Corte di Cassazione sentenza n. 29992 depositata il 13 ottobre 2022 

giudicato esterno

Fatti di Causa

1. Con sentenza n. 628/14/2015 depositata in data 4/2/2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dall’Associazione culturale non riconosciuta N.N. avverso la sentenza n.468/11/13 della Commissione tributaria provinciale di Roma, la quale a sua volta aveva rigettato previa riunione i ricorsi introduttivi della contribuente proposti avverso gli avvisi di accertamento emessi ex 39 e 40 del d.P.R. n.600 del 1973 e 54 del d.P. R. n.633 del 1972 con cui per gli anni di imposta 2005 e 2006 veniva rideterminato il reddito della contribuente, considerato di impresa, con conseguenti riprese IRES, IVA e IRAP oltre accessori. Le riprese traevano origine da una verifica involgente un più ampio spettro di anni di imposta, tra cui quelli oggetto della presente controversia, da cui emergeva l’esercizio di attività commerciale da parte della contribuente e ciò conduceva alla rettifica del modello unico per gli interessati anni di imposta.

2. La CTR in via pregiudiziale rigettava la doglianza dell’appellante di esistenza di un giudicato esterno spie9ante effetti sulla controversia relativo all’annualità 2004 e, nel merito, confermava nell’an e nel quantum le riprese.

3. Avverso tale sentenza la contribuente propone ricorso per cassa­ zione affidato a nove motivi, mentre l’Amministrazione finanziaria ha depositato mera comparsa di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione ex art.370 cod. proc. civ..

Ragioni della decisione

4. Con il primo, secondo e terzo motivo di ricorso – in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. – viene dedotta la violazione da parte della CTR degli artt. 2909 civ. e 348 cod. proc. civ., nonché la contraddittorietà della motivazione adottata, per non aver ritenuto esteso alla fattispecie il giudicato esterno discendente dal passaggio in giudicato formale della sentenza C:TP Roma n. 347/48/2013 depositata l’11 ottobre 2013, resa in relazione all’anno di imposta 2004 e cristallizzante la natura non commerciale della contribuente anche in relazione ai periodi di imposta oggetto del presente processo.

5. I motivi, connessi, devono essere trattati congiuntamente e sono affetti da concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza. Va rammentato l’insegnamento di Cass. Sez. u, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006, secondo il quale qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria  quanto il  contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta.

6. Il principio è stato applicato numerose volte dalla S.C., ad esempio in materia di rapporti di durata (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9512 del 22/04/2009, 607614 – 01), nonché in fattispecie relativa alla esenzione decennale IRPEG e ILOR (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24433 del 30/10/2013, Rv. 628862 – 01) o in ragione dell’illegittimità dell’acquisizione della documentazione contabile su cui si fonda, si estende alle controversie tra le stesse parti riferite ad annualità diverse nel caso in cui i relativi accertamenti per tali periodi d’imposta si basino sulla medesima attività investi9ativa illegittima, che ne costituisce il presupposto comune (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19590 del 17/09/2014, Rv. 632467 – 01). Ancora, è stato affermato che l’accertamento della validità e congruità del calcolo dell’ICI, fondato sul classamento catastale all’epoca vigente, preclude l’esame della stessa questione, per le annualità di riferimento, sulla base della successiva variazione del classamento, e, quindi, della rendita anche qualora si assuma che tale variazione abbia effetto retroattivo (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16675 del 29/07/2011, Rv. 618904 – 01). In altro giudizio, la S.C., in applicazione del principio, ha cassato la sentenza di merito che, nell’affermare la legittimità di un avviso di accertamento, ai fini IRPEF, basato sulla natura edificabile di un terreno, aveva trascurato l’effetto preclusivo derivante da altro giudizio ove, con sentenza passata in giudicato, ne era stata esclusa l’edificabilità ai fini dell’imposta di registro (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 13152 del 16/05/2019, Rv. 653736 – 01).

7. E, tuttavia, la S.C. ha escluso che, nel giudizio avente ad oggetto un accertamento fondato sull’applicazione dei parametri o degli studi di settore, possa avere effetto di giudicato la sentenza di annullamento di altro accertamento riguardante una diversa annualità, sebbene fondato sui medesimi parametri, essendo gli stessi espressione della capacità contributiva e, cioè, di un elemento variabile da periodo a perìodo (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13498 del 01/07/2015, Rv. 635809 – 01).

Inoltre, quanto all’IVA, nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno previsto dall’art. 2909 cod. civ. è soggetto alla primazia del diritto unionale (come interpretato da CGUE 3 settembre 2009, C-2/08, Olimpiclub), anche con riferimento alla sua proiezione oltre il periodo di imposta considerato circa i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie impositiva che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente, allorquando affiori una questione di contrasto a pratiche abusive, sicché ove esse non sussistano, il giudicato formatosi su diverso anno di imposta richiede l’esame delle questioni e dei presupposti dì fatto per la diversa annualità e la sua efficacia dipende dalle concrete circostanze accertate. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione della CTR che, in assenza di deduzione di abuso del diritto, aveva riconosciuto l’effetto di cosa giudicata sostanziale ai finì della diversa annualità IVA, senza automatismo, dopo aver accertato l’identità di soggetti, del “petitum” e della “causa petendi”, delle circostanze fattuali e delle questioni di diritto del p.v.c. alla base della ripresa a tassazione, riguardante unitariamente due annualità) (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 1S374 del 20/07/2020, Rv. 658430 – 01).

8. Orbene, nel caso di specie è vero che il p.v.c. è il medesimo e la verifica condotta dall’Amministrazione finanziaria è complessiva per più anni di imposta e, tuttavia, parte contribuente non dà evidenza dell’identità delle questioni e dei presupposti di fatto per la diversa annualità – il 2004 – oggetto di sentenza di primo grado definitiva, con riferimento a quelle alla base del presente processo, 2005 e 2006. Inoltre, con riferimento specifico agli enti di tipo associativo non commerciali la concorrenza dì requisiti formali e sostanziali, la cui dimostrazione è rimessa a parte contribuente, è condizione per la fruizione dei benefici riconosciuti dall’ordinamento 9iuridico (Cass. Sez. 5, Ordinanza n.32119 del 12/12/2018; Cass. Sez. 5, Ordinanza n.23167 del 4/10/2017), ed essi non possono essere considerati ac­ certati una volta per sempre, ai fini dell’art. 53 Cast. e, per l’IVA, del rispetto del diritto unionale di cui sopra si è dato conto.

9. Dev’essere così affermato il seguente principio di diritto:

«In tema di imposte dirette e IVA oggetto di verifica nei confronti di associazioni culturali non riconosciute cui sia contestato lo svolgimento di attività commerciale, l’invocato giudicato esterno ex art.2909 cod. civ. relativo a precedente anno di imposta non spiega automaticamente effetto per gli anni successivi, in particolare con riferimento alla natura non commerciale dell’associazione accertata con la sentenza definitiva, in quanto è onere di parte contribuente dimostrare l’identità delle questioni e dei presupposti di fatti, alla base delle riprese per le diverse annualità, in presenza di questioni e presupposti che non possono essere considerati accertati una volta per sempre, nel pieno rispetto del principlo di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. e, con riferimento all’imposizione indiretta, anche del diritto unionale come interpretato da CGUE 3 settembre 2009, C-2/08, 0limpiclub.».

In applicazione del principio di diritto che precede, nel caso in esame l’onere non è stato assolto dalla contribuente, che si limita a invocare la pretesa cristallizzazione della natura non commerciale dell’associazione.

10. Con il quarto motivo – in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. civ. – viene prospettata la violazione degli artt.52 del d.P.R. n.633 del 1972 e 33 del d.P.R. n.600 del 1973, per aver la CTR mancato di dichiarare l’illegittimità dell’accertamento per essere basato su p.v.c. redatto in conseguenza di accesso presso la sede della contribuente in assenza di autorizzazione della Procura della Repubblica.

11. Il motivo è infondato, perché ai sensi dell’art. 35 della n. 4 del 1929, la Guardia di finanza, in quanto polizia tributaria, può sempre accedere negli esercizi pubblici ed in ogni locale adibito ad azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche, per assicurarsi dell’adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi e dai regolamenti in materia finanziaria, non necessitando, a tal fine, di autorizzazione scritta, richiesta per il diverso caso di accesso effettuato dai dipendenti civili dell’Amministrazione finanziaria. Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha dichiarato la piena utilizzabilità degli atti acquisiti dalla Guardia di Finanza a seguito di un accesso non preceduto dall’autorizzazione dell’autorità giudiziaria posto in essere presso la sede legale della contribuente coincidente con l’abitazione dell’amministratore unico della stessa (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 17525 del 28/06/2019, Rv. 6.54395 – 01).

12. Il quinto motivo – ai fini dell’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. – deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia da parte del giudice d’appello circa la doglianza di irrilevanza degli elementi indice di commercialità, per essere relativi a periodi successivi a quelli accertati.

Con il sesto motivo – articolato in subordine al precedente agli effetti dell’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. – si censura la violazione dell’art. 149 comma 1 TUIR con riferimento ai medesimi fatti.

Con il settimo motivo – articolato in via ulteriormente subordinata ai sensi dell’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. – si prospetta la carenza assoluta di motivazione in ordine alla ritenuta rilevanza rispetto ai periodi 2005 e 2006 di elementi indice di commercialità relativi al 2007 e 2008.

13. I motivi suddetti sono affetti da concorrenti aspetti di inammissibilità e di infondatezza, perché non trattasi di una questione autonoma, dal momento che dalla lettura delle porzioni dell’atto introduttivo e dell’appello riprodotti in ricorso si evince che il profilo era stato complessivamente considerato nella doglianza di merito, la quale è stata decisa dalla CTR a pag.3 della sentenza impugnata attraverso una congrua motivazione e non carente. Si rammenta inoltre al proposito che: «In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» (ex multis n.26110 del 2015). 

14. L’ottavo motivo – in relazione all’art.360 primo comma 4 cod. proc. civ. – si denuncia l’omessa pronuncia ex art.112 cod. proc. civ. circa la doglianza di violazione dell’art.148 comma 3 TUIR perché gli importi versati dai soci in occasione dell’accesso alla sede dell’associazione avessero natura di contributo.

15. La censura è in parte inammissibile e in parte infondata. Innanzi­ tutto non sussiste la denunciata omessa pronuncia, come si evince dalla lettura dell’ultimo capoverso p.3 ,nella sentenza impugnata e, oltretutto, la questione prospettata è anche meritale. Va al proposito reiterato che «Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito de/la causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. 7 aprile 2017 n. 9097).

16. Il nono e ultimo motivo denuncia la mera apparenza della moti­ vazione, ed è infondato all’evidenza. La CTR ha espresso una ratio decidendi complessa, di cui si è sopra dato conto, accertando la na­ tura commerciale della contribuente, e tale motivazione certamente soddisfa il minimo costituzionale, essendo controllabile dall’esterno (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza 9105 del 07/04/2017, Rv. 643793 – 01) in quanto trae fondamento da riferimenti individuati al quadro istruttorio.

17. Al rigetto complessivo del ricorso non segue il regolamento delle spese di lite in assenza di attività difensiva effettiva svolta dall’Agen­zia. 

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore impor­ to a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.