Corte di Cassazione sentenza n. 31270 depositata il 21 ottobre 2022 

Revocazione

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza n. 7691/2020 del 06/04/2020, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso proposto da E. s.n.c. dei F.lli C.S. e C.M. (di seguito E.) e dai soci C.S. e C.M. Cristiani nei confronti della sentenza n. 114/06/13 della Commissione tributaria regionale della Puglia (di seguito CTR), che, riformando la decisione di primo grado, aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate (di seguito AE), confermando gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società, riguardanti IRAP e IVA relative agli anni d’imposta 2006-2008, e dei soci, riguardanti IRPEF relativa alle stesse annualità.

1.1 Come si evince dalla ordinanza impugnata, gli avvisi di accertamento riguardavano il maggior valore di alcuni immobili oggetto di cessione, ricavato sulla base di elementi indiziari, tra i quali i valori OMI.

1.2 La S.C. rigettava il ricorso di E. e soci evidenziando, per quanto ancora interessa in questa sede, che doveva essere disattesa l’eccezione di giudicato esterno in quanto la sentenza della CTR, cui si voleva attribuire la predetta efficacia, ineriva «ad un differente accertamento (relativo all’esercizio 2005) e con essa, all’esito di un giudizio di fatto fondante su elementi precipui e valutazioni probatorie, è stata ritenuta la rideterminazione del reddito d’impresa troppo ancorata ai valori OMI».

2. Avverso la menzionata ordinanza, E. e soci proponevano ricorso per revocazione, affidato a due motivi, illustrati da memoria ex 378 cod. proc. civ.

3. L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) resisteva con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso E. e soci chiedono la revocazione dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 395, n. 5 e n. 4, cod. proc. civ.: a) per l’essere priva di motivazione nella parte in cui ha respinto l’eccezione di giudicato esterno; b) per avere la S.C. erroneamente omesso di rilevare il giudicato esterno formatosi in un giudizio concernente altra annualità d’imposta.

1.1 I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili. 

1.2 Sotto il primo profilo, come ben argomentato dal Procuratore generale, «L’impugnazione per revocazione proposta, ex art. 395, n. 5, cod. proc. civ., avverso una sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione è inammissibile, risultando l’ipotesi ivi contemplata esclusa dalla previsione dei precedenti 391 bis e ter» (Cass. S.U. n. 17557 del 18/07/2013; conf. Cass. S.U. n. 23833 del 23/11/2015) e tale inammissibilità «non si pone in contrasto – oltre che con i principi di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost. – con il diritto dell’Unione europea, non recando alcun “vulnus” al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, atteso che la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia riconosce l’importanza del principio della cosa giudicata, rimettendone la concreta attuazione all’autonomia processuale dei singoli Stati membri» (Cass. n. 8630 del 28/03/2019).

1.3 Sotto il secondo profilo, è sufficiente evidenziare che «In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio di cui all’art. 391 bis c.p.c. presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione. (Nella fattispecie, la S.C. ha escluso la rilevanza dell’erroneo accertamento dell’esistenza di un giudicato interno, non trattandosi di un errore di fatto rilevante ai fini dell’art. 395, comma 4, c.p.c., bensì dell’apprezzamento in diritto delle risultanze processuali)» (Cass. n. 10040 del 29/03/2022; conf. Cass. n. 17179 del 14/08/2020; Cass. n. 20635 del 31/08/2017).

1.4 Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata ha valutato l’eccezione proposta dalla ricorrente e la dedotta erroneità delle conclusioni raggiunte dalla Corte si traducono, se del caso, in un errore di giudizio, come tale del tutto irrilevante ai fini della chiesta

2. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e i ricorrenti vanno condannati al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato di euro 353.315,00.

2.1 Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 7.800,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.