CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2771 depositata il 30 gennaio 2023

Tributi – Avviso di accertamento – Imposte dirette e IVA – Accertamento ispettivo – Verifica “a tavolino” – Cd. “prova di resistenza” – Inammissibilità del ricorso

Fatti di causa

Con sentenza n. 464/34/12, depositata il 13 dicembre 2012, la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania, che aveva accolto il ricorso di C.S. contro l’avviso di accertamento per imposte dirette ed IVA, anno d’imposta 2003.

Avverso la decisione del giudice tributario di appello ha proposto ricorso per cassazione il C. deducendo tre motivi, poi illustrati con memoria.

Con l’ordinanza impugnata per revocazione questa Corte ha rigettato il ricorso osservando, con riferimento al primo motivo, per quanto qui rileva, che:

– diversamente da quanto afferma il ricorrente, soprattutto con la memoria depositata nel corso del giudizio, nel caso di specie non vi era stato alcun accesso presso il contribuente, “se non (il 13 ottobre 2008) al limitato ed ininfluente fine di comunicargli personalmente un invito a comparire, poi ottemperato il giorno successivo”, come si evinceva dal doc. 2 allegato al ricorso;

– per quanto riguarda altro PVC (doc. 3 allegato al ricorso), redatto sempre nei confronti del medesimo ricorrente, si trattava di “un PVC redatto a fini non fiscali (ma di sanzione amministrativa ex artt. 1, comma 1, 5, comma 1, legge 197/1991: emissione di assegni “al portatore” per valore superiore ad euro 12.500)” e, quindi, privo di rilievo in relazione all’eccezione di invalidità dell’avviso di accertamento impugnato, in quanto emesso ante tempus;

– l’avviso di accertamento, pertanto, era conseguito ad una verifica c.d. “a tavolino”, senza accesso presso il contribuente verificato;

– di conseguenza, sebbene l’atto impositivo fosse stato emesso prima della scadenza dei 60 giorni dalla comunicazione del PVC, l’Amministrazione non aveva l’obbligo di instaurare il contraddittorio endoprocedimentale per l’accertamento ai fini delle imposte dirette, mentre ai fini dell’IVA era stato escluso, sia pure implicitamente, che in sede procedimentale il contribuente avrebbe offerto la c.d. “prova di resistenza”.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per revocazione C.S., deducendo un unico motivo, poi illustrato con memoria.

L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

Ragioni della decisione

1. Con l’unico motivo, il contribuente lamenta la sussistenza di un errore revocatorio della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ., in relazione all’art. 395, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., avendo la stessa affermato che l’accertamento conseguiva ad una verifica “a tavolino”, mentre si trattava di accertamento eseguito presso i locali del contribuente.

2. La censura è inammissibile.

2.1 La questione di diritto giudicata dalla Corte, con riferimento al primo motivo del ricorso, riguardava la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, per essere stato l’avviso di accertamento notificato ante tempus, nonostante la verifica si fosse svolta anche con accessi presso il contribuente.

2.2 Secondo la Corte, invece, dai PVC allegati al ricorso si evinceva che non vi era stato accesso presso i locali del contribuente, se non in data 13.10.2008, al limitato fine di comunicargli un invito a comparire, ottemperato il giorno successivo, e, dunque, irrilevante per la qualificazione della verifica; il verbale allegato come doc. 3 (da cui, peraltro, si desume che era stato redatto presso gli uffici del Nucleo di P.T.) riguardava, in ogni caso, la contestazione di una violazione amministrativa non fiscale.

3. Orbene, come ha costantemente affermato questa Corte, l’istanza di revocazione di una sentenza della Corte di Cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391 c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, che l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, consista in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso, oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purché non cada su un punto controverso e non attenga ad un’errata valutazione delle risultanze processuali (ex plurimis, Cass. 26/01/2022, n. 2236).

3.1 Nella specie è evidente, invece, che la censura riguarda la valutazione delle risultanze processuali e si incentra su un punto controverso sul quale si è dibattuto nel giudizio, attinente alla tipologia di verifica eseguita nei confronti del ricorrente, per cui si tratta di censura assolutamente insindacabile in sede revocatoria.

3.2 Il Collegio aveva esaminato i documenti prodotti dal contribuente e ha accertato che l’accesso non era finalizzato alla verifica fiscale, ma era stato eseguito per notificare un invito, interpretando in tal modo i documenti prodotti dalle parti.

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla va disposto sulle spese, non essendosi l’Agenzia intimata costituita.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.