Corte di Cassazione sentenza n. 28973 depositata il 5 ottobre 2022
principio di unità dell’impugnazione – efficacia espansiva del giudicato esterno – efficacia del giudicato non trova ostacolo nell’autonomia dei periodi d’imposta – l’efficacia del giudicato esterno si estende anche nei giudizi relativi a tributi connessi
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. S.A. e D.A., coniugi nonché soci della AM s.n.c., con atto del 28 agosto 2009, hanno conferito nella società A.M. s.r.l. un albergo con centro benessere ed uno stabilimento balneare, ubicati nel Comune di Rodi Garganico – immobili costruiti su terreni già concessi in comodato gratuito alla società.
2. L’Agenzia delle Entrate ha emesso tre avvisi di rettifica in relazione all’atto de quo, sostenendo che il negozio giuridico intercorso tra le parti non fosse qualificabile come conferimento, da parte dei soci, di un’azienda alla società, ma piuttosto come trasferimento di singoli beni tra privati e società. In particolare l’Amministrazione ha emesso: 1) un avviso di liquidazione dell’imposta suppletiva di registro, finalizzato al recupero della maggiore imposta, individuando quale aliquota da applicare quella del 7% in luogo di quella del 4%); 2) un avviso di liquidazione dell’imposta ipotecaria e catastale, disconoscendo la determinazione della contribuente delle imposte ipotecarie e catastali e procedendo al recupero del maggiore importo quantificato; 3) un avviso di rettifica del valore dichiarato dalle parti nell’atto sia ai fini dell’imposta di registro sia ai fini delle imposte ipotecaria e catastale.
3. Avverso detti atti impositivi la società AM s.r.l. ha proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia introducendo tre giudizi (R.G. 1514/11; R.G. 2016/11; R.G. 2977/11).
4. Con sentenza n. 31/6/2012, successivamente passata in giudicato (come riconosciuto dalla stessa Agenzia delle Entrate), la Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, nel R.G. 1514/11, ha accolto il primo ricorso annullando l’avviso di liquidazione dell’imposta suppletiva di registro, previa qualificazione dell’atto in esame quale conferimento di complesso aziendale, soggetto ad imposizione in misura fissa ai sensi dell’art. 4, lett. a, n. 3 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.
5. Relativamente agli altri due giudizi (R.G. 2016/11 e R.G. 2977/11), la Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, previa riunione dei medesimi, ha accolto i ricorsi con sentenza 399/12 sul presupposto che nella sentenza n. 31/6/12, ormai passata in giudicato, l’atto era stato qualificato come conferimento di azienda.
6. Proposto appello avverso detta ultima pronuncia da parte dell’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria della Regione Puglia, con sentenza in data 16.9.2013, ha dichiarato la legittimità della pretesa fiscale con riguardo all’imposta ipotecaria e catastale ed, in parziale accoglimento dell’appello relativamente all’avviso di rettifica, ha rideterminato la base imponibile dell’imposta complementare di registro e di quella ipotecaria e catastale.
7. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto fondata l’eccezione svolta dall’Ufficio circa l’erronea applicazione del giudicato esterno. Nella sentenza si legge “la sentenza n. 31 del 27/3/2012…si riferiva alla controversia…riguardante l’imposta suppletiva di registro cosa ben diversa dall’imposta suppletiva ipocatastale…e imposta complementare di registro, ipotecaria e catastale”.
8. Avverso detta pronuncia la AM s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, cui ha resistito con controricorso e ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate. Avverso la medesima pronuncia ha proposto autonomo ricorso per cassazione, articolato in due motivi, l’Agenzia delle Entrate, cui ha resistito con controricorso e ricorso incidentale la società contribuente.
9. La trattazione dei ricorsi, originariamente fissata in camera di consiglio, è stata rimessa alla pubblica udienza.
10. Con memoria del 7 maggio 2021 il difensore ha prodotto sentenza di dichiarazione del fallimento della società contribuente, chiedendo l’interruzione del giudizio.
11. Fissata l’udienza pubblica del 22 settembre 2022, i ricorsi sono stati trattati in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in l. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, c. 1, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La AM s.r.l., nel suo ricorso principale, ha dedotto: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 3 c.p.c., degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. e, cioè, del giudicato esterno formatosi sulla pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia del 27 marzo 2012, in cui il negozio giuridico oggetto di imposizione e sotteso a tutti gli atti impositivi impugnati è stato qualificato come cessione di azienda; 2) la violazione degli artt. 324 c.p.c., 2909 c.c., 4 lett. a) n. 3 della Tariffa Parte prima allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, 10, comma 2, n. 4 della Tariffa allegata al d.lgs. n. 347 del 1990 nonché degli artt. 51, 52 e 53 del d.p.r. n. 131 del 1986, atteso che la sentenza, nel rideterminare la base imponibile per l’imposta complementare di registro, ipotecaria e catastale, è incorsa nella violazione del giudicato esterno; 3) la violazione degli artt. 324 c.p.c., 2909 c.c., 111 e 24 Cost.
2. L’Agenzia delle Entrate, nel suo ricorso principale, ha dedotto: 1) la violazione e falsa applicazione degli artt. 43, 50, 51 e 52 del d.p.r. n. 131 del 1986, 2082 e 2555 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., stante la erroneità della sentenza impugnata laddove qualifica il negozio giuridico de quo non già come cessione di beni immobili, bensì come cessione di azienda, così tenendo conto, ai fini della determinazione del valore, anche delle passività trasferite in capo al cessionario; 2) l’omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., non avendo la sentenza impugnata valutato, ai fini della qualificazione della fattispecie negoziale, gli indici fattuali escludenti la cessione di azienda ovvero la preesistenza dell’azienda e la disponibilità dei fondi, da parte della cessionaria, già detentrice a titolo di comodato.
3. Entrambe le parti, con i contro-ricorsi, hanno contestato la fondatezza dell’altrui impugnazione e, con i ricorsi incidentali, hanno riproposto i motivi già dedotti con i rispettivi ricorsi principali.
4. La Procura Generale presso la Corte di cassazione ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale della società contribuente, il rigetto di quello dell’Agenzia delle Entrate e l’inammissibilità di quello incidentale di quest’ultima.
5. Occorre rilevare che, in ragione del principio di unità dell’impugnazione, alla cui stregua l’impugnazione proposta per prima determina la pendenza dell’unico processo nel quale sono destinate a confluire, sotto pena di decadenza, tutte le eventuali impugnazioni successive della stessa sentenza, le quali, pertanto, hanno sempre carattere incidentale, il ricorso per cassazione proposto in via autonoma dalla parte che abbia già ricevuto la notifica del ricorso proposto da altra parte avverso la medesima sentenza, purché notificato (così come nella fattispecie) nei termini previsti dal combinato disposto di cui agli artt. 370, 1, e 371, c. 1, cod. proc. civ., si converte in ricorso incidentale (cfr. Cass. Sez. U., 25 giugno 2002, n. 9232 cui adde Cass., 26 novembre 2019, n. 30775; Cass. Sez. U., 20 marzo 2017, n. 7074; Cass., 18 luglio 2014, n. 16501; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27887; Cass., 22 ottobre 2004, n. 20593; Cass. Sez. U., 25 novembre 2003, n. 17981; v. altresì, Cass., 16 gennaio 2019, n. 890; Cass., 28 marzo 2018, n. 7640; Cass., 29 aprile 1999, n. 4320; Cass., 19 luglio 1995, n. 7822; Cass., 1 dicembre 1994, n. 10284; Cass. Sez. U., 4 dicembre 1992, n. 12942). Nel caso di specie, dunque, il ricorso dell’Agenzia delle Entrante si è convertito in ricorso incidentale, in quanto la notifica del ricorso della contribuente, tenuto conto della data di ricezione dell’atto, si è perfezionata anteriormente a quella del ricorso della controparte.
5. Preliminarmente va rigettata la richiesta di interruzione del giudizio in conseguenza dell’intervenuto fallimento della società contribuente. In proposito deve ricordarsi che l’intervenuta modifica dell’art. 43 l.fall., per effetto dell’art. 41 del d.lgs. n. 5 del 2006, nella parte in cui stabilisce che “l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”, non comporta l’interruzione del giudizio di legittimità, posto che in quest’ultimo, in quanto dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge (Sez. 1, n. 27143 del 15/11/2017, 646008 – 01). In proposito va solo ricordato che la disciplina del d.lgs. n. 14 del 2022, entrata in vigore in data 15 luglio 2022, non innova sul punto, oltre a non essere apliccabile al caso di specie, in virtù della disposizione transitoria di cui all’art. 390.
6. I motivi formulati nel ricorso principale della AM s.r.l. possono essere unificati ed esaminati congiuntamente, in quanto denunciano tutti la violazione, da parte della sentenza imugnata, del giudicato esterno formatosi sulla sentenza n. 31/6/12 della Commissione Tributaria della Regione Puglia.
Le censure proposte impongono di verificare se il giudicato in ordine alla qualificazione dell’atto in esame come conferimento di azienda in società, da parte dei soci, formatosi in altro giudizio tributario tra le stesse parti, avente ad oggetto l’imposta suppletiva di registro, esplichi i suoi effetti in tutti i giudizi tra le medesime parti, ivi compresi quelli relativi all’imposta di registro complementare e soprattutto ivi compresi quelli relativi ad altri tributi, quali l’imposta complementare catastale ed ipotecaria, i cui presupposti d’imposta sono diversi. Va, difatti, sottolineato che l’imposta di registro colpisce la ricchezza espressa dall’atto, mentre, come si desume chiaramente dal d.lgs. n. 347 del 1990, presupposto dell’imposta ipotecaria è costituito dalle formalità della trascrizione/iscrizione o annotazione nei registri immobiliari e quello dell’imposta catastale dalle volture catastali.
Più in generale, in ordine all’estensione del giudicato tributario, formatosi sulla sentenza di annullamento, di modifica o di conferma dell’atto, si è posto il problema se l’efficacia del giudicato si limiti all’atto impugnato ovvero si estenda ai fatti costitutivi dell’obbligazione, che vengono in considerazione come elementi del rapporto, realizzando o qualificando il presupposto del tributo. Si è già chiarito che il processo tributario, avendo ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo del contribuente, non è solo un “giudizio sull’atto” (da annullare o modificare), ma si estende, nei limiti consentiti dalla struttura del giudizio impugnatorio, anche all’accertamento del rapporto, di talché il giudicato non esaurisce i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio ed ha una potenziale capacità espansiva in altri giudizi fra le stesse parti, secondo le medesime regole che disciplinano nel processo civile il giudicato esterno.
Si è così consolidato il principio secondo cui, nel processo tributario, l’efficacia del giudicato non trova ostacolo nell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si sono verificati al di fuori dello stesso si giustifica soltanto in relazione a quelli non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili) e non anche con riferimento agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria) assumono carattere tendenzialmente permanente (v., tra le tante, Sez. 5, n. 37 del 03/01/2019, Rv. 652153 – 01).
Deve, pure, affermarsi che qualora alcuni elementi, caratterizzati appunto dalla loro stabilità ed immutabilità, quali appunto la qualificazione giuridica di un rapporto, assumano rilevanza nella imposizione di tributi tra loro connessi, il giudicato relativo ad uno di essi si estende anche nei giudizi relativi agli altri, laddove le disciplina giuridiche dei tributi de quibus non prevedano specifiche regole diverse di qualificazione. Tale conclusione si impone non soltanto in relazione a quegli elementi configurati dal legislatore quali espressione della capacità contributiva e che, quindi, sono il presupposto del tributo, ma anche con riferimento a quegli elementi che condizionano la quantificazione del tributo, incidendo sulla determinazione della base imponibile o sulla individuazione del regime applicabile (in particolare sulla misura fissa o proporzionale dell’imposta o sull’aliquota da applicare), laddove, come già evidenziato, siano assoggettati alla medesima disciplina e siano, quindi, ricostruiti dal legislatore tributario in un modo unitario, così come avviene, da un lato, nei rapporti tra imposta di registro suppletiva e complementare e, dall’altro, nei rapporti tra imposta di registro ed imposta ipotecaria e catastale. In particolare, con riferimento, a quest’ultimi ultimi è sufficiente richiamare gli artt. 2, commi 1 e 2, e 10, comma 1, del d.lgs. n. 347 del 1990, ai sensi dei quali, con l’unica eccezione di cui al comma 3 del contratto preliminare, l’imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni e sulle volture catastali è commisurata alla base imponibile determinata ai fini dell’imposta di registro o dell’imposta sulle successioni e donazioni e, ove l’atto o la successione siano esenti dall’imposta di registro o dall’imposta sulle successioni e donazioni o vi siano soggetti in misura fissa, la base imponibile è determinata secondo le disposizioni relative a tali imposte. In base agli articoli in esame, pertanto, la qualificazione giuridica del negozio ai fini dell’imposta di registro rileva anche ai fini dell’imposta ipotecaria e catastale e conseguentemente il relativo giudicato si estende anche nel giudizio avente ad oggetto tale diverso tributo.
In definitiva, laddove il legislatore configura in modo unitario la base imponibile di più tributi, assoggettandone la determinazione alle medesime regole, non vi sono ostacoli all’efficacia espansiva del giudicato che si formi su quegli elementi di fatto o sulla loro qualificazione giuridica che ne condizionano la ricostruzione.
Tale efficacia espansiva è, del resto, imposta dall’art. 2909 cod.civ. e dal principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., laddove l’elemento considerato (come appunto la qualificazione giuridica del rapporto) sia insuscettibile di modifica nel tempo, sicché, rispetto ad essa, l’intervenuto giudicato è espressione di un valore imprescindibile dell’ordinamento giuridico, nonché attuazione di una serie di principi di diretta derivazione costituzionale (artt. 24 e 111 della Costituzione), conferendo stabilità, certezza e coerenza agli accertamenti giudiziali: aspetti imprescindibili nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Una diversa soluzione comporterebbe la violazione del principio del ne bis in idem con la conseguente irragionevole conclusione che, in presenza di un giudicato intervenuto sulla qualificazione giuridica di un negozio relativo a differenti tributi tra loro connessi, i giudici possano pervenire a soluzioni diverse proprio in ordine a tale qualificazione, così minando la certezza dei diritti e la stabilità delle posizioni giuridiche. Tali conclusioni risultano, del resto, conformi ai principi fissati dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 13916 del 2006 Rv. 589696 – 01) secondo cui, in tema di autorità del giudicato, allorquando due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto in merito ad una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono l’esame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo.
Ad ogni modo, in questo senso si è già orientata questa Corte in un precedente originato dalla stessa vicenda in esame. Difatti, Sez. 5, n.722 del 12/01/2022, Rv. 663607 – 01 ha già affermato che, in tema di imposta di registro, l’intervenuto giudicato afferente alla qualificazione giuridica del negozio è opponibile nel separato giudizio avente a oggetto la determinazione dell’imposta ipotecaria e catastale inerente al medesimo negozio, attesa la comunanza del presupposto impositivo per la determinazione delle imposte tra loro connesse. Tale principio di diritto deve essere in questa sede precisato nei seguenti termini:
in tema di contenzioso tributario, l’intervenuto giudicato esterno afferente alla qualificazione giuridica di un negozio (nella specie in un giudizio su imposta di registro suppletiva) esplica effetto preclusivo anche nei giudizi tra le stesse parti relativi a diversi tributi (nella specie imposta complementare di registro ed imposta ipotecaria e catastale) nei quali la medesima qualificazione giuridica rilevi ai fini della determinazione della base imponibile o di altro elemento della fattispecie impositiva.
Invero, esiste un orientamento giurisprudenziale secondo cui nel processo tributario l’efficacia espansiva del giudicato esterno non ricorre quando i separati giudizi riguardino tributi diversi (ad esempio, i.v.a. ed i.r.p.e.f.), trattandosi di imposte strutturalmente differenti, ancorché la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto (v., tra le tante, Sez. 5, n. 14596 del 06/06/2018, Rv. 649015 – 01, e Sez. 5, n. 235 del 9/01/2014, Rv. 629378 – 01; così anche Sez. 5, n. 25200 del 30/11/2009, Rv. 610389 – 01, secondo cui il giudicato, formatosi in materia di tributi diretti, non è preclusivo delle questioni concernenti il diverso rapporto giuridico d’imposta in tema di i.v.a., anche se relativo alla stessa annualità e scaturente dalla medesima indagine di fatto). Si è precisato, ad esempio, che, in caso d’impugnazione separata di distinti avvisi di accertamento, emessi rispettivamente ai fini dell’i.v.a. e delle imposte sui redditi, con cui l’Amministrazione finanziaria abbia fatto valere l’inesistenza soggettiva di operazioni commerciali, la sentenza emessa nel giudizio riguardante le imposte sui redditi non spiega efficacia di giudicato in quello avente ad oggetto l’i.v.a., non risultando a tal fine sufficiente la mera circostanza estrinseca dell’identità di contenuto delle due sentenze, in quanto la problematica relativa alla detraibilità dell’i.v.a. può anche risolversi secondo criteri di fatto diversi da quelli riguardanti la deducibilità dei costi dalla base imponibile delle imposte sui redditi (Sez. 5, n. 15396 del 11/06/2008, Rv. 604054 – 01).
Tuttavia, tali limiti alla forza espansiva del giudicato non valgono nei rapporti tra imposta di registro (suppletiva e complementare) ed imposta ipotecaria e catastale, atteso che, come si desume dal d.P.R. n. 131 del 1986 e dal d.lgs. n. 347 del 1990, tali imposte condividono la medesima disciplina in ordine alla determinazione della base imponibile. In definitiva, la qualificazione giuridica dell’atto da cui origina l’applicazione di tali tributi è configurata come unitaria nell’ordinamento tributario, non essendo sottoposta ad una diversa disciplina o a regole differenti, sicché non vi è alcuna preclusione all’efficacia espansiva del giudicato.
La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai principi sopra riportati, avendo la società contribuente richiesto l’applicazione del giudicato già formatosi relativamente ad imposta suppletiva di registro che si fondava sulla qualificazione giuridica del negozio intervenuto tra le parti, posto a fondamento delle ulteriori e connesse pretese fiscali (complementare di registro ed ipotecarie e catastali) oggetto di impugnazione. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, i ricorsi originari della società contribuente devono essere accolti in virtù del vincolo derivante dal giudicato esterno eccepito. Da tale conclusione deriva l’assorbimento dei motivi formulati dall’Agenzia delle Entrate, il cui accoglimento risulta incompatibile con il giudicato esterno formatosi sulla sentenza n. 31/6/12 della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia.
7. In conclusione, in accoglimento del ricorso della società contribuente, la sentenza impugnata va cassata e la causa va decisa nel merito, con accoglimento dei ricorsi originari della società contribuente, assorbiti i ricorsi dell’Agenzia delle Entrate.
Le spese del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità devono essere integralmente compensate, attesa la novità della questione affrontata, il cui unico precedente si è formato soltanto nel 2022 ed in relazione alla medesima vicenda.
P.Q.M.
La Corte
- accoglie il ricorso principale della contribuente, assorbiti tutti gli altri ricorsi;
- cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi originari della contribuente;
- dichiara integralmente compensate le spese di lite del giudizio di merito e di legittimità.
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