Corte di Cassazione sentenza n. 3452 depositata il 6 febbraio 2019
Contenzioso tributario – motivi di impugnazione – mutatio libelli
Rilevato che:
1. con ricorso alla CTP di Palermo, A.F. impugnava il silenzio-rifiuto avverso l’istanza di rimborso dell’IRPEF versata (datata 27/01/2005), per le annualità 2000, 2001, 2002, per un totale di Euro 17.788,86, e l’Ufficio, con l’atto di costituzione, riconosceva la pretesa e chiedeva dichiararsi la cessazione della materia del contendere, per poi accreditare al contribuente, in data 19/05/2006, l’importo richiesto;
con memoria integrativa del 9/05/2006, il contribuente rettificava la propria pretesa restitutoria aumentando la somma richiesta ad Euro 37.052,00;
la CTP, con sentenza n. 155/2007, dichiarava estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere;
2. avverso tale decisione proponeva appello il contribuente che lamentava di non avere ricevuto la maggiore somma richiesta con la memoria aggiuntiva del 9/05/2006;
l’Ufficio, nelle controdeduzioni, oltre a contestare il gravame proposto dal contribuente, svolgeva appello incidentale, nel quale rilevava che l’istanza integrativa non era accoglibile, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, in quanto presentata in data 9/05/2006, ragione per cui, per tutti i versamenti avvenuti oltre 48 mesi prima di quella data, ossia anteriormente al 9/05/2002, era maturata ex lege la decadenza prevista dalla stessa norma;
la CTR, con la sentenza menzionata in epigrafe, in parziale accoglimento dell’appello, ha dichiarato “dovuto il rimborso di quanto erroneamente versato dal contribuente, limitatamente agli importi non colpiti da decadenza” (cfr. pag. 3 della sentenza);
3. l’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione, sulla base di un motivo;
il contribuente resiste con controricorso, in cui svolge ricorso incidentale, affidato a quattro motivi; egli ha depositato, altresì, una memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c..
Considerato che:
1. con l’unico motivo di ricorso, denunciando la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,183, c.p.c., 1, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, artt. 19 e 24, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Ufficio censura la sentenza impugnata per avere ritenuto contra legem che, con il deposito di una memoria illustrativa, il contribuente potesse ampliare il petitum della controversia, senza avvedersi che, in tal modo, controparte aveva “completamente stravolto” la richiesta rappresentata dall’originaria istanza di rimborso (di Euro 17/88,86) e senza considerare che il giudizio tributario è caratterizzato da un meccanismo d’avvio di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto in esso indicati;
imputa, altresì, alla CTR di avere erroneamente consentito tale mutatio libelli anche sul presupposto che l’Ufficio non avesse contestato la domanda nuova, con ciò trascurando che l’inammissibilità dell’ampliamento del petitum era rilevabile dal giudice ex officio;
1.1. il motivo è fondato;
invero, nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione, che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado;
ne consegue che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 24,esclusivamente in caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione”; (Cass. 2/07/2014, n. 15051)
tale orientamento si muove nel solco tracciato da questa Corte di legittimità (Cass. 15/10/2013, n. 23326) che, in passato, aveva già avuto modo di precisare che il thema decidendum, come delimitato dal perimetro dei motivi di ricorso, può essere modificato solo nei limiti derogatori dettati dalla disciplina processuale e cioè mediante presentazione di motivi aggiunti, consentita però, ex art. 24 proc. trib., nella sola peculiare ipotesi del “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione” (C. 19337/11; v. anche C. 23123/95, 19000/07, 24970/05); il principio che regola il contenzioso tributario è, infatti, che esso abbia un oggetto delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 24); donde i motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo costituiscono la causa petendi rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo, con conseguente duplice inammissibilità di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (ex plurimis Cass. n. 22010/2006);
nella presente controversia tributaria, la CTR non si è attenuta a questi principi di diritto e, in sostanza, ha erroneamente statuito sulla pretesa creditoria del contribuente, contenuta nella c.d. “memoria integrativa” che valeva come una vera e propria mutatio libelli, ossia come domanda nuova – per petitum e causa petendi – sulla quale, viceversa, correttamente la CTP non aveva statuito alcunchè;
del resto, nella specie vi è stata senz’altro un diretta violazione del principio relativo alla natura impugnatoria del processo tributario, in quanto si è indebitamente dato ingresso, in sede contenziosa, ad una nuova istanza di rimborso, senza che su di essa fosse intervenuto un provvedimento di rigetto, espresso o tacito, da parte dell’Amministrazione finanziaria, quale atto – questo sì – impugnabile;
è indubitabile, inoltre, che le norme che prevedono preclusioni assertive (o istruttorie) – nel processo civile come in quello tributario – rispondono non solo all’interesse delle parti, ma anche all’interesse pubblico al corretto e celere andamento del processo, al fine di realizzare il principio, di rango costituzionale (art. 111 Cost., comma 2), della sua ragionevole durata;
ne consegue che la loro violazione è sempre rilevabile d’ufficio, anche in assenza di contestazione, e, persino, in caso di acquiescenza della parte interessata a dolersene;
la CTR, pertanto, ha errato anche nel ravvisare che sarebbe stato onere dell’Ufficio contestare, nel giudizio di primo grado, (come si esprime la sentenza) l’”istanza integratoria” del contribuente (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata);
2. con il primo motivo di ricorso incidentale, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 100,112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il contribuente censura l’errore di diritto della sentenza impugnata che non ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello incidentale dell’Ufficio e si è pronunciata sul tema della decadenza parziale del diritto al rimborso, senza considerare che l’Agenzia non era soccombente, neppure parzialmente, in primo grado, sicchè il suo appello incidentale era inammissibile per carenza d’interesse;
3. con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 112,167,183,345, c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 54,57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il contribuente censura l’errore di diritto della sentenza impugnata che ha parzialmente accolto l’eccezione di decadenza sollevata dall’Ufficio, omettendo di apprezzare che essa era inammissibile sia in quanto, nel processo tributario, è vietato proporre nuove eccezioni in appello, sia per la sua genericità;
4. con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2934,2966,2967 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si censura la sentenza impugnata per avere violato le disposizioni in tema di decadenza, in quanto il contribuente aveva presentato una tempestiva istanza di rimborso, in data 27/01/2005, indicando la causale del rimborso delle maggiori imposte pagate sull’immobile de quo e i parametri del rimborso a lui dovuto (tariffe d’estimo invece del canone di locazione), con ciò impedendo il maturare della decadenza rispetto all’intero credito;
5. con il quarto motivo, denunciando contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si censura la contraddittorietà dello sviluppo argomentativo della sentenza impugnata che, per un verso, ha escluso che la rettifica degli importi richiesti dal contribuente costituisse un ampliamento del petitum; per altro verso, ha affermato che, per una parte degli importi richiesti, era maturata la decadenza, come se la domanda integrativa si riferisse ad un diritto diverso e non costituisse, invece, una mera rettifica dell’errore materiale contenuto nella domanda di rimborso del 27/01/2005;
6. tutti i motivi del ricorso incidentale sono assorbiti per effetto dell’accoglimento del ricorso principale;
7. in conclusione: accolto il ricorso principale ed assorbito il ricorso incidentale, la sentenza è cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con declaratoria di estinzione del giudizio introdotto con il ricorso originario del contribuente, per cessazione della materia del contendere;
8. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
la Corte accoglie il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza e, decidendo nel merito, dichiara l’estinzione del giudizio introdotto con il ricorso originario del contribuente, per cessazione della materia del contendere;
condanna il contribuente a pagare all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
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