CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 35933 depositata il 7 dicembre 2022
Lavoro – Classe di concorso – Esclusione dai Percorsi Abilitanti Speciali – Decreti ministeriali e decreti interministeriali disciplinanti le graduatorie di istituto – Errore revocatorio – Inammissibilità del ricorso
Fatti di causa
P.T. proponeva revocazione della sentenza n. 12639/21 con cui la Corte di legittimità aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla stessa P. avverso la sentenza con cui la corte di appello di Torino aveva rigettato la domanda della P., nei confronti della Regione Autonoma Valle d’Aosta, diretta alla declaratoria di illegittimità dei provvedimenti con cui era stata esclusa dai Percorsi Abilitanti Speciali per la classe di concorso 43° e depennata dalle graduatorie di istituto di terza fascia per le classi di concorso 43/A e 50/A
Avverso tale decisione era proposto l’attuale ricorso per la revocazione della sentenza affidata a tre motivi, anche coltivati con successiva memoria, cui resisteva con controricorso la Regione.
La Procura Generale concludeva per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Considerato che
1) Con il primo motivo è dedotta l’illegittimità della sentenza nella parte in cui dichiara l’inammissibilità del secondo motivo del ricorso per cassazione per difetto di specificità dei motivi. In particolare la ricorrente rileva la sussistenza di un errore di fatto nella determinazione del Giudice di legittimità circa la carenza di sufficiente specificazione dei motivi di censura.
2) Con il secondo motivo è dedotto il vizio revocatorio con riguardo al sesto motivo di censura posta in sede di ricorso originario; quest’ultimo, era stato ritenuto inammissibile dal Giudice di legittimità perché diretto a denunciare la violazione di legge con riferimento a decreti ministeriali e decreti interministeriali disciplinanti, nel tempo, le graduatorie di istituto.
I motivi devono essere valutati congiuntamente in quanto entrambi attinenti a statuizioni derivanti da valutazione di fatto. Con il primo si censura il giudizio circa il difetto di specificità dei motivi; con il secondo ci si duole della determinazione circa la natura regolamentare, di carattere amministrativo, dei decreti ministeriali e interministeriali, per i quali la Corte di legittimità aveva escluso la denunciabilità della violazione di legge.
In entrambi i casi il giudizio di inammissibilità costituiva l’esito della valutazione in concreto svolta sulla sufficienza delle censure e sulla natura degli atti in valutazione cui non era ricollegabile il denunciato vizio di violazione di legge nella interpretazione data.
Per entrambe le doglianze, in questa sede, non può richiamarsi l’errore percettivo quale è quello revocatorio, trattandosi di censure che toccano l’interpretazione data dalla corte di legittimità sia alla qualità dei motivi del ricorso che alla natura degli atti in suo esame.
Deve rammentarsi che le Sezioni Unite del Giudice di legittimità hanno chiarito come “Il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4, c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione” (Cass. SU n. 8984/2018 ). Soggiunge la Corte che ” La giurisprudenza di legittimità ha perimetrato l’errore di fatto, tracciandone, in primo luogo, il confine rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali, laddove l’errore di fatto riguarda solo l’erronea presupposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo ad esempio da una falsa percezione di norme che contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti e integri gli estremi dell’error iuris, sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime, riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione (vadasi tra le tante Cass., Sez. U., 27/12/2017, n. 30994 e sent. ivi cit. a § 3.4; conf. Cass., Sez. U., 27/12/2017, nn. da 30995 a 30997).
Resta, quindi, esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perché siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass., Sez. U., n. 30994/2017, cit.)”.
Il principio richiamato fissa il discrimine tra vizio revocatorio ed error iuris, escludendo dal primo ogni asserita errata valutazione , sia in fatto che in diritto, svolta dal Giudice di legittimità. Nel caso di specie, pertanto, risultano inammissibili le doglianze poste in sede revocatoria, in quanto non attengono ad un errore di percezione ma ad una valutazione.
3) Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 co.1 .n. 4 c.p.c., la illegittimità della statuizione relativa al settimo motivo dell’originario ricorso in cassazione. Con tale censura la ricorrente aveva denunciato l’errore di diritto allorchè la corte territoriale aveva omesso di dichiarare cessata la materia del contendere a seguito del comprovato superamento, da parte della stessa ricorrente, dell’esame scritto e orale riferito alla classe di concorso in discussione . Il Giudice d’appello aveva valutato nuova la questione in quanto non allegata la prova della sua deduzione dinanzi al giudice del merito.
Anche in questo caso a fronte della censura revocatoria è prospettata una questione attinente alla valutazione di merito svolta dalla corte d’appello, estranea, in quanto tale al perimetro dell’errore revocatorio come sopra delineato.
Il ricorso per le esposte ragioni è inammissibile .
Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), ove dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 5.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previso per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.