Corte di Cassazione sentenza n. 32904 depositata l’ 8 novembre 2022
il socio illimitatamente responsabile è obbligato, per i debiti sociali, in via sussidiaria, ma al pari della società – l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non è di ostacolo alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 se dall’articolazione del motivo é chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato – le regole sull’impugnazione tardiva, sia ai sensi dell’art. 334 c.p.c., che in base al combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c., operano esclusivamente per il ricorso incidentale in senso stretto
FATTI DI CAUSA
La CTP di Treviso, con sentenza n. 11/5/12, aveva accolto i ricorsi riuniti proposti da C.M. contro ruolo e cartelle di pagamento, a seguito di controlli automatizzati ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972 sulle dichiarazioni per gli anni 1999, 2000 e 2001, relativi a debiti dichiarati e non versati dalla società in nome collettivo ACIEM di C.M. Danilo e f.lli snc, di cui il C.M. era stato socio sino al 10.5.2002.
I primi giudici avevano osservato la tardività della notifica della cartella al C.M. rispetto ai termini di cui all’art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973 con conseguente decadenza, stante l’inapplicabilità dell’art. 1310 c.c. in materia di prescrizione, nonché la mancata notifica al C.M. degli atti presupposti restando così pregiudicato il suo diritto di difesa. Avverso questa sentenza hanno proposto appello tanto Equitalia Nord quanto l’Agenzia delle Entrate.
La CTR del Veneto con la sentenza impugnata ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate e ha rigettato l’appello, osservando che la notifica delle cartelle di pagamento al socio era stata eseguita senza rispetto di alcun termine di decadenza, che non rilevava la notifica alla società, essendo inapplicabile l’art. 1310 c.c. e che, in ogni caso, non era stato provato che Equitalia Nord spa avesse preventivamente escusso il patrimonio della società.
Propone ricorso per cassazione Equitalia Nord affidato a tre motivi e ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate affidato a due motivi.
Il C.M. resiste con controricorsi ad entrambi i ricorsi. Equitalia ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ricorso principale.
1. Con il primo motivo Equitalia Nord deduce, ex 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli «artt. 1 comma 5 bis del d.l. n. 106/2005; 19 comma 3 del d.lgs. 546/1992; 2966, 2290, 2991, 2304 e 1310 c.c.». Secondo la ricorrente, erroneamente la sentenza, pronunciando la decadenza, ha richiesto la notificazione delle cartelle di pagamento al socio, adempimento che invece – notificate le cartelle alla società che non le aveva impugnate e tentata l’escussione del patrimonio sociale – non era affatto necessario, perché l’Agente della riscossione avrebbe potuto procedere contro di esso anche mediante la notificazione di una intimazione di pagamento o qualunque altro atto prodromico all’avvio dell’esecuzione forzata.
In subordine, deduce, con il secondo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. (rectius n. 3) in relazione all’art. 1310 c.c. dovendo ritenersi applicabile la norma citata anche in materia di decadenza con la conseguenza che la notifica della cartella di pagamento alla società impediva la decadenza nei confronti del socio coobbligato.
1.1 Il controricorrente eccepisce che la notifica delle cartelle, effettuata nei suoi confronti nel 2011, era comunque tardiva rispetto ai termini transitori previsti dall’art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 1 del D.L. n. 106 del 2005, conv. con l. n. 156 del 2005, a seguito della sentenza n. 280 del 2005 della Corte cost., applicabili anche con riguardo alle dichiarazioni presentate negli anni precedenti.
2. Il primo motivo è fondato e il secondo resta assorbito.
2.1 E’ noto che nei confronti dell’ente creditore il socio illimitatamente responsabile è obbligato, per i debiti sociali, in via sussidiaria, ma al pari della società (Cass., sez. un., n. 3022/2015) e pure se sia receduto, in base all’art. 2290 c.c. (Cass. n. 27189/2014 e n. 6020/2020) L’esistenza dell’obbligo della società è costitutiva dell’obbligo del socio illimitatamente responsabile e, sebbene diverso per causa, quest’obbligo concerne il medesimo oggetto, ossia il debito d’imposta. Soggetto passivo del tributo, comunque, è la società ed è rispetto ad essa che va accertato che il tributo è dovuto, ai fini della formazione del titolo esecutivo, ossia del ruolo (art. 49, comma 1, del d.P.R. n. 602/73) (Cass. sez. un. n. 28709/2020).
È quindi sufficiente notificare ai soci illimitatamente responsabili la cartella di pagamento (Cass. n. 15966/16) o anche soltanto l’avviso di mora e, oggi, l’intimazione di pagamento (Cass. n. 618/2006, n. 11228/2007; n. 20704/2014, n. 25765/14, n. 6531/2018), atti giuridicamente dipendenti dal ruolo già formatosi nei confronti del soggetto passivo d’imposta (Cass., sez. un., n. 28709/2020, Cass. n. 19704/2015).
L’ente creditore, infatti, agisce per mezzo dell’agente della riscossione, azionando un titolo, ossia il ruolo, che si è formato nei confronti del proprio debitore d’imposta, cioè dell’obbligato in via principale, ma è pur sempre quel titolo che diviene riferibile ai coobbligati in via sussidiaria, anche se in base a presupposti distinti.
In questo quadro non ricorre alcun deficit di tutela perché tramite l’impugnazione dell’atto notificatogli il socio contesta il diritto di procedere all’esecuzione con riferimento a quel titolo. Egli può lamentare non soltanto l’inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo formatosi nei confronti della società, ma anche l’inesistenza originaria o sopravvenuta del credito in esso consacrato, ossia della pretesa tributaria, per inesistenza dei fatti costitutivi o per esistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi, oltre a contestare il fondamento della responsabilità, cioè la propria qualità di socio (Cass. sez. un. n. 28709/2020).
2.2 Sempre secondo consolidato orientamento di questa Corte, «La tempestiva notifica della cartella di pagamento nei confronti di uno dei condebitori, sebbene inidonea a pregiudicare le posizioni soggettive degli altri obbligati in solido, impedisce che si produca nei confronti degli stessi la decadenza di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973» (Cass. n. 2545/18; Cass. n. 7591/20; n. 17524/21; n. 17738/21; n. 18096/21; n. 18345/21; n. 20766/21; n. 26346/21; n. 26352/21). .-
La notificazione della cartella al debitore principale (in questo caso la società), quindi, espande i propri effetti al coobbligato (il socio), escludendo la decadenza, di modo che da quel momento inizia a decorrere, anche per il coobbligato, il termine prescrizionale applicabile e non c’è bisogno, ad avviso di questa Corte, di far leva sull’art. 1310 c.c., poiché la regola emerge già dal tenore dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/73.
Stabilisce, infatti, la norma che «il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza».
Il legislatore usa il plurale riferendosi ai soggetti nei confronti dei quali procede e considerando, quindi, entrambi come destinatari del procedimento; usa poi la disgiuntiva, che segna l’alternatività, quando fissa l’onere di notificare la cartella: il che significa che, quando procede nei confronti del debitore iscritto a ruolo e del coobbligato, l’agente per la riscossione può notificare la cartella di pagamento all’uno o all’altro, assolvendo così l’onere ed evitando la decadenza.
2.3 Questa lettura dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/73 consente, inoltre, di rispettare il beneficium excussionis spettante al socio, che assai difficilmente potrebbe essere osservato se l’agente per la riscossione dovesse procedere a notificare la cartella alla società e al socio nel medesimo termine.
Le sezioni unite di questa Corte hanno difatti stabilito che, in tema di riscossione ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi, il socio può impugnare la cartella notificatagli eccependo, tra l’altro, la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale (Cass., sez. un., n. 28709/20).
2.4 Per altro verso, sostenere che l’agente per la riscossione sia tenuto a notificare entro il termine previsto dall’art. 25 la cartella sia al debitore iscritto a ruolo, sia al coobbligato, equivarrebbe ad assegnare alla cartella di pagamento notificata al coobbligato titolare del beneficium excussionis una funzione meramente cautelativa, volta a preservare l’azione soltanto eventualmente da intraprendere contro di lui, in caso di accertata incapienza del debitore principale, in esito all’escussione inutilmente intrapresa.
Il che non si concilia con la natura della cartella di pagamento, che assolve la funzione di precetto di pagamento, oltre a propiziare l’instaurazione di un giudizio scaturente dall’impugnazione di quella cartella, che può rivelarsi addirittura inutile qualora si accerti la capienza del debitore iscritto a ruolo, che escluda la responsabilità sussidiaria del coobbligato.
3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. dell’art. 2304 c.c. perché il mancato esperimento dell’escussione del patrimonio sociale non impedisce la notifica della cartella da parte dell’Agente della riscossione che, nel caso di specie, aveva comunque tentato il pignoramento presso la sede della società.
Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del motivo che, in quanto attinente alla motivazione della sentenza, si sarebbe dovuto dedurre ai sensi del n. 5 dell’art. 360 comma 1 c.p.c.
3.1 Premesso che l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non è di ostacolo alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c. né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo, come in questo caso, é chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. n. 26310/2017 e Cass. n. 4036/2014), la doglianza deve essere scrutinata alla luce dell’orientamento recentemente espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, sopra citata (punto 2.3.), che ammette la possibilità per il socio di «impugnare la cartella notificatagli eccependo (tra l’altro) la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale. In tal caso, se si tratta di società semplice (o irregolare) incombe sul socio l’onere di provare che il creditore possa soddisfarsi in tutto o in parte sul patrimonio sociale; se si tratta, invece, di società in nome collettivo, in accomandita semplice o per azioni, è l’amministrazione creditrice a dover provare l’insufficienza totale o parziale del patrimonio sociale (a meno che non risulti aliunde dimostrata in modo certo l’insufficienza del patrimonio sociale per la realizzazione anche parziale del credito, come, ad esempio, in caso in cui la società sia cancellata). Ne consegue che, se l’amministrazione prova la totale incapienza patrimoniale, il ricorso andrà` respinto; se, invece, il coobbligato beneficiato prova la sufficienza del patrimonio, il ricorso andrà accolto. Se la prova della capienza è parziale, il ricorso sarà accolto negli stessi limiti. Se nessuna prova si riesce a dare, l’applicazione della regola suppletiva posta dall’art. 2697 c.c. comporterà che il ricorso sarà accolto o respinto, a seconda che l’onere della prova gravi sul creditore, oppure sul coobbligato sussidiario» (Cass. sez. un. n. 28709/2020).
Chiariscono in motivazione le Sezioni Unite che «Anzitutto, non si configura alcuna impossibilità di notificare al coobbligato sussidiario la cartella prima dell’escussione dei beni dell’obbligato principale. È pur sempre il coobbligato beneficiato che deve far valere il beneficio (addirittura provvedendo, qualora si applichi l’art. 2268 c.c., a indicare i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi), al fine d’impedire che inizi l’esecuzione vera e propria, oppure di bloccarla dopo che sia iniziata. Si rivela, allora, eccessivo l’orientamento minoritario, là dove sostiene che l’escussione del patrimonio sociale debba comunque precedere la notificazione della cartella al socio, la quale, altrimenti, sarebbe nulla ab origine. La violazione del beneficium excussionis non configura difatti un vizio proprio della cartella, perché la relativa deduzione è eccezione che va a integrare autonoma causa petendí d’impugnazione appartenente al perimetro dell’opposizione all’esecuzione» (Cass. sez. un. n. 28709 del 2020, punto 16.1).
Tutto ciò significa, da un lato, che l’eccezione del beneficium excussionis può essere sollevata sin dalla notifica della cartella di pagamento ma, dall’altro, che l’eccezione deve essere respinta se l’Amministrazione prova comunque l’incapienza del patrimonio sociale. In ogni caso, la cartella di pagamento non è viziata per il solo fatto della sua notifica in mancanza della preventiva escussione del patrimonio sociale.
La sentenza, che si è limita ad osservare che la ricorrente non aveva provato di aver preventivamente escusso il patrimonio della società, non soltanto difetta sotto il profilo della motivazione e dell’accertamento in fatto, avendo trascurato il tentativo di pignoramento presso la sede della società (che aveva avuto esito negativo perché l’Ufficiale Giudiziario aveva accertato l’inesistenza della debitrice presso quella sede occupata da altra società), ma è erronea in diritto, sulla scorta di quanto sopra osservato, avendo condizionato la validità della cartella di pagamento all’onere della escussione del patrimonio sociale, mentre avrebbe dovuto valutare se gli elementi dedotti fossero sufficienti a dimostrare l’incapienza (in tutto o in parte) del patrimonio sociale.
Il motivo, quindi, va accolto.
Ricorso incidentale
4. Con il primo motivo l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1310 c.c. perché erroneamente si era fatto riferimento alla notifica delle cartelle al socio anziché alla società per verificare il rispetto del termine di decadenza.
Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2304 c.c. laddove la CTR aveva ritenuto non provato che Equitalia Nord avesse tempestivamente escusso il patrimonio della società in quanto la notifica della cartella di pagamento non rappresenta un atto esecutivo.
5. I motivi coincidono sostanzialmente con quelli proposti da Equitalia e si tratta, con ogni evidenza, di ricorso incidentale adesivo.
Esso è tardivo rispetto ai termini ordinari di impugnazione in quanto, depositata la sentenza il 30.4.2013, l’Agenzia ha provveduto alla notifica del controricorso contenente il ricorso incidentale soltanto il 28.1.2014, quindi oltre il termine lungo di sei mesi dalla pubblicazione (conteggiato pure il termine feriale di quarantasei giorni), previsto dall’art. 327 c.p.c. (come modificato dall’art. 47 della l. n. 69 del 2009), richiamato dall’art. 38 comma 3 d.lgs. n. 546 del 1992 e applicabile al caso di specie in mancanza di notifica della sentenza.
Questo ricorso incidentale è, per ciò, inammissibile in quanto, secondo giurisprudenza di questa Corte, le regole sull’impugnazione tardiva, sia ai sensi dell’art. 334 c.p.c., che in base al combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c., operano esclusivamente per il ricorso incidentale in senso stretto, cioè proveniente dalla parte contro cui è stata proposta l’impugnazione principale, e non anche per quello che abbia contenuto adesivo al ricorso principale – neppure ove contenga censure aggiuntive rispetto a quest’ultimo – che va proposto, a pena di inammissibilità, nel termine ordinario di impugnazione (ultimamente, Cass. n. 41254/2021; Cass. n. 17614/2020), ciò in quanto l’interesse alla sua proposizione non è sorto per effetto dell’impugnazione principale ma già sussisteva in conseguenza dell’emanazione della sentenza (Cass. n. 12387/2016 e Cass. n. 6156/2018).
Il ricorso, quindi, doveva essere proposto nei termini ordinari di impugnazione, senza possibilità di usufruire dei termini previsti dall’art. 334 cod. proc. civ. per l’impugnazione incidentale tardiva (Cass. n. 10367/2004, Cass. n. 6807/2007, Cass. n. 7049/2007, Cass. n. 1120/2014 e Cass. n. 20040/2015); ragionando diversamente si consentirebbe alla parte di «recuperare», mediante il ricorso incidentale tardivo, la possibilità di effettuare un’impugnazione il cui interesse era già presente al momento della pubblicazione della sentenza.
6. Conclusivamente, accolto il primo e terzo motivo, assorbito il secondo, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale dell’Agenzia, la sentenza deve essere cassata con riferimento ai motivi accolti e deve disporsi il rinvio alla CTR del Veneto in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
p.q.m.
accoglie il primo e terzo motivo di ricorso principale di Equitalia, assorbito il secondo, dichiara inammissibile il ricorso incidentale dell’Agenzia, cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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