Corte di Cassazione sentenza n. 32322 depositata il 2 novembre 2022
revocazione sentenza cassazione ex art.395, n. 4, c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. L’ Associazione M.L. (di seguito, Associazione) ricorre per la revocazione parziale dell’ordinanza di questa Corte n. 7955/21, depositata in data 22 marzo 2021, nella parte in cui ha dichiarato inammissibili i motivi tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo del ricorso in cassazione proposto dall’Associazione avverso la sentenza n. 1226/2017, del 10 aprile 2017, della CTR della Puglia, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avvisi di accertamento, emessi nei confronti dell’Associazione, per le annualità 2009 e 2010.
2. La Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, con sentenza n. 481/16 del 2 marzo 2016, rilevando l’assenza dello svolgimento di qualsivoglia attività commerciale da parte dell’Associazione, aveva accolto i ricorsi originari di quest’ultima.
3. Avverso tale sentenza, proponeva appello l’Associazione in relazione alla disposta compensazione delle spese di giudizio; l’Agenzia delle Entrate proponeva controdeduzioni ed appello incidentale. La Commissione Tributaria Regionale – con sentenza n. 1226/2017 – rigettava l’appello principale dell’Associazione in relazione alla compensazione delle spese ed accoglieva l’appello incidentale dell’Agenzia.
4. Avverso tale sentenza l’Associazione proponeva ricorso per Cassazione, basato su diciannove motivi, che veniva iscritto con numero di ruolo generale 12718/2017 e con il quale si chiedeva la cassazione della sentenza della CTR.
Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate che chiedeva il rigetto del ricorso.
5. Con l’ordinanza 7955/21, questa Corte così disponeva: «dichiara ammissibili i motivi primo, secondo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo, decimo, undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo, sedicesimo, diciassettesimo e diciottesimo; dichiara infondato il terzo motivo; accoglie il nono motivo; dichiara assorbito il diciannovesimo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in Foggia, in diversa composizione virgola che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità».
2. L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
3. L’Associazione ha presentato memoria telematica, ex 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’Associazione ricorre chiedendo la revocazione parziale, ex art. 395 n. 4), cod. proc. civ. della ordinanza di questa Corte n. 7955/2021, depositata il 22 marzo 2021, per «errata percezione del contenuto letterale dei motivi sub 13) 14) e 15) del ricorso di cassazione». La difesa della ricorrente deduce trattarsi di errore di percezione essenziale, «perché ove percepita la corretta formulazione letterale dei motivi enucleati sub 13-14 e 15 del ricorso in Cassazione, questa Ecc.ma Corte non avrebbe potuto dichiararli inammissibili per asserita novità della questione quale conseguenza della mancata osservanza del principio di specificità dei motivi del ricorso». Evidenzia che la formulazione letterale dei motivi di ricorso in parola è stata pienamente conforme ai dettami dell’art. 366, primo comma, n. 6) cod. proc. civ. e dell’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., «in quanto riproducevano letteralmente (in particolare il motivo 13) gli atti processuali dei gradi precedenti sui quali si fondano, riportando finanche la numerazione della pagina e lo stralcio del passaggio interessato», come evincibile dalle pagine 27-31 del ricorso in cassazione, riportate integralmente nel corpo del presente giudizio di revocazione.
2. Mette conto, in primo luogo, di riprodurre la motivazione resa dall’impugnata sentenza in punto di inammissibilità dei motivi tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo. L’ordinanza n. 7955/21 ha così statuito (v. pagine 13 e 14):
«13) I motivi tredicesimo (Omessa pronuncia – violazione art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 cpc), 14) quattordicesimo (In via gradata rispetto al motivo precedente – Motivazione omessa in relazione a specifico motivo – Violazione art. 36, 2° comma, n. 4, d. lgs. 546 del 31-12-1992 in relazione all’art. 360 n. 4), 15) quindicesimo (Ai fini Ires – violazione art. 26, 2° e 4° comma, DPR 600/1973 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc), (…) sono inammissibili. Come correttamente eccepisce l’Agenzia delle Entrate sul punto, essi vanno giudicati inammissibili in quanto nuovi. La questione della “doppia imposizione” sui proventi derivanti all’associazione dai depositi bancari e postali ad essa intestati, non risulta in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata, che si limita a riferire dell’esistenza di conti correnti e della rilevante somma su di essi annotata. In ossequio al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, desumibile dal combinato disposto degli artt. 366, primo comma, n. 6) e 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., la ricorrente avrebbe dovuto, prima di entrare nel merito delle singole argomentazioni, indicare a questa Corte come, dove e quando la questione relativa sia stata proposta e coltivata nei giudizi di merito. L’omissione di tale adempimento fa ritenere nuova la questione e, per conseguenza, inammissibile la sua deduzione in tutti i motivi richiamati.».
3. Il ricorso per revocazione è inammissibile.
3.1 In tema di impugnazione per revocazione delle pronunce rese dalla Corte di cassazione, è principio consolidato (v. S.U. 27/11/2019, n. 31032) che l’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore da questa compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, il quale presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa. In altri termini, l’errore in questione presuppone il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione (v. Cass., 11/01/2018, n. 442; Cass., 29/10/2010, n. 22171).
3.2 Sulla base di tale interpretazione, è stato soggiunto che l’errore di fatto revocatorio può dare luogo alla revocazione di una sentenza emessa dalla Corte di cassazione sempre che il fatto, oggetto dell’asserito errore, non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito (ex pluribus, Cass., 27/03/2007, n. 7469).
3.3 Così perimetrato l’ambito di applicazione dell’errore di fatto revocatorio, la giurisprudenza di questa Corte (v. , 23/05/2006, n. 12154; Cass., 31/08/2017, n. 20635) ha escluso che possa sostanziare un errore revocatorio l’omessa considerazione, da parte della sentenza della Corte di cassazione, di documenti entrati, invece, a far parte del giudizio espresso dal giudice di legittimità attraverso una pronuncia di inammissibilità del motivo di ricorso che intendeva veicolarli anche, per inammissibilità derivante – come nella specie – dall’inosservanza del principio di autosufficienza con riferimento a documenti dei quali non era riportato il contenuto.
4. Nella specie, la declaratoria di inammissibilità di alcuni motivi di ricorso effettuata dall’ordinanza di cui si chiede la revocazione, non realizza alcuna divergenza – costituente errore di fatto revocatorio – tra la decisione e le risultanze documentali, proprio in quanto l’ordinanza impugnata ebbe a pronunciare sui predetti motivi compiendo una valutazione ed interpretazione delle risultanze processuali, che hanno dato luogo ad giudizio formatisi sulla base di una valutazione che ha determinato un giudizio.
Di qui, l’impossibilità di configurare l’errore revocatorio nel giudizio espresso dall’ordinanza di legittimità sulla violazione del principio di autosufficienza in ordine ai tre dei motivi di ricorso.
5. Il ricorso per revocazione va, pertanto, dichiarato inammissibile.
6. Per il principio della soccombenza le spese del giudizio di revocazione si pongono a carico della società ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per revocazione.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi 3.800,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.