Corte di Cassazione sentenza n. 33083 depositata il 9 novembre 2022
motivazione apparente – redazione per relationem della sentenza d’appello
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate emise nei confronti della G.C. s.r.l. avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2007, con il quale accertò le maggiori imposte Ires, Irap ed Iva, in ragione di tre rilievi:
il primo, relativo al difetto di inerenza di spese – che l’Ufficio riteneva dedotte ai fini Ires ed Irap, oltre alla relativa Iva indebitamente posta in detrazione- derivanti da fatture per materiale edile, considerate incongrue, sotto il profilo temporale, con lo stato di avanzamento del cantiere corrispondente alla data del loro sostenimento, quindi verosimilmente sostenute altrove;
il secondo, relativo all’indeducibilità di spese per operazioni inesistenti – che l’Ufficio riteneva dedotte ai fini Ires ed Irap, oltre alla relativa Iva indebitamente posta in detrazione- derivanti dalle fatture emesse dalla Art Service s.r.l., considerata una mera cartiera;
il terzo, relativo ad una fattura, rivenuta nel corso della pregressa attività di polizia giudiziaria presso la stessa Art Service s.r.l., considerata emessa dalla G.C. s.r.l., dalla quale sarebbe derivato l’omesso versamento della corrispondente Iva.
In conseguenza dell’accertamento nei confronti della società, l’Agenzia emise l’ulteriore avviso di accertamento nei confronti del socio Giorgio Cosentino – detentore della partecipazione qualificata al 95% della G.C. s.r.l.- cui imputò ai fini dell’Irpef, per il periodo di imposta 2007, in considerazione della ristretta base sociale della società, il reddito occulto di capitale percepito, quale socio, in proporzione al maggior reddito societario accertato.
Infine, l’Ufficio emise, nei confronti della stessa s.r.l., l’avviso di accertamento, relativo al medesimo periodo di imposta 2007, con il quale, in considerazione della ristretta base sociale, contestò alla società la mancata effettuazione ed il mancato versamento della ritenuta a titolo di imposta sul reddito di capitale occulto corrisposto all’altro socio, detentore di partecipazione non qualificata nella misura del 5%, in proporzione al maggior reddito societario accertato.
Avverso tutti tali atti impositivi, la società e Giorgio Cosentino in proprio proposero distinti ricorsi. L’adita Commissione tributaria provinciale di Bari, riuniti i ricorsi, li accolse parzialmente, relativamente:
alla ripresa dei costi ritenuti inesistenti, che ritenne infondata ai soli fini Ires ed Irap, in quanto «Le fatture di acquisto emesse dalla Art Service sono per operazioni inesistenti, e come tali vanno interamente recuperati, però non dai componenti negativi di reddito, ma dai beni strumentali poiché così erano appostati in contabilità»;
alla ripresa per operazioni inesistenti relativa alla fattura della ricorrente rinvenuta presso la Art Service s.r.l., ai soli fini Ires ed Irap, poiché «l’ammontare ivi descritto non rientra tra i ricavi, non essendosi stata alcuna vendita effettiva di merce»;
agli accertamenti conseguenti, nei confronti della società per le ritenute e per il socio, confermati limitatamente all’importo di ognuno rideterminato in considerazione del fatto che «il maggior utile si limita solo alla rettifica di costi non inerenti pari a € 10.685,80».
Avverso tale sentenza, G.C. s.r.l. e Giorgio Costantino hanno proposto appello, che la Commissione tributaria regionale della Puglia ha rigettato integralmente con la sentenza di cui all’epigrafe.
Avverso la sentenza d’appello, i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
L’Amministrazione si è costituita con controricorso. La ricorrente ha prodotto memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, i contribuenti deducono « 1. Nullità della sentenza ai sensi degli artt. 112 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/1992 nonché 24 e 111 Cost., per motivazione apparente, in relazione alla decisione assunta dalla CTR sulla inesistenza delle fatture emesse dalla Art Service alla G.C.», fondandosi sulla mera adesione alle conclusioni delle indagini di P.G. di cui al procedimento penale n. 6263/2006 RGNR md. 21 e alla relativa perizia richiesta dal P.M., non individuando alcuna specifica e concreta circostanza di fatto idonea a giustificare il recupero integrale dell’Iva in questione e richiamando piuttosto circostanze non pertinenti alla contestazione in esame (riguardando altri rilievi) ovvero contraddittorie e perplesse.
2. Con il secondo motivo, i contribuenti deducono « Nullità della sentenza per violazione degli 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., c. I, n. 4, c.p.c.) », assumendo che la sentenza impugnata ha ritenuto inesistenti le operazioni fatturate dalla Art Service alla Gio.Co, in ragione della prova costituita dall’esito delle indagini penali confluite nella «Informativa n. 14666/0.A.I.C/00.MM. del 10/07/2006», tuttavia mai prodotta in giudizio, «come risulta obiettivamente dal fascicolo della controversia in esame nonché dalla risposta rilasciata in data 20 gennaio 2020 dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale ha certificato che la suddetta informativa «richiamata in sentenza dal giudice Relatore, non risulta agli atti».
3. Con il terzo, subordinato, motivo, i contribuenti deducono « Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., 39 e 40 del d.p.r. n. 600/1973, 6 CEDU, 4 del settimo protocollo aggiuntivo CEDU e 117 (art. 360, c. I, n. 3 c.p.c.)», sostenendo, sempre con riferimento alle operazioni fatturate dalla Art Service s.r.l. alla G.C. s.r.l., che la sentenza impugnata ha ritenuto inesistenti le operazioni contestate in accoglimento della tesi erariale, senza tuttavia vagliare in alcun modo gli elementi di prova prodotti dai ricorrenti, sia singolarmente che nella loro interezza e sintesi.
3.1 Il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo e del terzo (quest’ultimo, peraltro, formulato in via subordinata al mancato accoglimento dei precedenti).
Invero, nel determinare l’effettivo ambito complessivo della censura di mera apparenza rivolta dai contribuenti all’intera motivazione della sentenza impugnata, deve darsi atto che i ricorrenti, già nella premessa (pag. 16 s. del ricorso) alle censure poi ulteriormente dettagliate ed integrate nell’elaborazione ripartita dei singoli motivi, hanno specificamente denunciato che la sentenza impugnata « trincerandosi dietro una motivazione apparente sul merito, ha sostanzialmente omesso ogni esame del fondamento dei sottostanti motivi di appello», atteso che «ha rigettato l’appello trascrivendo pedissequamente (finanche dei medesimi refusi in esso contenuti e con qualche “salto” tale da non consentire talvolta di collegare quanto statuito al relativo oggetto) l’atto di controdeduzioni dell’ADE e (per la parte relativa alla sentenza di assoluzione) la memoria di replica al deposito documentale del 31.08.18, ed ignorando completamente i motivi d’appello […]».
Altrettanto puntualmente, a mera conferma dell’avvenuta denunzia nel ricorso della natura apparente della motivazione tutta della sentenza impugnata, la memoria prodotta dalla contribuente illustra la denunziata patologia con una parallela ricostruzione, sostanzialmente integrale, della parte motiva della decisione d’appello e delle controdeduzioni e della memoria illustrativa dell’Ufficio, al fine di evidenziarne la coincidenza materiale. A commento della quale, nella stessa memoria, con riferimento alle pur numerose pagine della sentenza «dedicate al fatto ed al diritto […] sostanzialmente “vuote”, prive cioè di un reale “specifico” contenuto motivazionale», si ribadisce la nullità della sentenza impugnata per la consistenza meramente “grafica” della sua motivazione tutta.
Ritiene pertanto il Collegio che, a prescindere dalla formale collocazione delle argomentazioni a sostegno nell’ambito del ricorso, il motivo attinente la nullità della sentenza per la mera apparenza della sua motivazione investa integralmente la decisione impugnata dai ricorrenti, come emerge univocamente già dalla lettura complessiva dello stesso ricorso (e come peraltro confermato dalla memoria illustrativa dei ricorrenti).
La questione, peraltro, non interferisce con l’allegazione, da parte dei ricorrenti, dell’esistenza di un giudicato parziale interno loro favorevole, relativamente all’accoglimento parziale dei loro ricorsi introduttivi ed alla mancata proposizione di appello incidentale da parte dell’Ufficio, giacché tale effetto viene dedotto appunto per difetto dell’ appello incidentale erariale, ed è quindi indipendente dalla sentenza impugnata, resa sul solo appello dei contribuenti.
3.2 Tanto premesso, la circostanza che la sentenza d’appello si riduca, nella sostanza, alla riproduzione di interi blocchi di periodi trasposti pedissequamente nel provvedimento dalle difese dell’appellata Amministrazione (in particolare dalle controdeduzioni e dalla memoria di replica alla produzione documentale) nel giudizio a quo, risulta per tabulas dal confronto tra tali atti processuali difensivi di parte e le argomentazioni esposte della CTR.
Il fatto che, nel trasferimento pedissequo dei contenuti, la sentenza impugnata non mantenga sempre il medesimo ordine della trattazione delle questioni seguita nell’atto di parte riprodotto, non solo non esclude la coincidenza letterale con le difese della controparte, ma contribuisce a rendere non immediatamente percepibile logicamente l’effettiva ed autonoma ratio decidendi espressa dalla CTR con riferimento a ciascuno dei rilievi.
Il ricorso della CTR alla soluzione retorica di sostituire ripetutamente, nei periodi trasfusi dall’atto erariale alla motivazione, l’Ufficio, quale soggetto, con «la Commissione», non è sufficiente a dimostrare che l’organo giurisdizionale abbia espresso una effettiva valutazione critica delle tesi difensive dell’Agenzia e, soprattutto, dei motivi d’appello dei contribuenti cui esse sono contrapposte, sottaciuti invece sin dalla parte espositiva dello svolgimento del processo. Ed anzi, tale modalità di redazione della motivazione perviene al risultato paradossale, sotto il profilo logico e giuridico, per cui «Alla luce delle considerazioni sin qui illustrate unitamente a quelle espletate negli atti introduttivi del prefato giudizio, questo Collegio [idest la CTR] insiste per il rigetto dell’appello», formula ovviamente consona alle conclusioni di una parte, non certo alla decisione dell’organo giurisdizionale.
Invero, nel complesso della decisione impugnata, non è evidenziata alcuna effettiva soluzione di continuità tra l’iniziale (da pag. 4 in poi) , ed esclusiva, descrizione, nei fatti processuali, delle difese dell’Amministrazione e l’ipotetica esposizione delle ragioni della decisione. Sicché, nel caso di specie, deve constatarsi che la motivazione, nel senso prescritto dallo stesso art. 111 Cost., più che coincidere con le controdeduzioni dell’appellata, difetta del tutto, finanche materialmente, quale parte del provvedimento distinta dalle allegazioni dei contendenti.
L’unico elemento di ipotetico raccordo critico inserito (ed enfatizzato con la sottolineatura nel testo) nella motivazione dalla CTR appare generico quando afferma che « Tutto ciò fa si che il tutto si risolva sostanzialmente in una mera affermazione di dati non provati»; ma anche criptico, logicamente incomprensibile e contraddittorio con l’esito finale di rigetto dell’appello, quando ne deriva che « tale comportamento sottrae all’azione accertatrice ogni rapporto giustificativo.».
Infine, difetta, come lamentato dai ricorrenti, l’esposizione stessa, oltre che la valutazione critica, da parte della CTR, dei motivi d’appello, non descritti e non apprezzati autonomamente dalla sentenza impugnata e rimessi quindi esclusivamente alle considerazioni delle difese dell’appellata, sicché la loro individuazione e conoscenza è totalmente filtrata dalle valutazioni dell’Amministrazione.
3.3 E’ vero, peraltro, che questa Corte ha affermato che « Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato.» (Cass., U, 16/01/2015 n. 642; nello stesso senso Cass. 08/05/2015, n. 9334 e Cass. 07/11/2016, n. 22562).
Tuttavia, nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata, oltre ad una mera adesione acritica alle riprodotte difese dell’Amministrazione (cfr. Cass. 14/10/2015, n. 20648), si limita a riportare le ragioni esposte da quest’ultima parte, senza prendere in considerazione quelle contrapposte dall’altra nei motivi d’impugnazione, risultando quindi censurabile in quanto oggettivamente incompleta (cfr. Cass., Sez. U, 16/01/2015 n. 642, cit., in motivazione). E questa Corte ha più volte ritenuto che, nelle varie ipotesi di redazione per relationem della sentenza d’appello, non può comunque prescindersi da una effettiva valutazione critica, da parte del giudice dell’impugnazione, dei motivi di gravame (ex plurimis, Cass. 25/10/2018, n. 27112; Cass. 05/08/2019, n. 20883).
Nella sostanza, quindi, in ragione delle descritte patologie che concorrono a minare la motivazione della sentenza impugnata, ricorre il denunciato difetto assoluto di quest’ultima. Infatti «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.» (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).
Il primo motivo di ricorso, nella premessa dimensione integrale, va quindi accolto e va cassata la sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo.
4. Con il quarto motivo, i contribuenti deducono « Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, concernente l’avvenuta imputazione a stato patrimoniale, per effetto della loro capitalizzazione, delle spese per € 10.685,80, pertanto mai transitate a conto economico (art. 360, c. I, n. 5 c.p.c.)».
5. Con il quinto motivo, i contribuenti deducono « Violazione dell’art. 21, co. 7, d.p.r. n. 633/1972 (art. 360, c. I, n. 3 c.p.c.): in relazione alla fattura inesistente asseritamente emessa dalla Co. nei confronti di Art Service, la sentenza è illegittima per avere la CTR ritenuto applicabile l’art. 21, co. 7, d.p.r. n. 633/1972, nonostante Art Service non avesse mai detratto l’IVA afferente entro il termine di decadenza stabilito per esercitare tale diritto di cui all’art. 19 del d.p.r. n. 633/1972. Non sussiste pertanto nella fattispecie quel rischio di perdita fiscale che, secondo la giurisprudenza unionale e di legittimità, costituisce il presupposto per la debenza dell’IVA esposta su fatture per operazioni inesistenti.».
6. Con il sesto motivo, i contribuenti deducono « Violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., dell’art. 38 del d.p.r.n. 600/1973 e dell’art. 26, d.p.r. n. 600/1973 (art. 360, c. I, n. 3 c.p.c.): l’accoglimento del terzo motivo del presente ricorso, che concerne la legittimità, nell’an e nel quantum, del maggior reddito di € 685,80, accertato in capo alla G.C. nell’anno 2007, si riflette ovviamente sulla legittimità sia della presunzione di distribuzione del medesimo maggior reddito in capo al socio e odierno ricorrente Cosentino nell’anno 2007 incontestazione, sia sulla omessa effettuazione e versamento della ritenuta in capo alla ricorrente GIO.CO, confermate implicitamente dalla CTR con la sentenza impugnata.».
6.1 L’accoglimento del primo motivo di ricorso, nei termini già indicati, accertando l’apparenza dell’intera motivazione della sentenza impugnata, comporta l’assorbimento anche del quarto, del quinto e del sesto motivo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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