Corte di Cassazione, sentenza n. 33566 depositata il 15 novembre 2022
ricorso in cassazione – l’applicazione della disciplina antielusiva di cui all’art. 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 postula l’osservanza del contraddittorio procedimentale sancito dai commi 4 e 5, ed, in particolare, una richiesta di chiarimenti nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2, pena la nullità dell’avviso di accertamento emesso
Fatti di causa
1. In data 30.3.07 la società G.I. Srl presentava all’Agenzia delle Entrate della Campania Napoli 1, ai sensi dell’art. 30, l. n. 724 del 1994, istanza di interpello disapplicativo per le società non operative, in relazione all’anno di imposta 2006. Con il provvedimento n. 24644/07 datato 19.6.2007, l’Amministrazione finanziaria opponeva il proprio rigetto, motivandolo sulla base della “carenza di oggettività della situazione impeditiva” (sent. CTR, p. II). Successivamente, in data 21.10.2011 l’Amministrazione finanziaria notificava alla società l’avviso di accertamento TF3030405647 /11, con il quale venivano accertati, ai sensi dell’art. 41 del d.P.R. n. 600 del 1973, maggiori tributi dovuti in riferimento ad Ires ed Irap per un totale, rispettivamente, di Euro 22.415,00 ed Euro 3.250,00.
2. La società impugnava l’avviso di accertamento oggetto di questo giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, domandando pronunciarsene la nullità, lamentando la violazione delle garanzie procedimentali di cui all’art. 37 bis del Dpr 600 del 1973, ed evidenziando che la società all’epoca dei fatti “gestiva solo due immobili uno sito in Ugento (Lecce) vandalizzato e re:so improduttivo, ed uno in Napoli via Verdi 18, concesso in locazione alla ISTAT sin dal 1985” (sent. CTR, p. II). La CTP respingeva il ricorso ritenendo la società non operatività, ai sensi dell’art. 30, della legge n. 724 del 1994, “per la mancata individuazione di una circostanza di fatto riconducibile alla oggettiva situazione di cui al comma 4 della stessa legge” (sent. CTR, p. II).
3. Spiegava appello la società, avverso la decisione sfavorevole conseguita in primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, insistendo nel lamentare la nullità dell’atto impositivo impugnato. La CTR rigettava il gravame ritenendo, ancora una volta, che il contribuente non avesse dato prova della sua prospettazione difensiva in merito alla “sussistenza della cd. “non operatività derivata da situazioni con carattere ‘oggettivo’, come richiesto dalla normativa della legge 724/94 art ..” (sent. CTR, p. III).
4. Ricorre per cassazione la contribuente affidandosi a tre motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.
4.1 Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte la s.Procuratrice generale Paola Filippi, che ha domandato l’accoglimento del terzo mezzo d’impugnazione.
Ragioni della decisione
1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente contesta la nullità della sentenza in conseguenza della violazione dell’art. 112 proc. civ., per avere la CTR del tutto omesso di pronunciarsi sul motivo di impugnazione che censurava la violazione del procedimento di contraddittorio preventivo disciplinato dall’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973.
2. Mediante il suo secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994, per non avere la CTR considerato che “le oggettive condizioni ostative alla realizzazione di maggiori ricavi illustrate e documentate … nei due gradi di giudizio, fossero sufficienti ad imporre la disapplicazione della norma antielusiva …” (rie., p. 15).
3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la società critica la nullità della sentenza in conseguenza della violazione delle norme di cui all’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, per non avere la CTR rilevato la nullità dell’avviso di accertamento in conseguenza del mancato rispetto delle garanzie procedimentali riconosciute dalla norma in epigrafe.
4. Mediante il primo strumento d’impugnazione, la società lamenta la violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 proc. civ., in cui sarebbe incorsa la CTR della Campania nel momento in cui ha omesso del tutto di pronunciarsi sulla denunciata nullità dell’avviso di accertamento per violazione del procedimento, che prevede l’istaurazione del contraddittorio antecedentemente alla notifica dell’avviso di accertamento. Come correttamente osservato dall’Amministrazione finanziaria e dalla s.Procuratrice generale il sintetizzato motivo di ricorso, come formulato, risulta carente del requisito di autosufficienza. Occorre allora ribadire anche in questa sede che per la giurisprudenza di questa Corte il ricorso “deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito” (Cass. sez. I, 8.1.2021, n. 4485). Il contribuente indica in quali atti avrebbe proposto simili censure, ma lo fa in maniera generica: “(pag. 4 del ricorso introduttivo) … (pag. 3 dell’atto d’appello)” (rie., p. 10), senza avere premura di riprodurre, almeno in sintesi, le formule utilizzate nel ricorso introduttivo, e neppure quelle proposte nell’atto di appello, nelle quali le sue critiche sarebbero state tempestivamente e ritualmente proposte e successivamente coltivate, impedendo in tal modo a questa Corte di legittimità di svolgere il controllo che le compeb:! in materia di tempestività e congruità delle questioni introdotte dalle parti, ancor prima di provvedere a valutarne la decisività.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto inammissibile.
5. Con il suo secondo strumento di impugnazione, la contribuente censura la sentenza della CTR per aver ritenuto, in primo luogo, valide le valutazioni espresse dall’Amministrazione finanziaria nel rigettare l’istanza di interpello e, in secondo luogo, per non aver ritenuto provate le condizioni ostative alla realizzazione di maggiori ricavi allegate dalla G.I..
Invero la società, che propone le proprie censure invocando la violazione di legge, non indica in che modo i giudici dell’appello avrebbero violato le norme di cui all’art. 30, della legge n. 724 del 1994. Infatti, dopo aver effettuato una lunga ricostruzione dei fatti, la G.I. si limita a ripropone le medesime doglianze già presentate dinanzi alla CTP e alla CTR. Inoltre la ricorrente, nella parte in cui afferma che la norma in questione prevede “la possibilità della prova contraria della non operatività dimostrando l’inesistenza di intento elusivo e l’impossibilità del conseguimento dei ricavi cd. minimi quando essa sia giustificata da oggettive situazioni di carattere straordinario” (rie., p. 14), non si confronta con le valutazioni già effettuate dai giudici nei precedenti gradi di merito, non ne contrasta il fondamento. Non si capisce poi in che modo, sebbene i ricavi dichiarati nel 2006 i quali – per affermazione della stessa società – risultavano “uguali a quelli del 2005 e del 2007” (rie., p. 14), avrebbero però dovuto portare la G.I. a sottrarsi dalla disciplina delle società non operative solamente per l’anno d’imposta in oggetto, e non anche per le altre annualità.
5.1 Invero, mediante le proprie affermazioni la società mira a una rivalutazione del ragionamento decisorio che ha portato il giudice del merito a ritenere non fornita – o comunque non adeguata – la prova di non appartenenza alla categoria delle d. “società non operative”. Così facendo il ricorrente, pur deducendo, apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 5ez. VI – III, 4.7.2017, n. 8758; Cass. 5ez. VI-I, 3.12.2019, n. 31546; Cass. 55. UU., 7.4.2014, n. 80S3).
Il secondo motivo di ricorso, come formulato, risulta in parte inammissibile ed è comunque infondato.
6. Occorre quindi esaminare il terzo strumento d’impugnazione, di cui, peraltro, il P.M. ha domandato l’accoglimento.
La ricorrente lamenta, nel suo motivo di ricorso, che “l’avviso di accertamento è stato emesso senza le garanzie procedimentali richieste dal quarto comma dell’art. 37 bis del D.P.R. 600/1973 che impone a pena di nullità di far precedere l’atto impositivo dalla richiesta di chiarimenti e, di conseguenza, senza la specifica motivazione dell’atto impositivo in relazione alle giustificazioni fornite dalla contribuente prevista dal successivo quinto comma” (rie., p. 15).
La ricorrente lamenta quindi, in primo luogo, la nullità dell’avviso di accertamento impugnato, in conseguenza del mancato rispetto delle garanzie procedimentali previste dal quarto comma dell’art. 37 bis, d.P.R. n. 600 del 1973, il quale dispone, anche nella formulazione applicabile ratione temporis: “4. L’avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2“.. In definitiva, la contribuente lamenta il mancato rispetto di garanzie procedimentali.
Al riguardo può anche concordarsi che costituisca ormai orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui “in tema di imposte sui redditi, l’applicazione della disciplina antielusiva di cui all’art. 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (“ratione temporis” applicabile) postula l’osservanza del contraddittorio procedimentale sancito dai commi 4 e 5, ed, in particolare, una richiesta di chiarimenti nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2, pena la nullità dell’avviso di accertamento emesso: sanzione, quest’ultima, reputata non in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. dalla Corte costituzionale, nella sentenza del 7 luglio 2015, n. 132, in considerazione delle peculiarità dell’accertamento e del ruolo decisivo degli elementi forniti dal contribuente in vista della valutazione dell’Amministrazione circa l’esistenza, o meno, di valide ragioni economiche sottese alle operazioni esaminate“, Cass. sez. V, 31.1.2017, n. 2439.
6.1 Nel caso di specie, però, la critica proposta dalla ricorrente si fonda su una petizione di principio, e cioè che risulti applicabile alla fattispecie la normativa di cui all’art. 37 bis del Dpr 600 del 1973. Si è tuttavia già avuto modo di segnalare che la stessa contribuente aveva proposto l’interpello disapplicativo ai sensi dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994 (cfr. comma 4 bis), normativa che invece non prevede la necessità per l’Amministrazione di provvedere aqli adempimenti preliminari invocati dalla ricorrente. Quest’ultima non chiarisce per quale ragione ritenga applicabile la normativa invocata, ed in conseguenza non assicura fondamento alla propria lamentela.
Anche il terzo strumento di impugnazione non può essere accolto, e deve quindi essere respinto.
7. La ripartizione degli oneri di lite segue l’ordinario criterio della soccombenza, e le spese sono liquidate come in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate e del valore della
7.1 Risulta dovuto anche il pagamento, da parte della società ricorrente, del c.d. “doppio contributo”.
La Corte,
P.Q.M.
rigetta il giudizio introdotto dalla G.I. Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, e la condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 4.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
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