Corte di Cassazione sentenza n. 32328 depositata il 2 novembre 2022 

IVA – cessione intracomunitarie – prova del trasporto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 529/01/15 del 12/03/2015, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (di seguito CTR) rigettava, a seguito di cassazione con rinvio, l’appello proposto da K. s.r.l. avverso la sentenza n. 143/03/05 della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 1998.

1.1 Come si evince dalla sentenza della CTR, l’avviso di accertamento riguardava un’ipotesi di cessione intracomunitaria, venendo contestata alla società contribuente l’omessa regolarizzazione a fini IVA di alcune fatture erroneamente emesse in esenzione d’imposta in quanto la cedente non aveva fornito la prova dell’uscita delle merci dal territorio dello Stato.

1.1 La CTR motivava il rigetto dell’appello della società contribuente osservando che: a) anche in tema di cessioni intracomunitarie valevano le medesime regole stabilite dall’art. 8 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in materia di onere della prova; b) ne conseguiva l’imponibilità delle cessioni non avendo K. fornito la prova dell’effettiva uscita delle merci dal territorio nazionale.

2. K. s.r.l. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria ex 378 cod. proc. civ.

3. L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) resisteva con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso K. deduce la violazione dell’art. 42, primo e secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 56, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 8 del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. con modif. nella l. 26 aprile 2012, n. 44 e dell’art. 21 septies della l. 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR ritenuto l’inesistenza giuridica dell’originario avviso di accertamento, sottoscritto da funzionario privo di qualifica dirigenziale.

1.1 Il motivo è inammissibile. 

1.2 La questione della inesistenza (rectius nullità) dell’avviso di accertamento sottoscritto da funzionario privo di legittimazione a rappresentare l’Agenzia delle entrate per difetto di adeguata qualifica è stata sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione (come riconosciuto dalla stessa ricorrente) ed è, dunque, preclusa (cfr. n. 15854 del 13/08/2004; Cass. n. 24681 del 21/11/2006; si veda anche Cass. n. 33769 del 19/12/2019), non essendo stato eccepito alcunché né nel corso del giudizio di appello, né nel corso del giudizio di primo grado, a nulla rilevando che detta questione sia sorta solo a seguito di Corte cost. n. 37 del 17/03/2015.

2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e/o falsa applicazione degli 41 e 58, comma 1, del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. con modif. nella l. 29 ottobre 1993, n. 427, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che la società contribuente dovesse fornire la prova del trasporto della merce fuori dal territorio nazionale ai fini di beneficiare della non imponibilità IVA della cessione.

2.1 Con il terzo motivo di ricorso, proposto in via subordinata, si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame delle prove fornite da parte ricorrente e relative al trasporto della merce all’estero.

3. I due motivi possono essere congiuntamente esaminati e vanno disattesi.

3.1 Secondo il costante orientamento della Corte di giustizia, l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il venditore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione (CGUE 27 settembre 2007, in causa C- 409/04, Teleos, punto 42; CGUE 27 settembre 2007, in causa C‑184/05, Twoh International, punto 23; CGUE 7 dicembre 2010, in causa C-285/09, R., punto 41, CGUE 16 dicembre 2010, in causa C‑430/09, Euro Tyre Holding, punto 29; CGUE 6 settembre 2012, in causa C-273/11, Mecsek-Gabona, punto 31; CGUE 9 ottobre 2014, in causa C‑492/13, Traum EOOD, punto 24).

3.1.1 Analogo principio è stato espresso dalla Corte di giustizia in tema di cessioni extracomunitarie (da ultimo, CGUE 17 ottobre 2019, in Causa C-653/18, Unitel) ed è stato recepito dalla recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. 29498 del 24/12/2020; Cass. n. 26062 del 30/12/2015; Cass. n. 4636 del 26/02/2014).

3.1.2 Peraltro, con riferimento alle cessioni intracomunitarie, la Corte di giustizia ha precisato che gli obblighi spettanti a un soggetto passivo in materia di prova (segnatamente con riferimento al trasferimento della merce in altro Stato membro) devono essere determinati in funzione delle condizioni espressamente stabilite a tale riguardo dal diritto nazionale e dalla prassi abituale prevista per analoghe operazioni (CGUE in causa C-273/11, , punto 38; CGUE in causa C-492/13, punto 30).

3.1.3 Sarebbe quindi contrario al principio di certezza del diritto che uno Stato membro, il quale ha stabilito i requisiti ai fini dell’applicazione dell’esenzione dall’IVA di una cessione intracomunitaria ed ha accettato in un primo tempo i documenti presentati dal fornitore in quanto prove giustificative del diritto all’esenzione, possa successivamente obbligare il fornitore medesimo ad assolvere l’IVA relativa a tale cessione allorché consti che, in particolare, a causa di una frode commessa dall’acquirente di cui il fornitore non era e non poteva essere a conoscenza, i beni in questione non abbiano in realtà lasciato il territorio dello Stato membro di cessione (CGUE in causa C-409/04, , punto 50; CGUE in causa C- 492/13, punto 31).

3.1.4 Pertanto, quando non esista alcuna prova tangibile che permetta di ritenere che i beni di cui trattasi siano stati trasferiti al di fuori del territorio dello Stato membro di cessione, non è possibile obbligare il soggetto passivo a fornire una tale prova perché non vi sarebbe garanzia della corretta e semplice applicazione delle esenzioni dall’IVA e si porrebbe il cedente in una situazione di incertezza circa la possibilità di applicare l’esenzione sulla cessione intracomunitaria o circa la necessità di includere l’IVA nel prezzo di vendita (CGUE, in causa C-409/04, , punti 49 e 51, CGUE in causa C-273/11, cit., punto 41; CGUE in causa C-492/13, cit., punto 31).

3.1.5 Peraltro, è la stessa Corte di giustizia a chiarire che le lettere di vettura, così come i documenti equipollenti, possono essere considerate come elemento idoneo a dimostrare che i beni cui si riferiscono siano destinati a essere trasportati o spediti verso un altro Stato membro, ma solo se debitamente compilate con l’indicazione di tutti gli elementi necessari, ivi compresa la data della consegna (CGUE 20 giugno 2018, in causa C-108/17, Enteco Balti).

3.1.6 In ogni caso, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che un operatore agisca in buona fede e adotti tutte le misure che gli si possano ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione tributaria (CGUE, in causa C-409/04, cit., punto 65; CGUE 21 giugno 2012, in cause Mahagében e Dávid, punto 54; CGUE in causa C- 273/11, cit., punto 48).

3.1.7 Anche tali principi sono stati recepiti dalla recente giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato che «In tema di cessioni intracomunitarie, il cedente ha l’onere di dimostrare l’effettività dell’esportazione della merce nel territorio dello Stato nel quale risiede il cessionario o, in mancanza, di fornire adeguata prova della propria buona fede, ossia di aver adottato tutte le misure che si possono ragionevolmente richiedere, per non essere coinvolto in un’evasione fiscale avendo riguardo alle circostanze del caso concreto: ne deriva che, in caso di vendita con clausola “franco fabbrica”, il cedente ha diritto all’esenzione IVA solo ove fornisca la prova documentale rappresentativa dell’effettiva dislocazione della merce nel territorio dello Stato membro di destinazione o di “fatti secondari”, dai quali desumere la presenza delle merci in un territorio diverso dallo Stato di residenza, ovvero, se la documentazione sia in possesso di terzi non collaboranti e non sia acquisibile da altri soggetti, di aver espressamente concordato, nei contratti stipulati con vettore, spedizioniere e cessionario, l’obbligo di consegna del documento e, a fronte dell’altrui inadempimento, di aver esperito ogni utile iniziativa giudiziaria» (Cass. n. 4045 del 12/02/2019).

3.1.7. Si è, inoltre, osservato, in relazione all’onere probatorio che incombe sul cedente, che «il documento di accompagnamento della merce è surrogabile anche con un documento commerciale contenente le stesse informazioni e la sua terza copia (l’esemplare che deve essere rinviato allo speditore per appuramento, cosiddetta copia di ritorno per il cedente) è idonea a comprovare, ai fini del beneficio dell’esenzione IVA, l’effettività del trasferimento della merce in altro Stato membro» (Cass. n. 28831 del 08/11/2019; con riferimento alla prova del trasporto della merce nel territorio di altro Stato membro si vedano anche Cass. n. 7524 del 15/04/2016; Cass. n. 2327 del 02/02/2021; Cass. n. 25587 del 21/09/2021).

3.2 Nel caso di specie, la società ricorrente ha dedotto che: a) non sarebbe esigibile la prova del trasporto della merce oltrefrontiera; b) avrebbe, comunque, fornito tale prova adempiendo a tutti gli adempimenti previsti dalla normativa vigente in materia di operazioni comunitarie (indicazione del codice del cessionario, presentazione degli elenchi INTRA, spedizione della merce al di fuori del territorio comunitario).

3.3 Sotto il primo profilo, come facilmente evincibile dalla disamina dei principi di diritto più sopra evidenziati, permane in capo al cedente l’onere di provare il trasporto della merce al di fuori del territorio dello Stato nel rispetto della disposizioni di diritto interno; e, nella specie, il ricorrente non ha nemmeno dedotto che tale onere probatorio non sia esigibile in concreto, anche in ragione della mancata collaborazione di soggetti terzi (cessionario o spedizioniere), a ciò specificamente tenuti dalle pattuizioni contrattuali.

3.3.1 In altri termini, il cedente non è, in astratto, esentato dall’obbligo di dimostrare l’avvenuto trasporto della merce oltre frontiera ma, in mancanza, deve provare che, con riferimento alle specifiche circostanze del caso concreto e alle regole di diritto interno, l’assolvimento di tale onere non sia esigibile, avendo fatto tutto quanto necessario per dimostrare la regolarità dell’operazione (e, del resto, le sentenze della Corte di giustizia fanno riferimento a situazioni concrete, che riguardano il diritto interno dei singoli Stati membri).

3.3.2 In mancanza, al cedente non resta che provare la sua buona fede in ordine alla frode IVA eventualmente perpetrata dal cessionario; buona fede che, in ipotesi, è stata unicamente allegata, senza l’indicazione specifica di elementi concreti dai quali la stessa possa emergere.

3.3 Deve, quindi, concludersi per la infondatezza del secondo motivo.

3.4 Sotto il secondo profilo – a parte ogni questione concernente la effettiva sussistenza sul punto di una doppia conforme di merito (con conseguente inammissibilità della censura motivazionale: S.U. nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014), cui fa riferimento il Procuratore generale –, il fatto cui si riferiscono gli elementi indicati dal ricorrente è stato, sia pure sinteticamente, valutato dalla CTR, che ha escluso la sussistenza della prova del trasferimento della merce oltre frontiera; del resto spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004).

3.4.1 Ne consegue che il terzo motivo è inammissibile, in quanto si denuncia surrettiziamente una insufficiente motivazione della sentenza impugnata, non più censurabile ai sensi della nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 8053 del 2014, cit.; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018).

4. In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 24.674,24.

4.1 Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 3.500,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.