Corte di Cassazione sentenza n. 3292 depositata il 12 febbraio 2018
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 1°/6/2016 il Tribunale di Avellino, in accoglimento del gravame interposto dalla società PI s.p.a. e in conseguente riforma della pronunzia -su riuniti giudizi- G. di P. Avellino n. 522 del 2014, ha rigettato la domanda nei confronti della medesima proposta dal sig. MI di indennizzo per il ritardo nella consegna dell’avviso di ricevimento relativo alla notifica effettuata a mezzo posta di atti giudiziari, richiesta nella sua qualità di avvocato.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’MI propone ora ricorso per cassazione affidato ad unico motivo. Resiste con controricorso la società PI s.p.a., che spiega altresì ricorso incidentale condizionato sulla base di 2 motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo il ricorrente principale denunzia «violazione» del decreto legislativo n. 259 del primo agosto 2003 c.d. «codice delle comunicazioni elettroniche» in relazione all’art. 360, 10 co. n. 3, c.p.c. Si duole che la corte di merito abbia posto alla base dell’impugnata pronunzia l’«erroneo presupposto del difetto di legittimazione passiva di PI s.p.a.», laddove «il contratto posto in essere tra Ufficio N.E.P. e PI s.p.a.» è un «contratto a favore di terzo».
Lamenta avere la corte di merito considerato applicabile la L. n. 890 del 1982, che esclude la corresponsione di indennizzo in caso di mancato o ritardato recapito dell’avviso di ricevimento, essendo viceversa nella specie ratione temporis applicabile il d.lgs. n. 259 del 2003.
Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata si è conformata a diversi e concordanti precedenti di legittimità ( v. Cass., 9/2/2015, n. 2363 ) come è ben chiaro al ricorrente, che espressamente li richiama, senza peraltro introdurre alcuna valida argomentazione idonea a giustificare l’adozione di una diversa soluzione della questione.
L’eccezione di legittimazione passiva, sollevata dall’attuale ricorrente, resistente nel giudizio di merito, è stata correttamente accolta nell’impugnata sentenza. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’agente postale è un ausiliario dell’ufficiale giudiziario ( v. Cass., 18/2/2015, n. 3263 ).
Tale principio è stato esplicitamente confermato da Corte Cost. n. 477 del 2002, ed è stato poi esteso dalla stessa Corte a tutte le forme di notificazione, a mezzo posta e non, con sentenza Corte Cost. n. 28 del 2004. Nel dichiarare l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4, 3 0 co., L. n. 890 del 1982 (notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona -per il notificante- alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, la Corte Costituzionale ha affermato appunto che gli effetti della notificazione a mezzo posta devono essere ricollegati -per quanto riguarda il notificante- al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari -quale appunto l’agente postale- sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo. Tale principio corrisponde ormai ad un consolidato orientamento giurisprudenziale ( v. Cass., 2/9/2004, n. 17714; Cass., 14/7/2004, n. 13065 ).
Per quanto attiene al rapporto obbligatorio, questo si istaura tra il richiedente la notificazione e l’ufficiale giudiziario, mentre l’agente postale è un semplice ausiliario cui può -anzi deve in caso di notificazione da eseguirsi fuori del Comune ove ha sede l’ufficio- far ricorso l’ufficiale giudiziario incaricato della notificazione.
La L. n. 890 del 1982 prevede infatti che l’ufficiale giudiziario possa avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti; che debba procurarsi buste ed avvisi di ricevimento per effettuare le notificazioni a mezzo posta; che debba presentare all’ufficio postale la copia dell’atto da notificare e debba conservare la ricevuta di spedizione.
Risulta pertanto evidente che tra l’ufficiale giudiziario e l’agente postale intercorre un rapporto obbligatorio sulla cui base l’agente, in qualità di ausiliario, adempie al suo incarico, ed è all’ufficiale giudiziario che l’agente postale deve rispondere.
L’art. 6 L. n. 890 del 1982 conferma l’indicata ricostruzione, in quanto prevede che il pagamento della indennità per lo smarrimento dei pieghi “è effettuato all’ufficiale giudiziario”, il quale ne corrisponde l’importo “alla parte che ha richiesto la notificazione dell’atto, facendosene rilasciare ricevuta”.
Nei confronti dei terzi ( tra i quali è compreso, ovviamente, il richiedente la notificazione ), in caso di ritardo nella spedizione o nel recapito dell’atto notificato a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 1228 c.c. risponde solo l’ufficiale giudiziario che dell’agente postale si è avvalso quale ausiliario.
In sostanza, la chiara dizione contenuta nelle norme di cui alla l. n. 890 del 1982 consente di dare questa spiegazione: il servizio di notificazione si basa su di un mandato ex lege tra l’avvocato che richiede la notificazione e l’Ufficio notifiche che presta il servizio.
Risulta a tale stregua giustificato che il pagamento del servizio di notifica avvenga a mani dell’ufficiale giudiziario che la responsabilità di effettuare la notificazione ha assunto nei confronti del notificante.
Correttamente, quindi, il giudice del merito ha riconosciuto il difetto di titolarità passiva del rapporto in capo all’odierna contro ricorrente. L’esame del ricorso incidentale condizionato rimane assorbito in ragione del rigetto di quello principale. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito l’incidentale condizionato. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 1.100,00, di cui euro 900,00 per onorari, oltre a spese a generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente società PI s.p.a. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
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