Corte di Cassazione sentenza n. 27317 depositata il 24 ottobre 2019
tributi locali – cartella di pagamento – prescrizione quinquennale
FATTO e DIRITTO
La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dai comma 1, lett. e), dell’art. 1-bis del dl. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue.
In controversia relativa ad impugnazione di avvisi di intimazione ICI, TARSU/TIA, ICIAP, IRPEF, IRAP ed IVA per diverse annualità d’imposta dal 1995 al 2007, la CTR campana respingeva l’appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sulla rilevata regolarità della notifica al predetto contribuente delle prodromiche cartelle di pagamento.
La CTR osservava in particolare che l’Agente della riscossione costituitosi nel solo grado di appello aveva provato la rituale notifica delle cartelle di pagamento, costituenti “atti presupposti” di quelli riscossivi impugnati, avendone la facoltà ex art. 58 d.lgs. n. 546 del 1992; che l’eccezione di prescrizione riproposta con il gravame dei crediti portati da dette cartelle doveva considerarsi infondata, poiché una volta emesso l’atto esattivo il termine di prescrizione è sempre e comunque quello decennale ordinario, determinandosi un effetto novativo delle obbligazioni tributarie originarie iscritte a ruolo, fissandosi peraltro un nuovo dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale dalla notifica della cartella esattoriale.
Avverso tale statuizione il contribuente ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi, cui non ha replicato l’intimato.
Ciò posto, deve preliminarmente precisarsi che, nonostante il deposito, da parte del contribuente, dell’istanza di sospensione del processo ex art. 11, comma 8, d.l. n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, con cui ha manifestato l’intenzione di volersi avvalere della definizione agevolata della controversia prevista dalla citata legge, e l’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 14724 del 2017, con cui è stata disposta la sospensione del processo, ritiene il Collegio che la controversia non rientri tra quelle oggetto di definizione agevolata non essendo nella stessa parte l’Agenzia delle entrate, così come espressamente prevede il comma 1 del citato art. 11.
Pertanto, in difformità dalla proposta, il ricorso va deciso nel merito.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. poiché la CTR, pronunciandosi sul merito dell’eccezione di invalidità della notifica delle cartelle di pagamento che aveva sollevato in prime cure, invece che sulla censura di omessa pronuncia della CTP sull’eccezione medesima, ovvero sulla statuizione reiettiva della stessa da parte del primo giudice, è incorsa nel vizio di extrapetizione, non essendo peraltro tale questione stata riproposta in via di appello incidentale dall’Agente della riscossione rimasto contumace nel primo grado di giudizio.
La censura è infondata.
E’ del tutto evidente che il ricorrente incorra in un fraintendimento totale della natura del giudizio di appello, intendendolo quale giudizio di tipo meramente rescindente, mentre è pacifico trattarsi di un giudizio rescissorio/devolutivo, salve le eccezioni previste dalla legge processuale civile ed analogamente tributaria che tuttavia non entrano in gioco nel caso in esame.
Ne consegue che, avendo il contribuente stesso devoluto al giudizio della CTR la questione della nullità della notifica delle cartelle di pagamento “presupposti” degli atti riscossivi impugnati, sia pur con la doverosa critica della correlativa decisione sfavorevole del primo giudice, la CTR doveva statuire sul merito dell’eccezione stessa, né più né meno di come ha puntualmente fatto, rigettandola, come aveva fatto la CTP.
E’ altrettanto evidente che l’agente della riscossione costituendosi nel secondo grado del giudizio dì merito, non aveva alcun onere di appello incidentale al riguardo, risultando sul punto (e più in generale) vittorioso nel primo grado del giudizio.
Con il secondo motivo il rìcorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 58 d.lgs. n. 546 del 1992 poiché la CTR ha ritenuto ammissibili ed utilizzato ai fini decisionali le prove documentali dell’avvenuta notifica delle cartelle di pagamento de quibus prodotte dall’agente della riscossione soltanto in secondo grado.
La censura è infondata essendo noto che «In materia di contenzioso tributario, l’art. 58 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, consente la produzione nel giudizio di appello di qualsiasi documento, pur se già disponibile in precedenza» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22776 del 06/11/2015), come peraltro espressamente previsto dal chiaro disposto di cui all’art. 58, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2953 cod. civ., poiché la CTR ha affermato applicarsi tale disposizione codicìstica civile ad atti, quali le cartelle di pagamento, che non sono assimilabili al giudicato.
La censura è fondata.
La cartella di pagamento infatti non può essere assimilata né per la natura né per gli effetti ad un giudicato (in questo senso, Cass., Sez. U., n. 23397 del 17/11/2016) e quindi deve affermarsi l’erroneità della pronuncia impugnata su tale punto.
Peraltro, trattandosi nel caso di specie – come precisatosi nella censura dallo stesso ricorrente limitatamente alle cartelle riguardanti la TARSU, l’IC e l’ICIAP – di tributi locali, deve conseguentemente rilevarsi che tali obbligazioni tributarie, nonostante il fatto interruttivo dato dalla notificazione delle cartelle medesime, è successivamente maturata la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, cod. civ., ben prima che venissero notificati gli avvisi di intimazione oggetto del presente giudizio (cfr. Cass. n. 26013 del 2014 e n. 24679 del 2011).
Il ricorso va dunque accolto in relazione al terzo motivo, rigattati gli altri, e la sentenza impugnata va cassata e, decidendosi nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va accolto il ricorso originario del contribuente limitatamente alle cartelle di pagamento riguardanti la TARSU, l’IC e l’ICIAP.
Le spese processuali vanno compensate in ragione dell’esito del giudizio.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente limitatamente alle cartelle di pagamento riguardanti la TARSU, l’IC e l’ICIAP, rigettando per il resto. Spese compensate
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