Corte di Cassazione sentenza n. 30796 depositata il 19 ottobre 2022
le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società od enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica – l’art. 37, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, infatti, si riferisce a qualsiasi ipotesi di interposizione, anche a quella reale, ed anche ad un uso improprio di un legittimo strumento giuridico
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 20 maggio 2013, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso di P.G. per l’annullamento dell’avviso di irrogazione di sanzioni, notificatogli in proprio quale amministratore di fatto della E. s.r.l., per omessa conservazione di scritture contabili della società per l’anno 2004
2. Il giudice di appello ha respinto il gravame erariale evidenziando che, a seguito dell’estinzione della società, i creditori insoddisfatti potevano agire solo nei confronti dei soci, sino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e dei liquidatori, se il mancato pagamento era dipeso da colpa di questi.
Ha, inoltre, osservato che delle sanzioni amministrative irrogate era responsabile unicamente la società.
3. Il ricorso è affidato a tre motivi.
4. Resiste con controricorso P.G..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 e., per aver la sentenza impugnata ritenuto applicabile tale disposizione di legge, concernente la responsabilità dei soci per debiti della società estinta, anche al caso in esame in cui veniva fatta valere una responsabilità per sanzioni irrogate per illeciti tributari imputati all’amministratore.
2. Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli 7, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, e 2, 5 e 11, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per aver la Commissione regionale escluso la responsabilità dell’amministratore di fatto della società senza valutare se lo stesso, come contestato nell’atto impugnato, fosse l’esclusivo beneficiario delle violazioni rilevate e avesse utilizzato la società quale schermo per i suoi comportamenti illeciti.
2.1 I motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati.
Giova osservare che in materia di sanzioni amministrative tributarie l’art. 7, d.l. n. 269 del 2003, conv., con modif., nella l.n. 326 del 2003, in deroga al principio generale della responsabilità personale dell’autore, nonché in deroga all’art. 11, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (che prevede la responsabilità solidale delle società nel cui interesse ha agito la persona fisica autrice della violazione), ha stabilito che «le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società od enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica».
E’ stato ripetutamente affermato da questa Corte che l’applicazione di tale disposizione presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poiché solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria non colpisca l’autore materiale della violazione, ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico quale effettivo beneficiario delle violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore (cfr. Cass. 1 ° aprile 2022, n. 10651; Cass. 22 novembre 2021, n. 36037; Cass. 10 ottobre 2021, n. 29038; Cass. 13 novembre 2020, n. 25757).
L’art. 7, infatti, intenderebbe regolamentare le ipotesi in cui vi sia una differenza tra trasgressore e contribuente, e, in particolare, l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica medesima, ma non nel caso in cui la persona fisica sia «esclusivo beneficiario delle violazioni contestate», in quanto in tale caso non sussiste detta differenza, atteso che quest’ultimo è, al tempo stesso, trasgressore e contribuente, e la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica (cfr., altresì, Cass. 18 aprile 2019, n. 10975; Cass. 8 marzo 2017j’ n. 5924; Cass. 28 agosto 2013, n. 19716).
2.2 Come evidenziato nella pronuncia di questa Corte 23231 del 25 luglio 2022, tale approdo ermeneutico, «pur cogliendo un dato innegabile, ossia che, in tali ipotesi, esiste un soggetto che governa uti dominus la società di capitali, il quale fa proprie le attività, i redditi e i proventi dell’ente, cui lascia la formale responsabilità e l’onere delle imposte, non assolte, non appare pienamente soddisfacente dove sembra prefigurare che la società costituisca una mera fictio, dunque priva di realtà giuridica».
Ferma, dunque, l’effettività della società di capitali deve ritenersi che l’imputabilità ad un diverso soggetto dei redditi maturati dall’ente e delle relative imposte possa realizzarsi mediante ricorso alla presunzione di interposizione prevista dall’art. 37, terzo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona.
Tale disposizione normativa costituisce espressione del principio generale della capacità contributiva e consente di traslare l’eventuale risultato reddituale della società interposta nei confronti del soggetto interponente.
2.3 Il riferito percorso argomentativo non è limitato dalla tipologia di reddito oggetto di accertamento, ma si estende – come recentemente precisato da questa Corte (cfr. Cass. 17 febbraio 2022, n. 5276) – anche al reddito d’impresa e all’ipotesi in cui l’interposto sia una società di capitali, laddove sia accertata la relazione di fatto tra contribuente e reddito, necessaria per operare la traslazione del reddito d’impresa prodotto all’effettivo titolare.
L’interponente, infatti, non è un mero gestore dell’ente collettivo ma di soggetto che disponga uti dominus delle risorse del soggetto interposto.
In questo caso, sarà onere dell’Amministrazione finanziaria dimostrare la relazione di fatto tra l’interponente e la fonte del reddito del soggetto imprenditoriale interposto e l’effettivo possesso dell’interponente medesimo dei redditi formalmente intestati alla società.
Non ha rilievo, invece, la dimostrazione che l’interposizione sia reale o fittizia: l’art. 37, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, infatti, si riferisce a qualsiasi ipotesi di interposizione, anche a quella reale, ed anche ad un uso improprio di un legittimo strumento giuridico (cfr., ex multis, Cass. 27 aprile 2021, n. 11055; Cass. 28 çiiugno 2017, n. 17128; Cass. 3 marzo 2017, n. 5408).
La compiuta traslazione del reddito, del resto, è coerente con il diritto al rimborso dell’interposto, ai sensi dell’art. 37, quinto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, per quelle imposte che abbia pagato per redditi imputati all’interponente, condizione che legittima il riconoscimento, ove ne sussistano i presupposti formali e sostanziali, anche del diritto alla detrazione ex art. 19, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (cfr. Cass. 30 dicembre 2009, n. 27964.
2.4 Il suesposto fondamento giustificativo della responsabilità del soggetto che abbia gestito uti dominus una società di capitali non perde la sua validità in tema di v.a., risultando convergente con la disciplina unionale.
Infatti, come evidenziato nella richiama sentenza di questa Corte n. 23231 del 2022, nel caso in cui un soggetto gestisca uti dominus la società si configura un rapporto riconducibile al mandato senza rappresentanza, dove il mandatario è il gestore e il mandante è la società, disciplinato dall’art. 6, par. 4, della Sesta direttiva, corrispondente all’art. 3, terzo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, per effetto del quale si deve ritenere che il gestore abbia ricevuto o fornito i detti servizi a titolo personale.
Chiarisce tale pronuncia che in questo caso «Si realizza, in altri termini, la finzione giuridica di due prestazioni di servizi identiche fornite consecutivamente sull’assunto che l’operatore che partecipa alla prestazione di servizi – il commissionario – abbia in un primo tempo ricevuto i servizi in questione da prestatori specializzati prima di fornire, in un secondo tempo, gli stessi servizi all’operatore per conto del quale agisce (v., tra le varie, Corte di giustizia, 4 maggio 2017, in C-274/15, Commissione c/ Lussemburgo; nella giurisprudenza interna, v., ex multis, Cass. 29 settembre 2020, n. 20591; Cass. 23 novembre 2018, n. 30360): il mandatario, quindi, assume e acquista in nome proprio, rispettivamente, gli obblighi e i diritti derivanti dal compimento dell’affare trattato per conto del mandante»;
Conclude che «se la prestazione di servizi a cui l’operatore partecipa è soggetta all’Iva, pure il rapporto giuridico tra costui e la parte per conto della quale agisce è soggetto all’Iva».
2.5 Quanto all’aspetto sanzionatorio, l’elemento costitutivo della fattispecie è caratterizzato dall’avvenuta traslazione clel reddito e dei relativi tributi dell’ente collettivo, con conseguente imputazione anche delle condotte evasive.
La situazione esula dall’ambito di applicazione dell’art. 7, d.l. n. 269 del 2003, in quanto il rapporto fiscale che viene in considerazione non è quello, previsto dalla citata norma, «proprio di società o enti con personalità giuridica» ma, in conseguenza della traslazione del reddito all’effettivo possessore ex art. 37, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1970, quello specifico e proprio dell’interponente (così, la più volte richiamata sentenza n. 23231 del 2022).
Da quanto esposto, discende, in primo luogo, che non vi è spazio per l’applicazione dell’art. 2495 e.e., ritenuta, invece, rilevante dal giudice di appello, atteso che tale norma si riferisce alla responsabilità (dei soci e dei liquidatori) per debiti della società e non per debiti propri.
4. In secondo luogo, la Commissione regionale, nell’escludere la responsabilità del controricorrente, cui era imputata la qualità di amministratore di fatto della E. s.r.l., in ragione del principio della responsabilità personale dell’autore della violazione, non ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi di diritto, applicando automaticamente tale principio pur in presenza di una contestazione di utilizzo strumentale della società per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a suo personale
5. All’accoglimento dei primi due motivi di ricorso segue l’assorbimento del terzo, proposto solo in via subordinata.
6. La sentenza impugnata va, dunque, cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lombardia, in diversa composizione
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 32499 depositata il 4 novembre 2022 - In tema di accertamento su IVA e imposte dirette che, ai sensi dell'art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, nei confronti del soggetto che abbia gestito "uti dominus" una società di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 novembre 2020, n. 26947 - In tema di accertamento di imposte sui redditi, la disciplina dell'interposizione, prevista dal comma terzo dell'art. 37 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non presuppone necessariamente un…
- Corte di Cassazione sentenza n. 33434 depositata l' 11 novembre 2022 - In tema di accertamento sulle imposte dirette e sull’Iva, nei confronti del soggetto che abbia gestito uti dominus una società di capitali si determina, ai sensi dell’art. 37, terzo comma,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 giugno 2021, n. 18692 - In tema di accertamento di imposte sui redditi, la disciplina dell'interposizione, prevista dal comma terzo dell'art. 37 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non presuppone necessariamente un…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 28048 depositata il 26 settembre 2022 - E' escluso la legittimità dell’attribuzione degli utili extracontabili alla contribuente in ragione della sua mera qualità di prestanome e della sua estraneità alla compagine sociale,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 marzo 2022, n. 8645 - L’applicazione dell’art. 37, commi 3 e 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, che in sostanza trattano l’interponente (società) e l’interposto (P.F.) come coobbligati solidali, con la ulteriore conseguenza che…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- La scelta del CCNL da applicare rientra nella scel
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Il creditore con sentenza non definitiva ha diritt
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27163 depositata il 22 settembre…
- Impugnazione del verbale di disposizione emesso ai
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Valido l’accertamento fondato su valori OMI
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17189 depositata il 15 giugno 2023, in…
- Possono essere sequestrate somme anche su c/c inte
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 34551 depositata l…