CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 35922 depositata il 7 dicembre 2022
Tributi – Avviso di accertamento – IRES, IRAP e IVA – Contratti di leasing – Frode fiscale – Recupero a tassazione dei costi indebitamente dedotti a titolo di canone di locazione finanziaria e dell’IVA indebitamente detratta esposta nelle fatture – Errore di fatto – Inammissibilità del ricorso
Fatti di causa
Con sentenza 5 maggio 2021, n. 11686, questa Corte ha pronunciato sul ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5721/13/2017, depositata il 4 ottobre 2017, e, in accoglimento dei tre motivi di ricorso, ha cassato la sentenza censurata e rinviato alla Commissione tributaria regionale.
Dal contenuto della suddetta pronuncia di questa Corte si evince che: la controversia aveva origine dalla notifica di un avviso di accertamento per Ires, Irap e Iva relativo all’anno di imposta 2007, con il quale l’amministrazione finanziaria aveva contestato che i contratti di leasing stipulati dalla società Immobiliare C.S. s.r.l. (ora C. s.p..a., quale società incorporante) erano da inquadrarsi in una complessiva operazione di frode fiscale, con conseguente recupero a tassazione dei costi indebitamente dedotti a titolo di canone di locazione finanziaria e dell’iva indebitamente detratta esposta nelle fatture.
Con la citata pronuncia, questa Corte, per quanto di interesse, ha ritenuto di dovere disattendere l’eccezione di passaggio in giudicato della ripresa Ires per l’anno 2005 contenuta nella sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 4911/06/14, in base alla considerazione che la suddetta sentenza era stata appellata dall’ufficio e cassata con rinvio da questa Corte con la pronuncia n. 13138/2020.
Avverso la suddetta pronuncia la società ha quindi proposto ricorso per la revocazione affidato ad un unico motivo di censura.
L’Agenzia delle entrate ha depositato un atto denominato di costituzione con il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per avere erroneamente escluso il passaggio in giudicato della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma, n. 119/1/2013 sulla questione della illegittimità della pretesa relativa alla non deducibilità dei costi relativi ai canoni di leasing, come invece accertato dalla sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 4911/6/2014, con conseguente nullità derivata anche per la pretesa oggetto del giudizio relativo alle annualità 2006 e 2007.
Il motivo è inammissibile.
In termini generali, va osservato che la previsione cli cui all’art. 395, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., cui fa espresso richiamo l’art. 391-bis, comma primo, cod. proc. civ. (che ha introdotto la possibilità di proporre ricorso per revocazione anche avverso le sentenze della Corte di cassazione) circoscrive la rilevanza e decisività dell’errore di fatto al solo caso in cui la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa ovvero sull’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale il giudice si sia poi pronunciato (Cass. civ. 28 settembre 2018, n. 23502), risolvendosi esclusivamente in un vizio di assunzione del “fatto”, che può anche consistere nel contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice (quali la sentenza impugnata o gli atti di parte), e non può, quindi, concernere il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti (cfr., tra le tante, Sez. U, nn. 13181/2013; 2008/26022; nonchè Cass., n. 22569/2013).
Con riferimento al caso di specie, dunque, va rilevato che la sentenza oggetto di revocazione ha espressamente esaminato la questione, procedendo ad una valutazione in ordine alla fondatezza dell’eccezione di giudicato prospettata in quel giudizio dalla società, sicchè il motivo si pone in contrasto con la previsione di cui all’art. 395, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., che, corre detto, richiede che il fatto non deve avere costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.
Inoltre, questa Corte ha più volte precisato che va esclusa dal novero dell’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione, come prevista dall’attuale sistema processuale, ogni valutazione od omessa valutazione sulla sussistenza di un giudicato, perchè quest’ultimo, sia esso interno od esterno, costituisce la “regola del caso concreto” e partecipa della qualità dei comandi giuridici, sicchè l’erronea presupposizione o esclusione della sua inesistenza„ equivalendo ad ignoranza della regula juris, rileva non quale errore di fatto, ma quale errore di diritto (Cass. Sez. U., 16 novembre 2004, n. 21639), inidoneo, come tale, a integrare gli estremi dell’errore revocatorio contemplato dall’art. 395, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., essendo, in sostanza, assimilabile al vizio del giudizio sussuntivo, consistente nel ricondurre la fattispecie ad una norma diversa da quella che reca, invece, la sua diretta disciplina, e, quindi, ad una falsa applicazione di norma di diritto (Cass. civ., 10930/2017).
In conclusione, il motivo è inammissibile, con conseguente declaratorio di inammissibilità del ricorso.
Nulla sulle spese, attesa la mancata costituzione della resistente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il reddito del contributo unificato, ex art. 13, co 1 quater, Dpr 115/02.