Corte di Cassazione sentenza n. 27248 depositata il 15 settembre 2022
motivazione apparante
– Rilevato che:
1. Con avviso di accertamento RE001TA00042/2008 l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Avellino recuperava a tassazione, nei confronti della ditta individuale D.A. (esercente l’attività di commercio di autoveicoli) una serie di fatture emessa dalla società B. C. s.r.l., per l’importo di € 333.416,61, e procedeva quindi alla determinazione di maggiori IRPEF, IRAP, IVA e relative addizionali.
2. Tale avviso di accertamento veniva impugnato dalla contribuente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Avellino la quale, con sentenza 190/03/2011, accoglieva il ricorso ed annullava l’avviso di accertamento suddetto.
3. Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno, con sentenza 7860/09/2014, pronunciata il 28 maggio 2014 e depositata in segreteria il 18 settembre 2014, rigettava l’appello.
4. Avverso tale ultima sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sulla base di due motivi.
Non si è costituita in giudizio l’intimata D.A..
5. La discussione del ricorso è stata quindi fissata per la camera di consiglio del 22 giugno 2022, ai sensi degli 375, secondo comma, e 380-bis.1 cod. proc. civ., come introdotti dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.
– Considerato che:
6. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, 4), d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), cod. proc. civ., per essere, la motivazione della sentenza impugnata, generica, confusa ed inconferente rispetto all’oggetto del giudizio, e per avere, la C.T.R., erroneamente dato rilevanza all’assoluzione della sig.ra De Chiara in sede penale, al fine di escludere la buona fede della stessa in relazione alla “frode carosello” alla base dell’accertamento impugnato.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente denuncia, inoltre, violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 2700, 2727 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ., per avere la C.T.R. trascurato di valutare gli indizi di inesistenza del fornitore della De Chiara, e di riconoscere il carattere di fatti accertati con valore fidefaciente dalla G.d.F. nel processo verbale di constatazione alla base dell’accertamento, senza tenere conto, invece, degli indizi riguardante la natura di “cartiera” della società fornitrice.
7. Procedendo quindi all’esame dei motivi in oggetto, osserva la Corte quanto segue.
7.1 Il primo motivo appare fondato.
Ed invero, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, comma 1, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (in questo senso, da ultimo, Cass. 3 marzo 2022, n. 7090; Cass. 25 settembre 2018, n. 22598).
Più in particolare, «la motivazione del provvedimento impugnato deve ritenersi apparente quando, pur se graficamente esistente, ed eventualmente sovrabbondante, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost.» (Cass. 30 giugno 2020, n. 13248).
Nel caso di specie, la ricorrente lamenta proprio l’apparenza della motivazione della sentenza impugnata, che in effetti appare del tutto generica.
La motivazione in questione, invero, da un lato è incentrata sull’esposizione di ipotesi e casistiche astratte in tema di ripartizione dell’onere della prova nelle cc.dd. “frodi carosello”, svincolate da qualunque considerazione della fattispecie concreta; dall’altro, deve ritenersi inconferente, e basata su pochi elementi inconsistenti, quali la sentenza assolutoria del G.U.P. del Tribunale di Ariano Irpino, senza alcuna autonoma valutazione degli elementi emersi in sede penale.
La pronuncia, quindi, presenta delle evidenti carenze dal punto di vista motivazionale, non essendovi alcuna valutazione del quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito per rigettare l’appello proposto dall’Ufficio.
7.2 L’accoglimento del primo motivo ha carattere dirimente, e determina quindi l’assorbimento del secondo motivo.
8. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo giudizio alla Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
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