CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 36051 depositata il 7 dicembre 2022

Omesso versamento di ritenute alla fonte – Sanzioni – Articolo 23, d.P.R. n. 600/1973 e articolo 3, d.P.R. n. 602/1973 – Ammissibilità del ricorso – Canoni di ammissibilità del vizio – omesso esame di un fatto storico, principale o secondario – anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante – doppia conforme ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 348-ter cod. proc. civ., si applicano anche al ricorso tributario

Fatti di causa

La società in nome collettivo F.S.D. di D.R.E. e D.R.EM., in persona del legale rappresentante pro tempore, impugnò l’atto di contestazione con il quale l’Agenzia delle entrate, in occasione di una verifica fiscale eseguita nei confronti della società, aveva applicato le sanzioni per l’omesso versamento di ritenute alla fonte relativamente all’imposta 2001 per il mancato rispetto di quanto disposto dall’art. 23 del d.P.R. n.600 del 1973 e dell’art.3 del d.P.R.n. 602 del 1973.

Il ricorso venne rigettato dall’adita Commissione tributaria di prima istanza e la sentenza, appellata dalla società, venne confermata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe.

Il Giudice di appello – premesso che i motivi di impugnazione, si concretizzavano in una sostanziale riproposizione delle argomentazioni già poste con il ricorso introduttivo e con le successive memorie – riteneva che non potesse estendersi al giudizio il giudicato (sentenza del Tribunale del lavoro di Roma che aveva annullato la cartella per contributi previdenziali) formatosi nei confronti dell’INPS, mentre dovevano tenersi in considerazione le conclusioni alle quali erano pervenuti i verbalizzanti, traenti fondamento dalle dichiarazioni rese da alcuni lavoratori, di diversa nazionalità, presenti nei locali della Società, nonché del dettagliato elenco nominativo di persone che risultavano avere svolto attività di lavoro dipendente, nel corso dell’anno 2001, fornito dalla società nel ricorso al giudice del lavoro. Riteneva, infine, la C.T.R. che il processo verbale di constatazione era assistito da fede privilegiata, con la conseguenza che, ai fini della sua contestazione, si imponeva la querela di falso.

Avverso questa sentenza la Società propone ricorso articolato su tre motivi.

L’Avvocatura generale dello Stato, per l’Agenzia delle entrate, ha depositato atto al fini dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.

Equitalia S.p.a. non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione alla pubblica udienza, nelle forme di cui all’art.23, comma 8 bis della legge n.176 del 2020, in prossimità della quale il P.G. ha depositato le sue conclusioni chiedendo il rigetto del ricorso.

La Società ha depositato memoria.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, articolato in relazione all’art.360, primo comma, num.5 cod.proc.civ., la Società denuncia la sentenza impugnata di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Secondo la prospettazione difensiva, la sentenza impugnata era erronea nella parte in cui aveva statuito l’ininfluenza della sentenza, passata in cosa giudicata, del Giudice del lavoro di Roma con cui si era accertato che i rapporti di lavoro subordinato non erano comprovati.

Inoltre, la sentenza impugnata aveva omesso di considerare alcune circostanze risultanti dallo stesso p.v.c. e dalle dichiarazioni dei lavoratori.

2. La stessa tipologia di vizio viene dedotta con il secondo motivo di ricorso. Con questo mezzo di impugnazione la ricorrente censura il passo motivazionale della sentenza con cui la C.T.R. aveva ritenuto che la Società, sia con l’atto introduttivo che con l’atto di appello si fosse limitata a contestare, in modo del tutto generico, le risultanze del processo verbale redatto dalla Guardia di finanza. In particolare si deduce l’omessa pronuncia sui motivi dedotti al punto III dell’atto di appello (integralmente riportato in ricorso), e si evidenzia , una motivazione insufficiente e contraddittoria con particolare riferimento al contenuto dell’ agenda di colore marrone nonché delle risultanze di un blocchetto di ricevute di pagamento per prestazioni lavorative.

3. Infine, con il terzo motivo di ricorso – rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art.2700 c.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art.360, co.1, n.5 c.p.c.)- la società censura la sentenza impugnata laddove attribuisce al contenuto del verbale di accertamento fede privilegiata laddove dallo stesso e in particolare dalla rappresentazioni dei fatti avvenuta in presenza dei verificatori non si poteva evincere la prova della subordinazione, considerato che da detto verbale nulla si evinceva in ordine all’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare dei ventinove lavoratori interessati e, più, in generale, in ordine alle concrete modalità di attuazione delle relative, non precisate, prestazioni.

4. Il ricorso è inammissibile. La sentenza impugnata è stata, infatti, depositata il 21 marzo 2013 con la conseguenza che al ricorso è applicabile il nuovo disposto dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.  come autorevolmente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la sentenza 7.4.2014 n.8053 hanno statuito i seguenti principi:

a) le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 348-ter cod. proc. civ., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che l’art. 54, comma 3-bis, del d.l. n. 83 del 2012, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito;

b) l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

c) La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

4.1 Nessuna delle censure mosse con i tre motivi di ricorso rispetta i canoni di ammissibilità del vizio, risultante dalla vigente formulazione dell’art.360, primo comma, num.5 cod.proc.civ., risolvendosi al contrario, come evidenziato anche dal P.G., nella contestazione, sotto diversi profili, della valutazione del giudice di merito sul materiale probatorio in atti, ben tenuto presente dalla C.T.R. e della quale la stessa da atto (sia con riguardo alla sentenza, passata in cosa giudicata del Giudice del lavoro del Tribunale di Roma, sia con riguardo alla documentazione extracontabile rinvenuta e, ancora, con riguardo alle dichiarazioni raccolte in sede di accesso) con motivazione congrua e corretta.

Da quanto esposto consegue un’ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso, alla luce del costante insegnamento di questa Corte secondo cui “il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza – nonché di individuare le fonti del proprio convincimento scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti – spetta in via esclusiva al giudice del merito; di conseguenza la deduzione con il ricorso per Cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, restando escluso che le censure concernenti il difetto di motivazione possano risolversi nella richiesta alla Corte di legittimità di una interpretazione delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito” (cfr, ex plurimis, Cass. 10.06-2014 n. 13054; Cass.27.07.2017 n. 18665).

5. In conclusione, alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile.

6.Non vi è pronuncia sulle spese in assenza di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia S.p.A.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R.n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.