CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2763 depositata il 30 gennaio 2023
Tributi – Avviso di accertamento – Recupero a tassazione di costi indeducibili sostenuti per la ristrutturazione di immobile di proprietà del coniuge – IVA – Sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado – Difetto assoluto di motivazione – Accoglimento
Fatti di causa
C.N. (di professione avvocato) era attinto da:
– avviso di accertamento n. TF9011001736/2010, con cui, relativamente all’anno di imposta 2006, venivano recuperati a tassazione costi indeducibili per euro 242.300, in quanto trattavasi di costi sostenuti per la ristrutturazione di immobile di proprietà del coniuge, ed IVA per euro 48.460 (in quanto le fatture di acquisto relative a costi per servizi a terzi erano generiche ed i soggetti emittenti erano risultati “imprese fantasma”).
– avviso di accertamento n. TF9011001844/2010, con cui, relativamente all’anno di imposta 2007, venivano recuperati a tassazione, per le medesime ragioni, costi indeducibili per euro 421.217 ed IVA per euro 94.241.
A seguito di infruttuoso esperimento della procedura di accertamento con adesione, il contribuente proponeva separate impugnazioni.
La CTP di Salerno, previa riunione, con sentenza n. 182/10/2011, depositata il 12 marzo 2012, accoglieva parzialmente i ricorsi, riconoscendo, per entrambe le annualità, la deduzione nel limite del 5% sulle spese di ristrutturazione dell’immobile ai sensi dell’art. 54 d.P.R. n. 917 del 1986, come da proposta dell’Ufficio in sede di accertamento con adesione, con conferma degli accertamenti nel resto.
Il contribuente presentava appello, deducendo la nullità della sentenza di primo grado per mancata motivazione in relazione a tutti i quesiti sottoposti al vaglio della CTP. Indi formulava plurime doglianze in ordine all’inesistenza delle notificazioni degli avvisi, all’illegittimità di questi per violazione dell’art. 42, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 e, in subordine, alla deducibilità delle spese di ristrutturazione, integralmente per il 2006 e per il 2007 e nel limite del 20% per le annualità successive, al riconoscimento dei costi delle prestazioni di servizio rese da S. S.R.L. e da L.C.G. ed al riconoscimento dei costi di sponsorizzazione, recuperati a tassazione per il 2007.
La CTR, nel contraddittorio dell’Ufficio, che, costituitosi, aveva chiesto dichiararsi l’inammissibilità dell’avversa domanda riguardante la violazione dell’art. 42, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, siccome formulata solo in appello, e respingersi la denuncia di inesistenza delle notificazioni degli avvisi, siccome ritualmente compiute, con conferma della decisione di primo grado, siccome nel complesso confermativa dell’operato dell’Ufficio, con la sentenza impugnata, rigettava l’appello, così letteralmente motivando:
“La commissione, dopo aver esaminato gli atti processuali e valutat[o] le argomentazioni prodotte in appello dal ricorrente, ritiene fondata la sentenza emessa dai giudici di prim[a] cur[a].
L’Ufficio resistente ha dichiarato […] di aver offerto – in sede di accertamento con adesione – la deduzione nel limite del 5% sulle spese di ristrutturazione per entrambe le annualità in contestazione e ciò in applicazione dell’art. 54 c. 2 tuir. Tale principio è applicabile anche alle fattispecie in cui l’immobile a cui si riferiscono i lavori di ristrutturazione appartiene a terzi ed è detenuto in virtù di contratto di locazione, leasing o comodato, come nel caso ‘de quo’.
Le spese sono attribuite come da dispositivo. La circostanza è confermata e suffragate dalla documentazione regolarmente acquisita agli atti processuali”.
Avverso detta sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il contribuente con dieci motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con articolato controricorso.
Giusta requisitoria addì 11 ottobre 2022, il Sostituto Procuratore Generale presso questa Suprema Corte, in persona del Dott.A.C., insta per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Giusta ampia memoria addi 4 novembre 2022, il contribuente insiste per l’accoglimento del ricorso, ulteriormente illustrandone i motivi.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., omessa pronuncia, con riferimento alla nullità della sentenza di primo grado per difetto di motivazione, nonché, medesimamente ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (in relazione all’art. 132 cod. proc. civ., all’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. ed all’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992), violazione dell’art. 111 cod. proc. civ., con riferimento alla nullità della sentenza impugnata e del procedimento per insufficiente ed incongrua esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione ed alla nullità della sentenza impugnata per difetto di motivazione.
Con l’atto d’appello il contribuente aveva eccepito, in via preliminare, la nullità della sentenza di primo grado per mancanza di congrua motivazione in relazione a tutti i quesiti sottoposti al vaglio della CTP. Sul punto, la sentenza impugnata nulla motiva, incorrendo anzi nello stesso vizio della sentenza di primo grado.
Appare infatti “ictu oculi” che la motivazione della sentenza impugnata non è conforme al paradigma legale, non emergendo da essa un’esposizione sufficientemente congrua delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. La sentenza impugnata motiva evidentemente “per relationem” a quella di primo grado, ommettendo del tutto, non solo di riferire in ordine alle parti essenziali degli atti di causa, ma anche di esplicitare il ragionamento critico volto a giustificare l’adesione a talune ragioni di diritto ed il rifiuto di altre: donde risulta impedita la verifica delle premesse in fatto ed in diritto del “decisum”, che viene ad essere fondato esclusivamente su affermazioni assertive. Da ciò consegue la denunciata nullità della sentenza impugnata.
Il motivo è fondato.
Risultano, in primo luogo, soddisfatti i requisiti di specificità ed autosufficienza del motivo, come delineati dalle Sezioni Unite di questa Corte (nella sentenza n. 7074 del 2017), secondo cui, «in tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata “per relationem” alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ., occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali».
Il tenore della sentenza di primo grado è riportato nella parte del ricorso dedicata allo svolgimento del processo (pp. 4 e 5), da cui si evince che la CTP, rigettata l’eccezione sul difetto di notifica degli avvisi (in quanto effettuata a mezzo del servizio postale ex art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, da ritenersi disciplina speciale rispetto a quella codicistica), nel merito rilevava: «[…] l’Ufficio resistente ha dichiarato, nelle note di costituzione, di aver offerto, in sede di accertamento con adesione, la deduzione nel limite del 5% sulle spese di ristrutturazione per entrambe le annualità in contestazione e ciò in applicazione dell’art. 54 comma 2 tuir. Tale principio è applicabile anche alla fattispecie in cui l’immobile a cui afferiscono i lavori di ristrutturazione appartenga a terzi ed è detenuto in virtù di contratto di locazione leasing, o comodato come nel caso di specie. Per la restante parte i ricorsi riuniti vanno rigettati attesa la mancanza di prove a sostegno della tesi di parte ricorrente».
Anche i motivi di appello proposti risultano dalla suddetta parte del ricorso (cfr. segnatamente p. 5), oltreché, con riferimento alle critiche mosse alla sentenza di primo grado in relazione a ciascuno di detti motivi, non solo dal primo motivo del ricorso per cassazione, volto a denunciare di per sé l’omessa motivazione della sentenza impugnata, ma anche da tutti i successivi, volti a riprendere, in varie guise, le doglianze già coltivate dal contribuente in appello.
A mente di ciò, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado quando la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prima cura il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi d’appello (Cass., sez. 1, 5/08/2019, n. 20883; Cass., sez. 6-5, 21/09/2017, n. 22022; Cass., sez. 5, 14/10/2015, n. 20648; Cass., sez. 3, 2/02/2006, n. 2268).
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8053 del 2014, hanno letto la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si sostanzia nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza della motivazione».
Come ulteriormente ribadito dalle Sezioni Unite (con la sentenza n. 22232 del 2016), «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture».
Fermi i superiori principi, nella specie, la motivazione della sentenza impugnata non consente di comprendere quale fosse la decisione del primo giudice (rispetto alla quale affermasi soltanto avere accolto parzialmente i ricorsi riuniti, senza nessuna specificazione dei motivi accolti e di quelli disattesi), né quali fossero le censure mosse col ricorso in appello (rispetto alle quali, nonostante il parziale accoglimento, affermarsi che l’appellante «si riportava a quanto espresso in prim[a] cur[a]», con richiesta di declaratoria di nullità della sentenza della CTP), esaurendosi in un’apodittica affermazione di «ritenuta fondatezza» della «sentenza emessa dai giudici di prim[a] cur[a]»: apodittica, non solo perché di per se stessa mancante dell’esplicitazione delle ragioni della condivisione del “decisum” di primo grado, ma altresì perché, in disparte che per il riconoscimento della deduzione delle spese di ristrutturazione nel limite del 5% ex art. 54, comma 2, tuir, detto “decisum” era di per se stesso viziato da omessa motivazione (non potendosi all’evidenza ritenere adeguato il mero asserto per cui, quanto al resto, i ricorsi «vanno rigettati attesa la mancanza di prove a sostegno della tesi di parte ricorrente», in difetto di alcuna argomentazione e quanto alla mancanza di prove e quanto alle tesi in sé di parte ricorrente).
In considerazione di ciò, in definitiva, rimangono del tutto oscure sia le ragioni che sorreggono la decisione della CTP sia la tenuta delle stesse rispetto alle critiche loro mosse dal contribuente con l’appello.
Le anomalie appena descritte rendono la sentenza impugnata affetta da difetto assoluto di motivazione, in quanto corredata da motivazione solo apparente, non espressione di un autonomo processo deliberativo, in ordine alle questioni prospettate dal contribuente nel giudizio di appello. Ciò è a valere anche per la parte in cui la sentenza impugnata conferma la deduzione delle spese di ristrutturazione nel limite del 5%, giacché l’affermazione al riguardo compiuta dalla CTR costituisce una semplice reiterazione, finanche linguistica, di quella della CTP, senza il benché minimo cenno alle ragioni di non condivisibilità degli assunti proposti dal contribuente in appello.
Né, del resto, una siffatta motivazione della sentenza impugnata può ritenersi legittimamente resa “per relationem”, in assenza – come detto – di alcun comprensibile richiamo sia ai contenuti della sentenza della CTP, cui viene fatto rinvio, sia, in aggiunta, ai fatti allegati dall’appellante ed alle ragioni del gravame.
In conclusione, essa integra un’acritica adesione alla decisione del primo giudice, a sua volta in gran parte immotivata, senza esibire un’effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi di gravame (tra le altre, Cass., sez. 1, 5/08/2019, n. 20883).
L’accoglimento del primo motivo di ricorso consente di ritenere assorbiti tutti gli altri, che, come anticipato, formulano numerose censure avverso la sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., sostanzialmente contrapponendo alla stessa, che si denuncia essere rimasta silente sui motivi d’appello (cfr. in part. il secondo, il quarto ed il settimo motivo del ricorso per cassazione), la fondatezza delle pretermesse ragioni sia in fatto (cfr. in part. il sesto, l’ottavo e, per quanto di ragione, il nono motivo del ricorso per cassazione) che in diritto (cfr. in part. il terzo, il quinto ed il decimo motivo del ricorso per cassazione) addotte a fondamento dei medesimi.
Da quanto precede discende che, relativamente al motivo accolto, la sentenza impugnata deve essere annullata e cassata con rinvio per nuovo esame e per la regolazione tra le parti delle spese di lite, anche in riferimento al presente grado di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti tutti gli altri.
Per l’effetto, relativamente al motivo accolto, annulla e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, per nuovo esame e per la regolazione tra le parti delle spese di lite, anche in riferimento al presente grado di legittimità.