CORTE DI CASSAZIONE – sentenza n. 28676 depositata il 7 novembre 2019
elusione – contraddittorio
FATTI DI CAUSA
Per l’anno di imposta 2004 l’Agenzia delle entrate contestava alla F. spa, ora U. Assicurazioni spa la legittimità di cinque operazioni sul mercato borsistico relative a titoli ENEL ed altrettante operazioni su derivati che hanno generato in capo alla società appellata minusvalenze interamente deducibili per oltre quattro milioni di euro e differenziali negativi su contratti derivati per quasi mezzo milione di euro. Più in particolare, secondo l’Amministrazione finanziaria, le operazioni di acquisto dei titoli in prossimità della distribuzione degli utili, con immediata rivendita nei successivi quattro giorni ad un prezzo minimo garantito, non avevano scopo imprenditoriale o economico apprezzabile, salvo ottenere un indebito risparmio fiscale in capo al contribuente italiano ed anche a favore del partner italiano o straniero a tutto discapito dell’erario nazionale. Ritenendo quindi l’operazione simulata e consistente in una ipotesi di abuso del diritto, adottava provvedimento di accertamento con recupero a tassazione del vantaggio fiscale ritenuto indebitamente lucrato.
Reagiva la contribuente, sostenendo la legittimità, la verità e l’utilità imprenditoriale dell’operazione, ben oltre il risparmio fiscale e, quindi, tutt’altro che fittizia, trovando credito presso la CTP di Firenze, donde interponeva appello l’Amministrazione richiamando le proprie ragioni ad esclusione di qualsivoglia apprezzabile vantaggio patrimoniale oltre il risparmio fiscale. A sua volta, la parte contribuente spiccava appello incidentale condizionato, riproponendo le censure preliminari assorbite nella sentenza di primo grado, tra cui profili di regolarità del contraddittorio preventivo e sull’affermata illegittima integrazione di precedente atto di accertamento. Infatti, occorre ricordare che per il medesimo anno fiscale 2004 la stessa contribuente era stata destinataria di altro avviso di accertamento, con riguardo a IVA, IRAP ed IRES, sfociato in accertamento con adesione limitato a quegli specifici profili e nei gradi di merito ritenuto estraneo alla vicenda processuale che viene qui all’esame.
Così investita dell’appello, la CTR per la Toscana disponeva CTU contabile, fissando con precisione i termini del quesito sulla sussistenza o meno di un interesse imprenditoriale diverso dal vantaggio fiscale a fondamento dell’operazione di borsa sui titoli ENEL e sui derivati.
Il CTU otteneva proroga per il deposito della perizia, resa all’esito del contraddittorio con i CTP sulla bozza di relazione. Concludeva quindi per l’assenza di apprezzabile interesse economico diverso dal vantaggio fiscale. La CTR riformava quindi la sentenza di primo grado, ritenendo legittimo l’operato degli Uffici e simulate le operazioni di borsa poste in essere dalla contribuente.
Avverso detta sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, qui chiamato in discussione, e precedentemente anche ricorso per revocazione, definito con sentenza di rigetto della CTR per la Toscana n. 789/29/2016, a sua volta gravata per cassazione con ricorso chiamato in discussione a questa stessa udienza, giusta istanza di parte per la trattazione congiunta dei due affari.
Avverso la sentenza CTR per la Toscana n. 930/13/2015 la contribuente ricorre (r.g. n. 29402/15) con quattordici motivi, cui controdeduce l’Avvocatura dello Stato con tempestivo controricorso.
Avverso la sentenza CTR per la Toscana n. 789/29/2016 di rigetto del ricorso per revocazione della sentenza CTR Toscana n. 930/13/2015 la contribuente ricorre (r.g. n. 28925/16) con sette motivi, cui controdeduce l’Avvocatura dello Stato con tempestivo controricorso.
In entrambi i giudizi la contribuente replica con memorie.
RAGIONI DELLE DECISIONE
0. In via preliminare occorre disporre la riunione del ricorso r.g. n. 28925/16 relativo alla sentenza che definisce il giudizio di revocazione della sentenza CTR Toscana n. 930/13/2015, al precedente r.g. n. 29402/15 che attiene al ricorso per cassazione della medesima sentenza, in ragione della connessione soggettiva e parzialmente oggettiva, stante l’unicità della fattispecie sottostante, pur nella diversità delle sentenze impugnate e dei motivi di gravame (cfr. Cass. n. 10534/2015 e n. 24376/2006).
1. Per ragioni logiche l’esame del ricorso avverso la sentenza che definisce il giudizio di revocazione precede lo scrutinio dei motivi del ricorso per cassazione, atteso che dev’essere accertato primieramente se meriti o meno essere rieditato il giudizio relativo alla revocazione di una sentenza di cui si chiede la cassazione.
• • • ‘• • • ” per cassazione cui resta inibito lo scrutinio di fatto, tra cui si annovera la falsa percezione o “svista” sulle circostanze fattuali che integrano l’errore revocatorio (fra le più recenti cfr. Cass. n. 22385/2017; n. 9620/2019).
Il motivo è quindi fondato, ma non giova alla contribuente.
1.2. Infatti, la stessa parte ricorrente individua una seconda ratio decidendi che sostiene la sentenza qui in scrutinio, laddove afferma che tanto l’omesso esame di cinque motivi di appello (incidentale) quanto una erronea valutazione delle fonti di prova non costituisce errore revocatorio.
Avverso tale capo di motivazione la parte privata muove gli altri cinque motivi di censura e, più in particolare, il terzo motivo ove protesta nullità,della sentenza per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n.546/1992, dell’art. 132 cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. medesimo codice di rito civile, in parametro all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 62 d.lgs. n. 546/1992, poiché la motivazione sarebbe meramente apparente; il quarto ancora nullità della sentenza per violazione dell’art. 395, primo comma, n 4 codice di rito civile, in parametro all’art 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 62 d.lgs. n. 546/1992, poiché la sentenza sarebbe illegittima laddove esclude che l’omessa pronuncia imputabile causalmente a svista percettiva integri errore di fatto suscettibile di motivo revocatorio; il quinto motivo ripropone per tuziorismo il quarto come error in iudicando a’ mente dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.; il sesto lamenta ancora nullità della sentenza per violazione dell’art. 395, primo comma, n. 4) cod. proc. civ. in parametro all’art. 360, primo comma, n. 4 stesso codice di rito civile, ritenendo la sentenza nulla nella parte in cui esclude che il travisamento del contenuto logico e letterale di una consulenza tecnica interi un errore di fatto ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ. precitato; il settimo motivo, infine, riprende sotto altro profilo il vizio che precede, ove afferma violazione e falsa applicazione dell’art. 395, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 62 del d.lgs. n. 564/1992, nella parte in cui esclude che il travisamento del contenuto logico e letterale di una consulenza tecnica interi un errore di fatto ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ. precitato.
1.3 I motivi da tre a sette del ricorso avverso la sentenza che definisce la revocazione possono essere trattati congiuntamente, trattandosi di motivi che rappresentano come errori revocatori la falsa percezione della CTU e la mancata percezione di motivi d’appello, contestandone il mancato rilievo da parte del giudice della revocazione, considerandoli come un error in iudicando o in procedendo.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che lo stesso ordinamento sovranazionale non prevede un diritto generale di accedere con effetto devolutivo integrale al giudice di ultima istanza (cfr. CEDU, Grand Chambre, 05/02/2015, Bocham vs Ucraina), poiché gli Stati membri hanno una riserva di regolamentazione a bilanciamento delle diverse esigenze che vengono in comparazione (Idem, Trevisanato vs Italia); ne consegue un progressivo restringimento dei profili delle fattispecie che possono essere conosciuti man mano che si procede nei diversi gradi del processo, sicché non può essere prospettato come generale e rinnovata valutazione del merito tramite revocazione per falsa rappresentazione delle realtà ciò che può essere scrutinato come corretta (o meno) applicazione della norma sostanziale o regolare andamento del processo (cfr. Cass. S.U. n. 30994/17, specialmente § 3.1. e ss.). Diversamente opinando, sarebbero rappresentati, in un terzo giudizio, profili di merito inammissibili in cassazione, con un giudizio -quello per revocazione- concorrente e sovrapposto a quello per legittimità, ma con la maggiore ampiezza conoscitiva propria del giudice di merito, pervenendo così ad un rovesciamento della graduazione conoscitiva voluta dal legislatore a garanzia della ragionevole durata del processo.
Ne consegue che restano esclusi dal perimetro del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione dei fatti, documenti e risultanze processuali e che investano direttamente la formulazione del giudizio, poiché tali errori -laddove fondati- costituirebbero erro res in iudicando o in procedendo, ma non errori di fatto revocatori (cfr. ancora Cass. S.U. n. 30994/2017, § 3.2., nonché S.U. n. 8984/2018).
1.4 Merita di essere quindi ribadito il seguente principio di diritto:
“Il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4, c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione; né, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicché non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia” (cfr. ancora Cass. S.U. 8984/2018).
1.5 Il ricorso sulla sentenza di revocazione, allibrato con r.g. n. 28925/2016 deve quindi essere disatteso perché seppure sono fondati i motivi primo e secondo, i motivi da tre a sette sono inammissibili ed assorbenti sicché la seconda delle due rationes rimane in piedi ed autonomamente regge la sentenza (Cfr. Cass.2108/2012); deve comunque anticiparsi che la parte non vi ha interesse, in ragione della cassazione della sentenza non revocata, come si dirà subito (Cfr. Cass. n. 1526/2016).
2. Rigettato il ricorso avverso la sentenza che definisce in senso negativo il giudizio di revocazione, viene ora all’esame il ricorso rg. n. 29402/2015, che ha ad oggetto la sentenza di secondo grado già infruttuosamente impugnata per revocazione.
Il ricorso può essere definito seguendo il principio di trattazione prioritaria del “motivo più liquido” o di pronta soluzione, con assorbimento dei rimanenti (Cass. n. 363/2019).
2.1 in questo senso “motivo più liquido” è il secondo, da trattarsi assieme al decimo, ove la parte privata lamenta rispettivamente nullità della sentenza per omissione di pronuncia di cui all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., perché, nello specifico, si contesta non esservi stata pronuncia sulla censura di mancata attivazione del contradditorio anticipato, nonché violazione dell’art. 37 bis d.P.R. n. 600/1973, in parametro all’art. 360, comma primo, n. 3 codice di rito civile: l’abuso del diritto non sarebbe provato, ma falsamente applicata la norma di riferimento ad una fattispecie che la stessa CTR qualificherebbe come potenziale.
I motivi 2 e 10 soddisfano i requisiti dell’autosufficienza, riportando i passi degli atti processuali dei gradi di merito, da cui emerge non esser stata data risposta alla reiteratamente eccepita violazione del contraddittorio endoprocedimentale specifico nelle forme rigorose dell’art. 37-bis citato, che la giurisprudenza costituzionale e quella di questa sezione hanno esteso, in via interpretativa e costituzionalmente orientata, anche all’abuso (innominato) del diritto: “In tema di imposte sui redditi, l’applicazione della disciplina antielusiva di cui all’art. 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (ratione temporis applicabile) postula l’osservanza del contraddittorio procedimentale sancito dai commi 4 e 5, ed, in particolare, una richiesta di chiarimenti nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2, pena la nullità dell’avviso di accertamento emesso: sanzione, quest’ultima, reputata non in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. dalla Corte costituzionale, nella sentenza del 7 luglio 2015, n. 132, in considerazione delle peculiarità dell’accertamento e del ruolo decisivo degli elementi forniti dal contribuente in vista della valutazione dell’Amministrazione circa l’esistenza, o meno, di valide ragioni economiche sottese alle operazioni esaminate” (così, Cass. 2439/2017; cfr., da ultimo, Cass. n. 16546/2019, specialmente § 11.4 e giurisprudenza ivi cit.).
Altresì non è contestato in controricorso che il contraddittorio preventivo “rafforzato” sia stato omesso, anzi vi si dà atto che proprio non ci sia stato, argomentando che non fosse necessario (cfr. p. 63 e ss. controricorso). Può quindi ritenersi pacifico e non contestato che il predetto contraddittorio endoprocedimentale non sia svolto.
Per orientamento costante di questa Corte, l’omissione del contraddittorio procedimentale preventivo “rafforzato” inficia irrimediabilmente il provvedimento impositivo che ne sta a valle, né possono considerarsi equipollenti o succedanei l’attività svolta dai verbalizzanti e le eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica (cfr. Cass. n. 2239/18; n. 30770/18).
Né vi sono dubbi che il fisco abbia inteso operare la ripresa fiscale in termini di elusione, di abuso del diritto e di fattispecie rilevanti ex art. 37 bis citato. In tal senso sono inequivocabili i passi salienti degli avvisi di accertamento (pag. 17, 22, 23, 24) trascritti in ricorso a pag. 21 e ss.
Ne consegue che l’omessa considerazione da parte della CTR della pretesa carenza di un momento fondamentale nella sequenza impositiva -il contraddittorio “rafforzato”- rende superfluo ogni ulteriore accertamento nel merito e consente a questa Corte di definire la questione a mente dell’art. 384 cod. proc. civ. (cfr. Cass.n. 21968/15), rilevando il vizio del provvedimento impositivo e dichiarando l’illegittimità della pretesa tributaria, senza rinvio al giudice di merito (conf. Cass. SU 13617/12 e n. 9946/09).
Pertanto la sentenza dev’essere cassata ed il giudizio può essere definito nel merito con l’accoglimento del ricorso originario della società contribuente.
Le spese dei giudizi riuniti possono essere integralmente compensate.
PQM
La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso r.g. n. 28925/2016, accoglie il ricorso r.g. n. 29402/2015 nei termini di cui in motivazione e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente. Compensa integralmente le spese dei giudizi riunita. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del contribuente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il solo ricorso n. 28925/2016 a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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