Corte di Cassazione sentenza n. 32778 depositata l’ 8 novembre 2022
ricorso per revocazione
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
1. Con l’ordinanza impugnata questa Corte rigettava i motivi del ricorso proposto dall’ente F.M. sas avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania 5423/2018, argomentando che la stessa CTR aveva rilevato la mancanza sulla copia dell’atto consegnato all’addetto dell’ente locale della sottoscrizione dell’impiegato, ritenendo inidonea ai fini della legittimità della notificazione diretta, la sola dicitura a timbro imposto dall’ente locale; assumendo la Corte che, nel lamentare la violazione di legge, la ricorrente in realtà intendeva offrire una ricostruzione dei fatti diversa da quella effettuata dal giudicante, il che le avrebbe imposto, per il principio di autosufficienza, l’onere di trascrivere il testo integrale del documento o di allegarlo al fine di consentire il vaglio di decisività; onere non assolto.
La Corte respingeva altresì le altre due censure reputandole inammissibili.
La seconda relativa alla mancanza del nome del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo, sempre per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente prodotto o trascritto la cartella, al fine di consentire l’accertamento della carente sottoscrizione.
La terza, anch’essa ritenuta inammissibile, in quanto prospettava questioni di cui non vi era alcun riferimento nella sentenza impugnata e rispetto alle quali la ricorrente aveva omesso – per il principio di autosufficienza- di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò era avvenuto, giacchè i motivi del ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum.
Per la revocazione di tale ordinanza ricorre la società F.M. deducendo un un doppio “decisivo ” errore di fatto ai sensi dell’art. 395, comma 1, n.4, c.p.c..
Resistono con controricorso sia l’ente comunale che l’Agenzia delle entrate Riscossione.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
ESPOSIZIONE DELEL RAGIONI DI DIRITTO
2. La ricorrente deduce che la Corte sia incorsa in una svista laddove ha rilevato la mancanza di sottoscrizione dell’addetto alla ricezione sotto la dicitura a timbro dell’ente comunale, ancorchè essa avesse a pagina 2 del ricorso eccepito la presenza della sottoscrizione dell’addetto comunale.
Aggiunge poi che la Corte è incorsa in altro decisivo errore di fatto, laddove ha ritenuto esistente la sottoscrizione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo che deve essere presente a pena di nullità ai sensi della l. n. 31/08, applicabile alle cartelle i cui ruoli siano stati consegnati al concessionario a decorrere dall’1.06.2008.
3. La cartella reca – secondo l’assunto della società contribuente – solo il nome del responsabile dell’emissione e della notificazione della cartella, rinviando al responsabile del procedimento dell’iscrizione a ruolo la correttezza di quanto contenuto nel ruolo stesso.
4. La giurisprudenza della Corte è consolidata nell’affermare che l’errore rilevante ex 395, n.4, cod. proc. civ. consiste nell’ erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, a condizione che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la pronuncia contestata abbia statuito. Muovendo da detta premessa si è evidenziato che: l’errore non può riguardare l’attività interpretativa e valutativa; deve avere i caratteri della assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo nel senso che tra la percezione erronea e la decisione emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia sarebbe stata sicuramente diversa; deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di . cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte, poiché l’errore che inficia il contenuto della decisione impugnata in cassazione deve essere fatto valere con le impugnazioni esperibili avverso la sentenza di merito ( Cass. 5.7.2004 n.12283; Cass. 20.2.2006 n. 3652; Cass. 9.5.2007 n. 10637; Cass. 26.2.2008 n. 5075; Cass. 29.10.2010 n. 22171; Cass. 15.12.2011 n.27094; n. 29143/2018).
Ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391, bis, cod. proc. civ., rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi; pertanto, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice. Nè la disposizione citata, così letteralmente interpretata, viola gli art. 3 e 24 della Costituzione, proprio perché è regola generale dell’ordinamento, basata sul principio di certezza giuridica, che una volta che siano stati percorsi tutti i gradi e le fasi del processo, nei quali sono stati esaminati i fatti dedotti dalle parti e le ragioni poste a fondamento, e una volta, quindi, che siano stati esperiti tutti i possibili rimedi apprestati dalla legge, la decisione finale emessa in sede di legittimità è destinata a passare in giudicato, in senso sia formale che sostanziale, senza possibilità – a parte i casi eccezionali previsti dagli art. 395 e 404 cod. proc. civ. – che la stessa sia rimessa in discussione. (sez. L, Sentenza n. 14840 del 16/11/2000; sez. 1, Sentenza n. 27094 del 15/12/2011; n.9527/2019).
4.1 In continuità con la giurisprudenza di questa Corte, deve ribadirsi che “l’istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395, n. 4, c.p., che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato“. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione( Cass. n. 442/2018, Rv. 646689 – 01); n11202 del 2017 Rv. 644164 – 01, N. 14937 del 2017 Rv. 644594 – 01, N. 8615 del 2017 Rv. 643949 – 01, N. 20635 del 2017 Rv. 645048 – 01, N. 3200 del 2017 Rv. 643866 – 01).
5. Nel caso in esame tutti i motivi che hanno formato oggetto di domanda di revocazione, nessuno escluso, attengono a fatti controversi oggetto di discussione tra le parti in relazione ai quali la Corte di Cassazione nella sentenza impugnata ha già esaminato le questioni e le diverse prospettazioni delle parti individuando le norme di diritto applicabili e pronunciandosi con le sue valutazioni sulle tesi ritenute
5.1 In particolare, la ricorrente ripropone il primo motivo di ricorso per sono stati esaminati i fatti dedotti dalle parti e le ragioni poste a fondamento, e cassazione senza confrontarsi con il decisum della sentenza impugnata, fondata da una parte sull’accertamento di fatto operato dalla Regionale che dava atto dell’assenza della sottoscrizione dell’addetto alla ricezione sulla dicitura a timbro del Comune, applicando correttamente il principio di diritto al caso in esame, e dall’altra evidenziando che, nel denunciare la violazione di legge, la società, censurando l’omessa valutazione delle prove, aveva l’onere, non assolto, di trascrivere il testo integrale del documento ( ricorso in appello ) o allegarlo, in virtù del principio di autosufficienza.
5.2 Rispetto a detta ultima ratio decidendi ( difetto di specificità del ricorso), la ricorrente non ha dedotto alcunchè: né di aver trascritto l’atto né di averlo allegato indicandolo nel ricorso per cassazione, limitandosi a insistere sulla bontà del suo assunto.
Nel giudizio di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, ove si deduca che l’errore di fatto in cui è incorso il giudice sia consistito nell’avere negato l’esistenza di un documento o di un elemento di esso, l’onere di provare che quell’atto era stato depositato unitamente al ricorso, o comunque prima dell’udienza di discussione, grava sull’originario ricorrente; ne consegue che se questi omette di dedurre detta circostanza si deve ritenere che l’atto non fosse stato depositato ed indicato nel ricorso (Cass. n. 24335/2018).
6. Analogamente la ricorrente non si confronta con le rationes decidendi della sentenza oggetto di revocazione, laddove prospetta la seconda doglianza del ricorso.
6.1 La Corte con ordinanza n. 10317/20 non solo evidenzia – rispetto alla seconda censura – ancora una volta il difetto di autosufficienza del ricorso per cassazione, privo della trascrizione della cartella la cui legittimità è messa in discussione ( cartella che non risulta neppure allegata al ricorso per cassazione), ma fonda la reiezione anche su altra e diversa ratio decidendi, secondo la quale il contribuente ha l’onere, nel lamentare violazioni formali, di prospettare in che modo dette violazioni abbiano inciso realmente in negativo sulla sua sfera giuridica; statuizione non attinta affatto dalle censure della contribuente.
7. Anche gli ultimi due motivi sono stati già valutati e considerati nella sentenza censurata laddove la Corte ha ritenuto infondate le censure già puntualmente esaminate e respinte (inammissibilità appello e presenza del nome del responsabile del procedimento).
Pertanto il ricorso proposto altro non è che un tentativo di riproporre sotto forma di revocazione i motivi di ricorso già esaminati nella sentenza di merito e respinti dalla Corte.
Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile e condannata la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente Comune, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; nonché in favore dell’Agenzia – Riscossione – difesa dall’avvocatura- in euro 3. 500,00 per compensi.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del-2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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