CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 34505 depositata l’ 11 dicembre 2023
Lavoro – Differenze contributive – Salario medio convenzionale – Contratto di riallineamento – Giudicato esterno successivo alla sentenza impugnata – Annullamento dell’avviso di addebito – Accoglimento
Fatto
Con sentenza del 5.11.16 la corte d’appello di Lecce, in riforma della sentenza 14.2.13 del tribunale di Brindisi, ha rigettato la domanda del signor G. di opposizione al verbale di accertamento con il quale l’Inps aveva calcolato differenze contributive sulla base del salario medio convenzionale per euro 16.651 per gli anni 2004 e 2005. In particolare, la corte territoriale ha ritenuto priva di rilevanza l’adesione al contratto di riallineamento in quanto lo sesso era stato modificato due volte, in violazione del limite legale che ammette una sola variazione con norma che, facendo eccezione alla generale obbligatorietà di corrispondere trattamenti conformi al contratto collettivo, è insuscettibile di applicazione analogica.
Avverso tale sentenza ricorre il datore di lavoro per quattro motivi, cui resiste l’Inps con controricorso.
Il Procuratore generale ha presentato requisitoria scritta chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Diritto
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’articolo 2909 codice civile e 324 codice di rito, per avere la corte territoriale trascurato il giudicato formatosi sulle questioni oggetto del giudizio per mancata impugnazione di altra sentenza tra le stesse parti e con lo stesso oggetto, depositata dopo la sentenza impugnata in questa sede.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 5 comma 5 decreto 510 del 1996, convertito in legge 608 del 96, dell’articolo 20 decreto legislativo 375 del 1993, come modificato dall’articolo 9 comma 3 decreto legge 510 del 1996, dell’articolo 63 co. 3 della legge 488 del 1999 e dell’articolo 116 legge 388 del 2000, delle norme di interpretazione del contratto artt. 1362 e seguenti, della norma sul riparto dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., dei principi ex art. 1175 c.c. in materia di correttezza comportamentale.
Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1175 c.c. e dell’articolo 6 decreto legislativo 375 del 1993, che impone verifiche, accertamenti e liquidazione da parte dell’Inps nel settore agricolo in via preliminare, non essendo ammessa l’autoliquidazione.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell’articolo 116 predetto e 6 decreto legge 338 del 1989 convertito in legge 389 del 1989, in relazione ad importi richiesti a titolo di somme aggiuntive e alla revoca dei benefici contributivi della defiscalizzazione nel settore agricolo.
Il ricorso è fondato.
Risulta dagli atti, infatti, che sulle questioni oggetto del giudizio incide la sentenza del tribunale di Brindisi del 15.9.16 tra le stesse parti, non impugnata e divenuta cosa giudicata, che ha annullato l’avviso di addebito inviato al contribuente dall’INPS basato sul medesimo verbale ispettivo di cui alla presente controversia. Vi è dunque un giudicato esterno successivo alla sentenza qui impugnata.
L’accertamento compiuto in ordine all’illegittimità del verbale ispettivo, quale punto di fatto e diritto comune ad entrambe le cause, formante la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, preclude il riesame del medesimo punto già definitivamente accertato e risolto; infatti, l’addebito è stato annullato con una pronuncia nel merito poiché è considerato illegittimo e infondato l’atto prodromico consistente nel verbale ispettivo di accertamento oggetto del presente giudizio in cassazione.
Invero, come precisato in più occasioni da questa Corte, l’accertamento compiuto in ordine alla situazione giuridica e alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative a punto fondamentale comune a entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuto nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso, e ciò anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno definito lo scopo ed il petitum del primo (Cassazione n. 26482 del 2007, 24433 del 2013, 19317 del 2005).
Nel caso di specie, come su evidenziato, la sentenza passata in giudicato ha accolto l’opposizione ed annullato l’avviso di addebito impugnato, e sostanzialmente considerato illegittimo l’atto prodromico del verbale ispettivo.
Il primo motivo va dunque accolto, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va dunque cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa può essere decisa nel merito, dichiarando che nulla è dovuto dal contribuente per i tioli per cui è causa.
Spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accerta negativamente il debito contributivo per cui è causa.
Condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 3.500 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
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