CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 33558 depositata il 1° dicembre 2023
Tributi – Sistema delle sospensioni – Presupposto della condizione economica – Contratto di lavorazione per conto – Regime del perfezionamento attivo – Imposte sui redditi – IVA – Accoglimento parziale
Fatti di causa
1. C. F. spa chiese e ottenne da parte dell’Ufficio delle Dogane e dei Monopoli di Milano 2 e dell’Ufficio delle Dogane di Pavia autorizzazioni al regime del perfezionamento attivo applicato con il sistema delle sospensioni di cui all’art. 114 e segg. del Reg. CE n. 2913/1992 (CDC), sul presupposto della sussistenza della c.d. “condizione economica” invocata di cui al punto 30.2 dell’allegato 70 del Reg. CE 2454/93 (DAC) “operazioni effettuate nell’ambito di un contratto di lavorazione per conto” nella misura in cui la clausola di salvaguardia prevista dall’art. 539, comma 2, lett. a) sub ii delle DAC considera le condizioni economiche osservate, per le merci del settore dell’olio di oliva, qualora la domanda inerisca ad “un contratto di lavorazione per conto”. La C. F. s.p.a. corroborò la condizione economica invocata producendo un contratto di lavorazione per conto della società svizzera C. I. S.A.
2. Nell’ambito di tale regime, la C. F. s.p.a. presentò all’Ufficio delle (Omissis), la dichiarazione doganale di esportazione definitiva EX2 rep. ET n. 199G che venne selezionata per verificare, in forza di prelevamento di campioni, la correttezza della qualità dichiarata di “olio di oliva composto da oli di oliva raffinati e oli di oliva vergini”. Essendo il prodotto risultato “olio di oliva raffinato” di qualità inferiore rispetto a quello dichiarato in etichetta, fu trasmessa alla competente Procura della Repubblica la notizia di reato per l’ipotizzata violazione degli artt. 515 – 516 c.p. Nel corso di successiva perquisizione disposta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, al fine di acquisire dati e documenti inerenti le fattispecie di reato ipotizzate, emerse una precedente verifica da parte dell’Agenzia delle entrate, in materia di imposte sui redditi e Iva, sfociata nel p.v.c. redatto in data (Omissis), dal quale risultava la circostanza che, a partire dal 2008, la C. I. SA costituiva una “stabile organizzazione” all’estero di C. F. spa, priva di autonomia decisionale. Al verbale dell’Agenzia delle entrate, la società italiana prestò adesione ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5bis.
3. Previo p.v.c. del (Omissis), acquisiti gli elementi risultanti dalla suddetta verifica, l’Ufficio delle Dogane di Milano 2, ritenendo insussistente la condizione di cui al punto 30.2 dell’allegato 70 e 539, comma 2, lett.a) sub ii del Reg. CE 2454/93(DAC), con provvedimento prot. 29100/2014, annullò le autorizzazioni al regime del perfezionamento ed emise, per gli anni 2011-2013, invito al pagamento prot. 29471/2014 di dazi e Iva all’importazione e atto di irrogazione sanzioni prot. 29472/RU.
4. Avverso i suddetti atti, la società propose distinti ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano, che, previa riunione, con sentenza n. 2047/2015, li accolse.
5. La CTP di Milano, con sentenza n. 2194/2016, accolse anche il ricorso della società avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione della riscossione prot. n. 26619/RU emesso dall’Ufficio delle Dogane di Milano 2.
6. Sulla base dei medesimi presupposti, anche l’Ufficio delle Dogane di (Omissis) annullò, con provvedimento prot. 7313/RU, per gli anni 2010-2012, le autorizzazioni al regime del perfezionamento, atto impugnato dalla società dinanzi alla CTP di (Omissis) con ricorso accolto con sentenza n. 126/2015.
7. Avverso le suddette sentenze, l’Agenzia delle dogane di Milano 2 e quella di (Omissis) proposero appelli dinanzi alla Commissione tributaria regionale della (Omissis) che, previa riunione, con sentenza n. 2923/2018, li rigettò.
8. In punto di diritto, il giudice di appello ha affermato che: 1) era infondato il motivo di appello proposto dall’Ufficio relativamente all’assunto difetto di giurisdizione del giudice tributario in punto di provvedimenti di annullamento delle concesse autorizzazioni atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. h) era proponibile il ricorso avverso il diniego o la revoca di agevolazioni e, dunque, anche avverso l’annullamento delle autorizzazioni per il perfezionamento attivo in questione; 2) considerato che l’annullamento delle autorizzazioni era fondato esclusivamente sull’adesione della società al p.v.c. del (Omissis) dell’Agenzia delle entrate – in base al quale la società elvetica C. I. SA era risultata una “stabile organizzazione” di C. F. s.p.a. con conseguente inconfigurabilità, ad avviso dell’Amministrazione, della condizione relativa alla “lavorazione per conto” per il perfezionamento attivo- l’adesione al detto verbale che riguardava le imposte sui redditi e l’Iva, “trattandosi di una norma agevolatrice” era di stretta interpretazione e non poteva estendersi ai tributi in esso non contemplati; 2) l’Ufficio non aveva fornito valida prova della direzione, coordinamento e controllo da parte della società italiana nei confronti della società svizzera; 3) la questione relativa alla “sospensione del provvedimento di annullamento delle autorizzazioni” rimaneva assorbita dalla decisione di merito della complessiva controversia.
9. Avverso la suddetta sentenza l’Agenzia delle (Omissis), propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
10. Resiste con controricorso la società contribuente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.
11. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Tommaso Basile ha depositato le sue conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 132 c.p.c., comma 2 n. 4, e art. 36, per avere la CTR, dopo una ricostruzione normativa alquanto incerta dell’istituto del perfezionamento attivo, rigettato gli appelli riuniti dell’Amministrazione con una motivazione apparente, considerando, tra l’altro, assorbita la questione oggetto del gravame avverso la sentenza 2194/2016 della CTP di Milano – erroneamente definita come relativa alla “sospensione del provvedimento di annullamento delle autorizzazioni” invece che al provvedimento di diniego della sospensione della riscossione degli atti impositivi dopo la sentenza di accoglimento del ricorso in primo grado avverso questi ultimi – sebbene la questione della sospensione della riscossione in corso di giudizio di tributi doganali rimanesse irrisolta anche in presenza di sentenza della CTR di conferma della sentenza di primo grado.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Per costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 36, comma 2, n. 4, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata. La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017). Nella specie, tuttavia, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo una sufficiente esposizione delle ragioni sottese al rigetto degli appelli proposti dagli Uffici delle Dogane di Milano 2 e di (Omissis), ancorché l’illustrazione delle argomentazioni giustificative della decisione (al di là della loro fondatezza) risulti stringata e concisa. Al riguardo, la CTR ha motivato il rigetto dei gravami sul rilievo che: 1) essendo l’annullamento delle autorizzazioni al regime del perfezionamento attivo basato sull’adesione di C. F. s.p.a. al p.v.c. del (Omissis) redatto dall’Agenzia delle entrate – dal quale era emerso che la società committente elvetica C. I. SA rappresentava una “stabile organizzazione” della società contribuente con conseguente mancato rispetto della condizione economica relativa alla “lavorazione per conto”- l’adesione al detto verbale che riguardava soltanto imposte sui redditi e Iva, costituendo una “norma agevolatrice”, pertanto di stretta interpretazione, non poteva estendersi ai tributi doganali in esso non considerati; 2) l’Ufficio non aveva fornito valida prova della direzione, coordinamento e controllo da parte della società italiana nei confronti della società svizzera. Tale decisione nel merito circa la illegittimità dei provvedimenti di annullamento delle autorizzazioni al regime del perfezionamento attivo e dei conseguenti atti impositivi, comportava, ad avviso del giudice di appello, l’assorbimento della questione relativa alla sospensione della riscossione degli atti impositivi – impropriamente definita “sospensione del provvedimento di annullamento delle autorizzazioni”- oggetto del gravame (R.G. 6308/16) avverso la sentenza n. 2194/2016 della CTP di Milano. La motivazione della sentenza impugnata attinge, dunque, la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19 per avere la CTR rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione – riproposta dall’Ufficio in sede di gravame – del giudice tributario in ordine all’impugnativa dei provvedimenti di annullamento delle autorizzazioni al regime del perfezionamento attivo assimilando l’annullamento dell’autorizzazione al “diniego o revoca di agevolazioni” previsto dalla lettera h) dell’art. 19 cit. sebbene la natura “autorizzativa” deponesse nel senso di un provvedimento amministrativo e non di un atto impositivo e la revoca del provvedimento autorizzatorio non avesse alcun carattere tributario tipico degli atti elencati nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.
2.1. Il motivo è infondato.
Il regime del perfezionamento attivo (art. 114 del Reg. CE 2913/92, applicabile ratione temporis) consente di sottoporre a lavorazione sul territorio doganale della Comunità, per far subire loro una o più operazioni di perfezionamento, merci non comunitarie destinate a essere riesportate fuori del territorio doganale della Comunità sotto forma di prodotti compensatori (sistema della sospensione). Per prodotti compensatori s’intendono tutti i prodotti ottenuti da operazioni di perfezionamento art. 114 c.d.c., comma 2, lett. d); con il termine “perfezionamento” s’intendono trasformazione, lavorazione, assemblaggio e altro secondo il c.d.c.
Nel regime del perfezionamento attivo le merci sono importate in esenzione di dazio per essere lavorate nelle Comunità purché (1) i prodotti compensatori ottenuti siano esportati verso un Paese terzo; (2) le merci importate possano essere individuate nei prodotti compensatori; (3) non siano lesi gli interessi dei produttori comunitari; (4) gli operatori siano stabiliti nella Comunità. Il “sistema della sospensione” è soggetto ad autorizzazione e dà luogo alla sospensione della riscossione dei dazi e dell’IVA all’importazione finché non siano esportati i prodotti compensatori. Dopo il “perfezionamento” le merci ricevono una nuova destinazione e l’importazione temporanea viene scaricata attraverso un conto di appuramento, mentre le merci non scontano alcuna fiscalità, essendo destinate – per definizione – a essere riesportate verso Paesi extra CE. Per non interrompere la produzione dei prodotti compensatori, le merci d’importazione possono essere sostituite da merci comunitarie secondo il “sistema della compensazione per equivalente” (art. 115 c.d.c.). Nella compensazione per equivalenza, le merci d’importazione entrano nella Comunità e sono vincolate al regime; quando sono sostituite da merci comunitarie equivalenti, queste risultano vincolate al regime di perfezionamento attivo al loro posto, con scambio di posizione doganale. La compensazione per equivalenza consente la “esportazione anticipata”, che permette di esportare prodotti ottenuti da merci equivalenti prima d’importare le merci in perfezionamento attivo (c.d. importazione a reintegro); in altre parole, l’operatore comunitario impiega merci comunitarie equivalenti per le operazioni di perfezionamento ed esporta i prodotti compensatori così ottenuti prima d’importare le merci d’importazione corrispondenti, maturando il diritto d’importare (col sistema della sospensione) una quantità di merci non comunitarie equivalente a quella delle merci comunitarie incorporate nei prodotti compensatori. Lo scopo del regime complessivo è quello di non gravare di dazi le merci d’importazione destinate all’esportazione dopo il perfezionamento; pertanto, grazie al sistema della sospensione, nessun diritto è dovuto se l’operazione si conclude fisiologicamente con la riesportazione dei prodotti compensatori verso Paesi extra CE. Invece, ad esempio, se per le merci vincolate al regime della sospensione esso sia appurato con una immissione in libera pratica nel Paese di vincolo, sorge l’obbligazione doganale e sono dovuti i dazi all’importazione e gli altri diritti doganali sospesi. Il regime di perfezionamento attivo è appurato quando i prodotti compensatori o “le merci tal quali” sono dichiarati all’ufficio competente nelle forme previste (conto di appuramento) dall’art. 521 DAC (Cass. sez. 5, sentenza 4918 del 2013; v. anche Cass. sez. 5, sentenza n. 5330 del 2020).
Alla luce delle suddette considerazioni, configurandosi il c.d. perfezionamento attivo, nel rispetto delle condizioni previste ex lege, un regime di importazione temporanea di merci di origine extracomunitaria in esenzione di dazio – (essendo come precisato anche dalla Corte di giustizia nella sentenza 8 ottobre 2020, causa C- C-330/19, la finalità del perfezionamento attivo proprio quella di “esonerare dai dazi doganali” soltanto le merci che vengono introdotte nel territorio doganale dell’Unione a titolo meramente temporaneo)-, la CTR ha correttamente disatteso l’eccezione – riproposta dall’Ufficio in sede di gravame – di difetto di giurisdizione del giudice tributario, stante l’assimilabilità dei provvedimenti di annullamento delle autorizzazioni in questione al ” diniego o revoca” delle agevolazioni di cui alla lett. h) del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 comma 1. Invero, come affermato da questa Corte “alla verifica di non spettanza di una agevolazione tributaria non può non seguire l’esercizio della potestà impositiva di recupero rimesso all’organo deputato al controllo dell’esatto adempimento degli obblighi tributari che transita dalla categoria generale degli atti di diniego o revoca di agevolazioni D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19 lett. h, autonomamente impugnabili avanti alla giurisdizione tributaria (Cass. n. Cass. 11006/90; Ordinanza n. 4963 del 2009). D’altro canto, è principio costantemente ripetuto da questa Corte che l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, pur dovendosi considerare tassativa, soggiace ad interpretazione estensiva (già propugnata, peraltro, da Corte Cost. sent. n. 313 del 1985), anche in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. n. 448 del 2001, (Cass. 21045/07; Cass. sez. 5, sentenza n. 18636/2016).
3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 114 e 117 del Reg. CE 2913/92 (CDC) nonché dell’ art. 502, comma 2, art. 536, comma 1, lett. b), art. 539, comma 2, lett. a), punto ii del Reg. CE n. 2454/93 per avere la CTR rigettato nel merito gli appelli dell’Ufficio confermando la illegittimità dei provvedimenti di annullamento delle autorizzazioni al regime del perfezionamento attivo e dei conseguenziali atti impositivi ritenendo che l’adesione (della società) al verbale del (Omissis), dell’Agenzia delle entrate che riguardava imposte sui redditi e Iva, “trattandosi di norma agevolatrice, era di stretta interpretazione e non poteva quindi estendersi a tributi non considerati”; con ciò, ad avviso della ricorrente, il giudice di appello avrebbe confuso i canoni di ermeneutica legislativa con le risultanze fattuali del p.v.c. del 20.6.2012- dotato della fede privilegiata ex art. 2700 c.c. e, per di più, accettato dalla società con la conseguenza di contenere circostanze ammesse ex art. 115 c.p.c. – in base alle quali era emersa l’insussistenza, per i prodotti del settore dell’olio d’oliva, della condizione economica invocata per la concessione dell’autorizzazione al regime di perfezionamento attivo, della inerenza della domanda ad un “contratto di lavorazione per conto” di cui al punto 30.2 dell’allegato 70 e all’art. 539, comma 2, lett. a), sub ii del Reg. CE 2454/93(DAC), essendo la società elvetica C. I. SA risultata una “stabile organizzazione” di C. F. s.p.a. e, dunque, un committente fittizio, di fatto, coincidente con il soggetto svolgente il ruolo di appaltatore (C. F.).
4. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’ art. 2697 c.c. e segg. per avere la CTR, in violazione dei criteri di ripartizione dell’onere della prova, ritenuto che l’Ufficio non aveva provato il ruolo ancillare della società svizzera “committente” (“né l’Ufficio ha fornito valida prova della direzione, coordinamento e controllo da parte della società italiana nei confronti della società svizzera”) ancorché, per la fruizione di regimi speciali, di esenzione e/o di agevolazione, ricadesse sul contribuente l’onere di provare la sussistenza dei relativi presupposti di fatto e di diritto; peraltro, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe erroneamente ritenuto essere il recupero dei dazi fondato sull’adesione da parte della società contribuente al verbale del (Omissis), allorquando l’annullamento delle autorizzazioni e la revisione a posteriori delle operazioni doganali si basasse su elementi di fatto (fittizietà della società svizzera committente, quale stabile organizzazione di C. F. spa) accertati dall’Agenzia delle entrate nel detto verbale e non già sull’adesione ad esso.
5. I motivi terzo e quarto – da trattare congiuntamente per connessione – sono fondati.
5.1. La controversia in esame involge l’impugnativa dei provvedimenti di annullamento delle autorizzazioni al regime del perfezionamento attivo concesse a C. F. spa, degli atti impositivi (invito a pagamento dazi e iva all’importazione e atto di irrogazione sanzioni) e del provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione della riscossione.
Va premesso che, ai sensi dell’art. 117 CDC (applicabile ratione temporis), costituiscono presupposti per il rilascio delle autorizzazioni di perfezionamento attivo le seguenti circostanze: 1) il richiedente deve essere stabilito nella Comunità; 2) deve essere possibile individuare le merci d’importazione nei prodotti compensatori (o, nel caso di cui all’art. 115, deve essere possibile verificare se sono soddisfatte le condizioni previste per le merci equivalenti);
3) il regime di perfezionamento attivo può contribuire a creare condizioni più favorevoli all’esportazione o alla riesportazione dei prodotti compensatori, purché non si rechi pregiudizio agli interessi essenziali dei produttori della Comunità (condizioni economiche).
Ex art. 502, comma 2, del Reg. CE n. 2454/93 (DAC) “Per il regime di perfezionamento attivo (capitolo 3), l’esame delle condizioni economiche accerta l’impossibilità economica di ricorrere a fonti di approvvigionamento comunitarie tenendo conto, in particolare, dei seguenti criteri, descritti in dettaglio nella parte B dell’allegato 70: a) indisponibilità di merci prodotte nella Comunità aventi le stesse caratteristiche qualitative e tecniche delle merci da importare per le operazioni di trasformazione previste; b) differenze di prezzo tra le merci prodotte nella Comunità e le merci da importare; c) obblighi contrattuali”.
L’allegato 70, parte B), del Reg. CE 2454/93 indica i criteri che disciplinano le condizioni economiche applicabili al regime del perfezionamento attivo e annovera, per quanto di interesse, al n. 30.2. “le operazioni effettuate nell’ambito di un contratto di lavorazione per conto”.
L’art. 539, comma 1, del DAC stabilisce che “Le condizioni economiche si considerano osservate tranne quando la domanda riguardi merci d’importazione elencate nell’allegato 73 (tra le quali rientrano i prodotti del settore dell’olio d’oliva).
2. Tuttavia, nei casi seguenti le condizioni economiche si considerano osservate anche quando la domanda riguarda merci d’importazione di cui all’allegato 73: a) se la domanda riguarda ii) “un contratto di lavorazione per conto”.
Ai sensi dell’art. 536, comma 1, lett. b) DAC si precisa che per “lavorazione per conto” si intende: “qualsiasi lavorazione di merci d’importazione messe direttamente o indirettamente a disposizione del titolare, eseguita sulla base di istruzioni e per conto di un committente stabilito in un paese terzo e, in generale, dietro pagamento dei soli costi di perfezionamento”.
Nella specie, come si evince dalla sentenza impugnata e dal p.v.c. del 1 aprile 2014 dell’Ufficio delle Dogane di Milano riprodotto in ricorso, le autorizzazioni al regime del perfezionamento attivo erano state concesse alla società contribuente sul presupposto dell’esistenza della invocata condizione economica di cui al punto 30.2 dell’Allegato 70 DAC “operazioni effettuate nell’ambito di un contratto di lavorazione per conto” nella misura in cui la clausola di salvaguardia prevista dall’art. 539, comma 2, lett. a) sub ii DAC considera le condizioni economiche osservate, per le merci del settore dell’olio d’oliva, qualora la domanda inerisca ad “un contratto di lavorazione per conto”. La contribuente aveva prodotto al riguardo un contratto di lavorazione per conto della C. I. SA.
L’annullamento delle autorizzazioni e la revisione a posteriori delle operazioni doganali effettuate in sospensione di imposta sono derivati dalla contestazione da parte dell’Ufficio della insussistenza dell’invocata condizione economica di “operazioni effettuate nell’ambito di un contratto di lavorazione per conto” essendo emerso dagli accertamenti effettuati dall’Agenzia delle entrate nel p.v.c. del (Omissis) – rinvenuto nell’ambito di indagini della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e al quale la società contribuente aveva prestato adesione – la circostanza per cui, a partire dal 2008, la C. I. SA fosse da considerare una “stabile organizzazione” all’estero della C. F. s.p.a. e dunque, sostanzialmente una branch estera svuotata di qualsiasi autonomia decisionale. Deponeva a favore di tale ricostruzione anche il rilievo, ai sensi dell’art. 536, comma 1, DAC del carattere oneroso (e non del pagamento dei soli costi di perfezionamento) della lavorazione in questione (v. p.v.c. del (Omissis) dell’Ufficio delle Dogane di Milano riprodotto in ricorso).
Questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di agevolazioni tributarie, chi vuole fare valere una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul punto vi è contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione o dell’agevolazione. (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23228 del 04/10/2017; Sez. 5, Sentenza n. 21406 del 30/11/2012, Rv. 624363 – 01).
Anche la Corte di giustizia ha precisato che “il regime di perfezionamento attivo, che comporta la sospensione dei dazi doganali, è una misura eccezionale destinata ad agevolare lo svolgimento di talune attività economiche (v., in tal senso, sentenza del 14 gennaio 2010, Terex Equipment e a., C-430/08 e C-431/08, EU:C:2010:15, punto 42). Infatti, risulta dall’insieme delle regole costituenti il regime giuridico del perfezionamento attivo che la finalità di quest’ultimo è proprio quella di esonerare dai dazi doganali soltanto le merci che vengono introdotte nel territorio doganale dell’Unione a titolo meramente temporaneo, al fine di essere lavorate, riparate o trasformate e, successivamente, riesportate, evitando così di penalizzare l’attività economica degli Stati membri dell’Unione (sentenza del 4 giugno 2009, Pometon, C-158/08, EU:C:2009:349, punto 24)” (sentenza 8 ottobre 2020, causa C- C-330/19, punto 27). La CGCE ha altresì affermato, nella sentenza del 6 settembre 2012, causa C-262/10, che “Poiché il citato regime comporta un rischio evidente per la corretta applicazione della normativa doganale dell’Unione e la riscossione dei relativi dazi, coloro che ne beneficiano sono tenuti allo stretto rispetto degli obblighi che ne derivano. Analogamente, si deve procedere ad un’interpretazione rigorosa delle conseguenze che essi sopporteranno in caso di inosservanza dei loro obblighi” (v. sentenza del 14 gennaio 2010, Terex Equipment e a., C-430/08 e C-431/08, Racc. pag. I-321, punto 42) (punto 41); Di conseguenza, la nascita di un’obbligazione doganale (in circostanze come quelle di cui al procedimento principale) non ha carattere sanzionatorio, bensì deve essere considerata la conseguenza del fatto che non sussistono le condizioni richieste ai fini dell’ottenimento del vantaggio derivante dall’applicazione del regime del perfezionamento attivo nella forma del sistema della sospensione. Infatti, tale regime implica la concessione di un vantaggio condizionato che non può essere concesso se le relative condizioni non sono rispettate, il che rende inapplicabile la sospensione e giustifica, di conseguenza, l’imposizione dei dazi doganali. (punto 43). Pertanto, si deve ritenere che la violazione di un obbligo, connesso al beneficio del regime di perfezionamento attivo nella forma del sistema della sospensione, da eseguire dopo l’appuramento di detto regime doganale, nel caso di specie l’obbligo di presentare il conto di appuramento nel termine di 30 giorni prescritto dall’art. 521, comma 1, paragrafo 1, primo trattino, del regolamento di applicazione, faccia sorgere, per tutte le merci da appurare, un’obbligazione doganale in applicazione dell’art. 204, paragrafo 1, lett. a), del codice doganale qualora non siano soddisfatte le condizioni di cui all’art. 859, punto 9, del regolamento di applicazione (punto 45).
Sulla scia della giurisprudenza unionale, questa Corte ha precisato che “Non va nemmeno sottaciuto che il regime di perfezionamento attivo, comportando la sospensione dei dazi doganali, costituisce misura eccezionale destinata ad agevolare lo svolgimento di talune attività economiche. In questa prospettiva, è stata proprio la Corte di Giustizia a sottolineare i rischi che tale procedura determina rispetto alla corretta applicazione e riscossione dei dazi. Da ciò deriva che coloro i quali ne beneficiano sono tenuti allo stretto rispetto degli obblighi che ne derivano.
Sul punto la Corte Europea non ha mancato di chiarire che si deve procedere ad “un’interpretazione rigorosa delle conseguenze che essi sopporteranno in caso di inosservanza dei loro obblighi” – cfr. Corte Giust. 14 gennaio 2010, cause C430/08 e C-431/08, Terex Equipment Ltd, punto 42). Nella stessa direzione, questa Corte ha ritenuto che, trattandosi di una deroga al regime generale di soggezione dell’importazione all’obbligazione doganale, l’ammissione alla disciplina del perfezionamento attivo è dunque vincolata al rispetto di particolari condizioni e controlli – cfr. Cass. n. 15297/2008.” (Cass. sez. 5, sentenza n. 24465 del 2013).
5.2. Nella sentenza impugnata, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, in quanto – a fronte della contestata inesistenza della invocata condizione economica di cui al punto 30.2. dell’allegato 70 DAC relativa alla “lavorazione per conto” per essere emersa dall’acquisito p.v.c. del (Omissis) dell’Agenzia delle entrate, cui aveva aderito la contribuente, la circostanza di fatto della configurazione della società committente C. I. SA come “stabile organizzazione” all’estero di C. F. spa, priva dunque di qualsiasi autonomia decisionale, il che aveva portato all’annullamento delle autorizzazioni e all’emissione degli atti impositivi – la CTR, da un lato, ha svalutato la valenza indiziaria circa la inesistenza della supposta condizione economica delle risultanze fattuali accertate nel detto p.v.c. al quale la società aveva prestato adesione (ovvero la circostanza che dal 2008 la committente era un mero braccio dell’appaltatore- contribuente) affermando che “l’adesione al predetto verbale che riguardava le imposte sui redditi e l’Iva, trattandosi di una norma agevolatrice, era di stretta applicazione e non poteva estendersi ai tributi non considerati” con ciò, peraltro, riconducendo erroneamente l’adesione al p.v.c.- che rappresenta una modalità di definizione dell’accertamento- ad una “norma agevolatrice” di stretta applicazione; dall’altro, la CTR ha erroneamente addossato in capo all’Ufficio- ritenendolo non assolto- l’onere probatorio circa la “direzione, coordinamento e controllo da parte della società italiana nei confronti della società svizzera” sebbene ricadesse sulla contribuente l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni per l’ottenimento del vantaggio – come precisato dalla Corte di Giustizia “condizionato”- derivante dall’applicazione del regime del perfezionamento attivo nella forma del sistema della sospensione.
6. Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997 art. 13, comma 2, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70, comma 1, per avere la CTR annullato erroneamente anche il provvedimento di irrogazione delle sanzioni quale conseguenza implicita dell’annullamento del provvedimento di recupero dei tributi doganali.
7. L’accoglimento di motivi terzo e quarto comporta l’assorbimento del quinto.
8. In conclusione, vanno accolti il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigettati il primo e il secondo, assorbito il quinto, con cassazione della sentenza impugnata-in relazione ai motivi accolti- e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo, assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata- in relazione ai motivi accolti- e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione.
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