CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2920 depositata il 31 gennaio 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IRES, IRAP e IVA – Istituto cd. del pro rata – Definizione agevolata di cui all’art. 6 del D.L. n. 119/2018 – C.d. sesta direttiva IVA – Avviso di accertamento sostitutivo del precedente – Accoglimento
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 01/30/12 del 10/01/2012, la Commissione tributaria regionale del Veneto (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello principale proposto da I.T. s.r.l. (di seguito I.T.) e respingeva l’appello incidentale proposto dalla Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 114/06/10 della Commissione tributaria provinciale di Vicenza (di seguito CTP), che aveva, a sua volta, accolto parzialmente l’impugnazione della società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento relativo ad IRES, IRAP e IVA relative all’anno 2005.
1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’avviso di accertamento riguardava la corretta applicazione dell’istituto cd. del pro rata e la valutazione di inerenza di alcuni costi; b) la CTP accoglieva parzialmente il ricorso proposto dalla contribuente limitatamente alle sanzioni; c) avverso la sentenza della CTP, I.T. proponeva appello principale e AE proponeva appello incidentale.
1.2. La CTR, in parziale riforma della sentenza impugnata, annullava la sola ripresa di cui alla detrazione IVA pro rata, confermando nel resto la sentenza impugnata. In particolare, la CTR evidenziava che: a) il primo rilievo relativo all’accertamento impugnato (relativo alla questione dell’applicazione del pro rata) non poteva dirsi implicitamente annullato dall’Amministrazione finanziaria con l’emissione di un successivo accertamento integrativo: «anche a voler tralasciare il fatto che tale eccezione costituisce motivo di gravame ulteriore rispetto a quelli dedotti nell’atto di gravame e perciò inammissibile in quanto tardivo, la stessa non sembra fondata» in quanto, pur in presenza di differenti presupposti dei due accertamenti, l’Ufficio aveva tenuto conto di quanto già richiesto «limitandosi a pretendere il versamento della differenza dell’IVA, con ciò esplicitando la propria volontà di non annullare il primo accertamento»; b) in ogni caso, il menzionato rilievo andava annullato per una duplice ragione: 1) in quanto «la detrazione dell’IVA in misura proporzionale (pro rata) avviene solo ove il medesimo contribuente svolga più attività, una delle quali dia luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10 della legge Iva», con la conseguenza che l’effettuazione occasionale di operazioni esenti non dà luogo all’applicazione del pro rata; 2) in quanto «per compiere l’operazione esente costituita dalla cessione delle quote sociali dalla società partecipata a favore della Fondazione B., ricevendo in permuta da questa alcuni immobili, la contribuente non ha impiegato beni o servizi dei quali si è detratta l’imposta afferente»; c) con riferimento alla violazione del diritto al contraddittorio, doveva escludersi l’applicabilità in ipotesi dell’art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212 , trattandosi di semplice invio di un questionario con richiesta di documenti contabili da parte dell’Amministrazione finanziaria, senza alcuna attività di accesso, ispezione e verifica; d) con riferimento ai costi sostenuti in considerazione della fattura n. 34 del 30/04/2005 della ditta S.M., non sussistevano «elementi certi per ritenere l’inerenza degli stessi all’attività della contribuente»; e) analogamente, con riferimento ai costi rappresentati dalle prestazioni rese dalla società T.W., mancavano gli «elementi oggettivi che possano in effetti comprovare l’esecuzione e l’inerenza delle attività descritte nelle fatture annotate in contabilità con l’operazione di acquisizione degli immobili dalla Fondazione B., non foss’altro per la completa estraneità del soggetto fornitore dei servizi dal campo dell’intermediazione immobiliare».
2. Avverso la sentenza della CTR AE proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
3. I.T. resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale fondato su cinque motivi.
4. All’udienza pubblica del 14/05/2019 la causa veniva rinviata a nuovo ruolo in ragione della richiesta della società contribuente di avvalersi della sospensione prevista dall’art. 6 del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. con modif. nella l. 17 dicembre 2018, n. 136.
5. Con ordinanza resa in esito alla pubblica udienza del 29/09/2021 la causa veniva nuovamente rinviata a nuovo ruolo, vista l’impossibilità per il collegio di riconvocarsi.
6. AE depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. Va pregiudizialmente evidenziato che la società contribuente ha beneficiato della sospensione del giudizio avendo manifestato la volontà di avvalersi della definizione agevolata di cui all’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, volontà poi non concretizzatasi; ne consegue che la causa può essere decisa nel merito, indipendentemente dalla presentazione di una istanza di prosecuzione del giudizio formulata entro il 31/12/2021.
2. Con il primo motivo di ricorso principale, AE deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, quinto comma, e 19 bis, primo e secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, degli artt. 17 e 19 della direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977 (cd. sesta direttiva IVA) e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che una lettura coordinata delle menzionate disposizioni, come emerge anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia della UE e della S.C., impone di ritenere che vadano considerate, ai fini dell’inclusione nel calcolo della percentuale d’imposta detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti (cd. pro rata IVA), tutte le operazioni che fanno parte integrante del volume d’affari della società contribuente, purché non siano operazioni meramente accessorie, con onere della prova gravante su quest’ultima.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa o insufficiente motivazione su punti di fatto decisivi, avendo la CTR omesso di considerare, ai fini della valutazione di inclusione nel pro rata, alcune circostanze rilevanti, costituite dall’inserimento delle operazioni finanziarie nell’oggetto sociale statutario, dalla rilevanza dell’operazione e dalla circostanza che l’operazione era indispensabile ai fini del complessivo regolamento degli interessi con la Pia Fondazione Vincenzo Stefano Breda IPAB.
2.2. Con il primo motivo di ricorso incidentale I.T. deduce la violazione degli artt. 4 e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che, con successivo avviso di accertamento integrativo, l’Ufficio ha disconosciuto la soggettività passiva IVA della Fondazione B., sicché quest’ultima non avrebbe dovuto emettere fattura ed applicare l’IVA sulla cessione del terreno edificabile a I.T., con conseguente integrale recupero dell’IVA portata in detrazione a carico della società controricorrente (il diritto alla detrazione è stato, pertanto, disconosciuto integralmente laddove, con il primo avviso di accertamento, è stato riconosciuto solo nei limiti del pro rata).
2.3. Tale conclusione si porrebbe in palese contrasto con la prima ripresa del primo accertamento notificato a I.T., ripresa che, pertanto, dovrebbe intendersi annullata implicitamente dall’Ufficio in via di autotutela.
3. Il primo motivo di ricorso incidentale è fondato, con conseguente assorbimento dei motivi di ricorso principale.
3.1. L’avviso di accertamento integrativo di cui all’art. 57, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 ha come presupposto la «sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi» – oltre che la necessaria indicazione degli atti e dei fatti attraverso i quali questi siano stati acquisiti (cfr. Cass. n. 16391 del 21/11/2002; Cass. n. 6459 del 17/03/2010) – mentre tale presupposto non ricorre nel caso di autoannullamento di precedente avviso di rettifica e sostituzione dello stesso con uno nuovo, «atteso che in tal caso non ricorre esercizio del predetto potere integrativo o modificativo (caratterizzato dall’aggiungersi, al precedente provvedimento legittimo, di un ulteriore provvedimento che ne amplia il contenuto), ma sostituzione di un precedente provvedimento illegittimo con un nuovo provvedimento conforme a diritto, nell’ambito del generale potere di autotutela della pubblica amministrazione» (così Cass. n. 4534 del 28/03/2002).
3.2. Nel caso di specie, come si legge nell’avviso di accertamento allegato al controricorso, è vero che il nuovo atto impositivo si fonda sul processo verbale di constatazione elevato nei confronti della Fondazione B., ma lo stesso trova la sua giustificazione in nuovi presupposti in diritto (la insussistenza della soggettività passiva di imposta della Fondazione B.), che negano quelli sui quali è stato emesso l’avviso di accertamento impugnato.
3.2.1. Il nuovo avviso di accertamento è stato, pertanto, ingiustificatamente definito integrativo, essendo in realtà del tutto sostitutivo del precedente: non è dubbio che, così come affermato dalla CTR, l’Amministrazione finanziaria tiene conto, di quanto già richiesto con il precedente avviso di accertamento, ma le ragioni giuridiche su cui si fonda tale richiesta sono integralmente differenti da quelle originarie; né dal processo verbale di constatazione che fonda il nuovo accertamento sono emersi elementi di fatto in precedenza insussistenti, non avendo certo la Fondazione B. cambiato natura giuridica.
3.2.2. Nel primo avviso di accertamento si assume, infatti, che l’operazione di cessione delle partecipazioni da I.T. alla Fondazione B. sia esente, ma la stessa, non fatturata, debba comunque entrare a far parte del calcolo del pro rata, così dovendo determinarsi la pretesa impositiva; nel secondo avviso, invece, si dà una differente giustificazione della pretesa impositiva sui medesimi fatti, sostenendosi che l’IVA sulla fattura di euro 5.500.000,00 rilasciata dalla Fondazione B., pari ad euro 1.100.000, non può essere detratta perché erroneamente versata a quest’ultima, che non è soggetto passivo di imposta, così abbandonandosi la tesi per la quale troverebbe applicazione il criterio del pro rata.
3.3. Il nuovo accertamento va, dunque, correttamente definito come sostitutivo (e non integrativo) del primo, con implicito annullamento (in via di autotutela) della prima ripresa oggetto di impugnazione in questa sede. Ne consegue la declaratoria di cessazione della materia del contendere su tale ripresa, superata dall’accertamento successivo, e il sopravvenuto difetto di interesse di AE ad una decisione favorevole su tale ripresa.
4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione del diritto al contraddittorio, anche con specifico riferimento alla previsione di cui all’art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212, e alla conseguente illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato.
4.1. Il motivo è infondato.
4.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 «deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva» (Cass. S.U. n. 18184 del 29/07/2013).
4.3. Pertanto, la nullità derivante dal mancato rispetto del termine dilatorio, decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, riguarda – anche con riferimento all’IVA (Cass. nn. 701 e 702 del 15/01/2019) – solo ed esclusivamente il triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività e non anche le verifiche cd. a tavolino.
4.4. Con riferimento a queste ultime soccorre la previsione di Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015, per la quale, con riferimento ai tributi cd. non armonizzati, «non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale», mentre per i tributi cd. armonizzati, secondo quanto emerge dal diritto unionale, per come interpretato dalla Corte di giustizia della UE, «l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa» (cd. prova di resistenza).
4.5. Ciò premesso in punto di diritto, nel caso di specie, è evidente che non trovi applicazione l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che è pacifico che l’avviso di accertamento sia stato emesso sulla base di una verifica cd. a tavolino, conseguente alla richiesta di rimborso del credito IVA formulata dal contribuente.
4.6. E nemmeno può ritenersi la violazione del contraddittorio con riferimento ai tributi armonizzati, qual è l’IVA: invero, la rilevanza di tale violazione è soggetta, come già chiarito, ad una prova di resistenza che I.T. non ha fornito, essendosi limitato ad argomentare, del tutto genericamente, che avrebbe potuto in quella sede «fornire all’Ufficio dati e notizie la cui conoscenza avrebbe potuto condurre l’Amministrazione a conclusioni differenti rispetto a quelle a cui essa è addivenuta».
5. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che erroneamente la CTR ha disconosciuto i costi relativi alle fatture rilasciate da M.S. e da T.W. Co. s.r.l. in quanto non certi e non inerenti.
5.1. In particolare, con riferimento alla fattura n. 34 del 30/04/2005 rilasciata dalla ditta S., la CTR avrebbe indebitamente fornito una giustificazione alla pretesa dell’Amministrazione finanziaria differente a quella risultante dall’atto impugnato, con ciò violando l’art. 112 cod. proc. civ., e risultando chiaramente agli atti che la fattura in discorso riguarda l’operazione compiuta con la Fondazione B..
5.2. Con riferimento, invece, ai costi per le fatture emesse da T.W. Co. s.r.l., risulterebbe: a) dallo statuto che la società potrebbe svolgere anche ulteriori attività non in contrasto con la vigente normativa nel settore commerciale, immobiliare e industriale, oltre quella di commercio all’ingrosso di macchine utensili; b) dal contratto tra la società contribuente e la T.W. le prestazioni che la stessa avrebbe dovuto svolgere in favore di I.T. e in relazione alla operazione di permuta intercorsa con la Fondazione B..
6. La complessa censura è in parte infondata e in parte inammissibile.
6.1. È infondata nella parte in cui si deduce – peraltro ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – il vizio di ultrapetizione in cui sarebbe incorsa la CTR, atteso che la contestazione formulata dall’Ufficio, per come riportata nel controricorso, riguarda pur sempre la certezza e l’inerenza dei costi.
6.2. È inammissibile in quanto, in entrambe le ipotesi, si denuncia come violazione di legge un vizio di motivazione insufficiente, chiedendo una sostanziale revisione del giudizio di merito, per nulla illogico o contraddittorio, fornito dalla CTR.
7. Con il quarto motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’omessa pronuncia sul motivo di ricorso formulato in via subordinata da I.T. e concernente la violazione dell’art. 54, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, avendo l’Amministrazione finanziaria proceduto al recupero di un credito IVA mai detratto e mai rimborsato.
7.1. Con il quinto motivo di ricorso incidentale, si contesta, sempre in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’omessa pronuncia sulla illegittimità delle sanzioni irrogate.
8. I motivi restano assorbiti in ragione dell’accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale: l’annullamento della ripresa relativa all’IVA implica il venir meno anche delle sanzioni.
9. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso incidentale, rigettato il secondo e il terzo motivo di ricorso incidentale, assorbiti i restanti motivi e il ricorso principale; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso incidentale, rigetta il secondo e il terzo motivo di ricorso incidentale e assorbe gli altri motivi di ricorso incidentale e il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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