. Cominazzini», – si sviluppava «su tre piani – 5″, 6″ e 7″ – i primi due adibiti ad abitazione con sottotetto, il settimo piano con un ampio terrazzo ad uso esclusivo dei proprietari, dotato al suo interno di una piscina»;
- la perizia di parte, – che aveva determinato la complessiva superficie utile di «mq 237,89, appena inferiore rispetto al limite dei mq 240 che fa scattare la qualifica di lusso», – non aveva, però, tenuto conto della «presenza del sottotetto e di ampi terrazzi, in tutti i piani dell’immobile, nonché di elementi di pregio quale sicuramente è la piscina ad uso esclusivo sul terrazzo dell’ultimo piano.»;
- per quanto, dunque, – così come disposto dalla pronuncia rescindente della Corte, – non poteva tenersi conto, a fini di prova, della relazione tecnica formata dall’Agenzia del Territorio, e ciò non di meno, dagli stessi elementi di prova offerti dalla perizia di parte l’unità immobiliare abitativa andava qualificata di lusso.
2. – Jon Beatrice Laurence e Schmitt Laurent ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi, illustrati con memoria; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Fissato all’udienza pubblica del 25 maggio 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in l. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. n. 228 del 2021, art. 16, c. 1, conv. in l. n. 15 del 2022, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, 1, n. 3, cod. proc. civ., i ricorrenti denunciano violazione di legge con riferimento al d.m. 2 agosto 1969, ed al d.l. n. 155 del 1993, art. 16, c. 4, conv. in l. n. 243 del 1993, deducendo che, – risultando in avviso di rettifica e liquidazione contestato, ai fini della ripresa a tassazione (ordinaria), il superamento della superficie utile complessiva di mq. 240 (in ragione della maggiore estensione accertata per mq. 360), – il giudice del gravame illegittimamente aveva conteggiato, a detti fini, i sottotetti e le terrazze, – che non potevano essere, per l’appunto, computati (art. 6 del d.m. cit.), – nonché una piscina che, però, non aveva l’estensione (di almeno 80 mq.) prevista dall’art. 4 del d.m. cit.
Né, si soggiunge, ai fini della qualificazione di lusso poteva rilevare il riferimento ad elementi di pregio, atteso che detta qualificazione deve essere condotta (solo) alla stregua dei criteri prefissati dal d.m. 2 agosto 1969 che, all’art. 8, postula la sussistenza di «oltre 4 caratteristiche» tra quelle specificamente indicate nella tabella allo stesso d.m. allegata.
Il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, c. 2, n. 4, cod. proc. civ., sull’assunto che il giudice del gravame aveva definito il giudizio con motivazione apparente, senza indicazione degli elementi probatori utilizzati e senza una loro approfondita disamina.
Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 2697 cod. civ., deducendo che la gravata sentenza aveva «sovvertito l’onere della prova», in difetto di prove offerte dall’amministrazione a riscontro della ripresa a tassazione ordinaria.
2. – Va rilevata, in via preliminare, l’ammissibilità, e la procedibilità, del controricorso dell’Agenzia dell’Entrate che, – come deducono gli stessi ricorrenti, – è stato notificato il 13 gennaio 2020 e che risulta depositato il 30 gennaio 2020.
A fronte di ricorso notificato in data 8 marzo 2019, la tempestività del controricorso consegue, quindi, dal d.l. n. 119 del 2018, art. 6, c. 11, conv. in l. n. 136 del 2018, che ha disposto nei seguenti termini:
«Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019.».
3. – Seguendo, quindi, l’ordine logico delle questioni poste, il secondo motivo di ricorso è manifestamente destituito di fondamento in quanto, come ripetutamente rimarcato dalla Corte, deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (v., ex plurimis, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599; Cass., 6 giugno 2012, n. 9113).
Nella fattispecie, per converso, e come reso esplicito dai contenuti decisori sopra ripercorsi, il giudice del rinvio ha dato compiutamente conto degli elementi di prova valutati e delle conseguenti implicazioni probatorie che ne sono state tratte, così rendendo inequivoca la ratio decidendi della pronuncia resa in punto di insussistenza dei presupposti oggettivi dell’agevolazione.
4. – Del pari destituito di fondamento è il terzo motivo in quanto il giudice del gravame, – senza alterare l’ordine degli oneri probatori gravanti sulle parti del giudizio, – ha tratto elementi di riscontro della pretesa impositiva dalla stessa fonte probatoria offerta al giudizio dai contribuenti (una consulenza di parte); ed una siffatta legittima utilizzazione risponde al principio di cd. acquisizione processuale, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza (v., ex plurimis, , 27 ottobre 2020, n. 23490; Cass., 25 febbraio 2019, n. 5409; con riferimento al rito tributario v., altresì, Cass., 30 ottobre 2006, n. 23353; Cass., 29 settembre 2005, n. 19077).
5. – Anche il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.
Come ripetutamente rimarcato dalla Corte, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa, la sua superficie utile – complessivamente superiore a mq. 240 – va calcolata alla stregua del d.m. Lavori Pubblici n. 1072 del 1969, e va determinata in quella che – dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta – residua una volta detratta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina (v. Cass., 17 luglio 2019, n. 19186; Cass., 28 giugno 2019, n. 17470; Cass., 26 marzo 2019, n. 8409; Cass., 21 settembre 2016, n. 18483; Cass., 21 settembre 2016, n. 18480; Cass., 2 settembre 2016, n. 17555; Cass., 17 gennaio 2014, n. 861).
E, più specificamente, la Corte ha statuito che nel calcolo di detta superficie si deve prescindere dal requisito dell’abitabilità, elemento non richiamato nel d.m. 2 agosto 1969, mentre costituisce parametro idoneo l’utilizzabilità degli ambienti e, dunque, la loro idoneità di fatto allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana (v. Cass., 27 febbraio 2020, n. 5346; Cass., 14 novembre 2019, n. 29643; Cass., 17 luglio 2019, n. 19186; Cass., 26 marzo 2019, n. 8409; Cass., 21 settembre 2016, n. 18480; Cass., 18 maggio 2016, n. 10191).
5.1 – Come anticipato, il giudice del rinvio ha specificamente accertato che, – con riferimento ad un appartamento che si sviluppava «su tre piani – 5 A, 6A e 7A – i primi due adibiti ad abitazione», – la superficie utile era stata indicata (in mq. 237,89) dal consulente di parte senza considerare l’esistenza di un sottotetto, oltreché di ampi terrazzi e di una piscina ( «ad uso esclusivo sul terrazzo dell’ultimo piano»).
Orbene, se le censure in esame condivisibilmente attingono la valutazione dei terrazzi (che, in effetti, vanno esclusi dal computo della superficie utile; art. 6, d.m. cit.) e, con questi, di una piscina (realizzata sul terrazzo dell’ultimo piano), – in difetto, dunque, di altre quattro caratteristiche tra quelle indicate nella tabella allegata al d.m. 2 agosto 1969 (art. 8, cit.), – a diversa conclusione deve pervenirsi in relazione al (pur) rilevato sottotetto che, – per come riportano gli stessi ricorrenti, – la perizia di parte ha escluso dal computo in quanto non abitabile.
Come si è, difatti, già rilevato, ai fini in discorso rileva l’effettiva utilizzabilità degli ambienti e, dunque, la loro idoneità di fatto allo svolgimento di attività proprie della vita quotidiana, così che (anche) il sottotetto deve essere incluso nel computo della superficie utile (v. Cass., 21 settembre 2016, n. 18483, cit.; v. altresì, in motivazione, Cass., 14 novembre 2019, n. 29643, cit.; Cass., 17 luglio 2019, n. 19186, cit.).
Né i ricorrenti censurano l’accertamento in fatto operato dal giudice del rinvio quanto al superamento del limite di soglia, costituito da una superficie di mq. 240, (anche) in considerazione della superficie del sottotetto sovrastante i piani (5° e 6°) adibiti ad abitazione (da cumulare, pertanto, alla superficie utile rilevata in perizia di parte per mq. 237,89).
6. – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parti ricorrenti nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido, in favore della Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.