CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37255 depositata il 20 dicembre 2022
Tributi – IVA – Settore sanitario ospedaliero – Prestazioni di servizio nell’ambito dei servizi ausiliari – Responsabilità del committente per omessa regolarizzazione delle fatture – Regolarità formale della fattura
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 238/02/11 del 06/10/2011, la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da P. s.p.a. (di seguito P.) avverso la sentenza n. 377/25/09 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente avverso alcuni atti di contestazione sanzioni in materia di IVA e relativi agli anni 2000-2003.
1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR, gli atti di contestazione erano stati emessi in ragione della omessa regolarizzazione, da parte di P., delle fatture emesse dalla controllante S. s.r.l. (di seguito S.) e concernenti opere di ristrutturazione edilizia di immobili ritenute non finalizzate ad agevolare e integrare l’attività istituzionale sanitaria della società e, quindi, normalmente assoggettate ad IVA (imposta in ipotesi non applicata).
1.2. Su queste premesse, la CTR, ogni altra questione disattesa, motivava il rigetto dell’appello di P. osservando che: a) «i servizi prestati dalla controllante S. S.r.l. oggetto della fatturazione non identificano prestazioni di servizio nell’ambito dei servizi ausiliari, atteso che l’attività dell’appellante P. S.p.A. è svolta nel settore sanitario ospedaliero, per cui i servizi stessi – concernenti lavori di manutenzione effettuati sugli edifici utilizzati per lo svolgimento dell’attività – in modo evidente non integrano con carattere ausiliario le operazioni caratteristiche proprie della società ricorrente», in quanto non si trattava di quei «servizi tipici prestati dalle singole società del gruppo, i cui costi sono sostenuti perché ritenuti necessari assicurare un livello di operatività dell’attività adeguato alla complessità delle prestazioni (nella fattispecie, sanitarie e ospedaliere) offerte e rese»;
b) doveva ritenersi che P., «quale committente di un servizio non ausiliario, non avendo regolarizzato le fatture in parola con la prestazione di un documento integrativo contenente tutte le indicazioni prescritte dall’art. 21 e con il versamento dell’imposta dovuta, ha violato la disposizione dell’art. 6, comma 8, lett. b) del D.Lgs. 471/1997».
2. P. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.
3. L’Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione e ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
4. Con ordinanza resa all’esito dell’udienza del 15/09/2020 la causa veniva rinviata a nuovo ruolo.
Ragioni della decisione
1. Va pregiudizialmente evidenziato che l’Agenzia delle entrate non si è ritualmente costituita in giudizio, ma ha comunque depositato memoria prima della precedente udienza camerale del 15/09/2020, memoria da ritenersi ammissibile (e ciò diversamente da quella eventualmente depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. prima dell’udienza pubblica disciplinata dall’art. 23, comma 8 bis, del d.l. n. 137 del 2020: cfr. Cass. S.U. n. 42090 del 31/12/2021).
1.1. Questa Corte aderisce, infatti, all’orientamento già espresso (Cass. n. 6592 del 10/03/2021; Cass. n. 22362 del 15/10/2020; Cass. n. 5508 del 28/02/2020; Cass. n. 12803 del 14/05/2019; Cass. n. 21798 del 07/09/2018; Cass. n. 4906 del 27/02/2017), secondo cui, in tema di rito camerale di legittimità ex art. 380 bis.1 c.p.c., relativamente ai ricorsi già depositati alla data del 30 ottobre 2016 – come quello in oggetto – e per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale, la parte intimata che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c. ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe ancora la possibilità di partecipare alla discussione orale, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà può presentare memoria, munita di procura speciale, nei medesimi termini entro i quali può farlo il controricorrente: in tali casi, trova, infatti, applicazione l’art. 1 del protocollo d’intesa sulla trattazione dei ricorsi presso le sezioni civili della Corte di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016 tra il Consiglio nazionale forense, l’Avvocatura generale dello stato e la Corte di cassazione.
1.2. L’esigenza di sopperire al deficit di tutela che altrimenti si verificherebbe induce difatti a ritenere preferibile l’orientamento in questione rispetto a quello, di segno opposto (Cass. n. 24422 del 05/10/2018; Cass. n. 10813 del 18/04/2019; Cass. n. 17030 del 16/06/2021; Cass. n. 34791 del 17/11/2021), secondo cui, in mancanza di controricorso notificato nei termini di legge, l’intimato non è legittimato al deposito di memorie illustrative ex art. 370 c.p.c., ancorché sia munito di regolare procura speciale ad litem.
2. Con il primo motivo di ricorso P. deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sul motivo di appello concernente l’illegittimità dell’atto di contestazione per violazione dell’art. 6, comma 8, lett. b), del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, concernente la responsabilità del committente per omessa regolarizzazione delle fatture, responsabilità che sarebbe limitata alla regolarità meramente formale del documento e non anche alla dichiarazione di assoggettabilità o meno all’IVA.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omessa motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere la CTR motivato in ordine alla questione concernente la responsabilità del committente per come emergente dalla corretta interpretazione dell’art. 6, comma 8, lett. b), del d.lgs. n. 471 del 1997.
2.2. Con il terzo motivo di ricorso la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione del più volte menzionato art. 6, comma 8, lett. b), del d.lgs. n. 471 del 1997, in quanto la norma si riferisce solo alle irregolarità meramente formali della fattura rilasciata dall’appaltatore, con esclusione di apprezzamenti sulla dichiarazione di non assoggettabilità all’IVA della prestazione fatturata.
3. I tre motivi possono essere unitariamente esaminati, involgendo, sotto diversi profili, la medesima questione e vanno complessivamente accolti per le considerazioni che seguono.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «l’obbligo, in capo al concessionario o committente, di regolarizzare le fatture emesse dal cedente sussiste nel solo caso in cui le mancanze da questi commesse riguardino l’identificazione dell’atto negoziale e i dati fiscalmente rilevanti, ma non si estende anche a controlli sostanziali sulla corretta qualificazione fiscale dell’operazione, non soltanto perché ciò non sarebbe coerente con il contestuale obbligo del soggetto tenuto alla regolarizzazione della fattura altrui di pagare l’imposta non versata o versata in misura insufficiente, ma anche perché l’inclusione, tra i suoi compiti, di un apprezzamento critico su quanto dichiarato in ordine all’imponibilità dell’operazione, trasformerebbe l’obbligato in rivalsa in un collaboratore, con supplenza di funzioni di esclusiva pertinenza dell’Ufficio finanziario» (Cass. n. 14275 del 08/07/2020; conf. Cass. n. 13032 del 14/05/2021).
3.1.1. In buona sostanza, il controllo richiesto al cessionario o al committente dall’art. 6, ottavo comma, del d.lgs. n. 471 del 1997 è intrinseco al documento, in quanto limitato alla regolarità formale della fattura, e, dunque, alla verifica dei requisiti essenziali individuati dall’art. 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, tra i quali rilevano, tra gli altri, i dati relativi alla natura, qualità, quantità dei beni e dei servizi, all’ammontare del corrispettivo, all’aliquota ed all’ammontare dell’imposta e dell’imponibile. La regolarizzazione richiesta al cessionario o committente consiste nel fornire le indicazioni dell’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale appunto elenca gli elementi da inserirsi nella fattura (Cass. n. 23256 del 27/09/2018; Cass. n. 15303 del 21/07/2015), ma non si estende al controllo sostanziale della corretta qualificazione fiscale dell’operazione (Cass. n. 26183 del 12/12/2014).
3.1.2. Ciò fatte salve le ipotesi in cui il cessionario/committente di beni o servizi non si limiti ad operare ab externo sul solo rapporto di rivalsa ma incida direttamente sul rapporto tributario, risultando in tal caso condotta esigibile quella relativa al controllo ed al vaglio critico della qualificazione fiscale dell’operazione, come avviene nel caso dell’inversione contabile (Cass. n. 12138 del 14/04/2022) ovvero nel caso in cui egli abbia dato luogo, con le sue dichiarazioni, alla irregolarità della fatturazione (Cass. n. 16767 del 09/08/2016).
3.2. Nel caso di specie, la CTR – imputando a P. l’omessa regolarizzazione delle fatture emesse per servizi resi da S. – non ha fatto corretta applicazione dei superiori principi di diritto. Invero, la controllante S. s.r.l. ha emesso fatture senza applicazione dell’imposta nei confronti della controllata P. qualificando giuridicamente i servizi resi come servizi ausiliari e, pertanto, esenti IVA. Tale qualificazione giuridica non avrebbe potuto essere contestata da P., perché attinente non già alla corretta determinazione dell’aliquota, ma all’applicazione o meno dell’imposta; e involgente, pertanto, una valutazione giuridica su di un rapporto tributario che, nella specie, sfugge al diretto controllo della ricorrente.
5. Con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’omessa pronuncia sul motivo di appello relativo alla errata determinazione nel quantum delle sanzioni irrogate.
5.1. Con il quinto motivo di ricorso P. contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 6, comma 1 e 3, lett. c), della l. 13 maggio 1999, n. 133 e dell’art. 59, comma 1, lett. c), del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario – TUB), atteso che le prestazioni di servizi rese da S. s.r.l. a P. s.r.l. rientrerebbero nell’ambito delle attività di carattere ausiliario e sarebbero, pertanto, esenti da IVA.
5.2. Con il sesto motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sul motivo di appello relativo alla sussistenza, nella fattispecie, del requisito della esclusività delle prestazioni rese da S. a P..
6. I tre motivi restano assorbiti dalla decisione assunta con riferimento agli altri tre motivi.
7. In conclusione, vanno accolti i primi tre motivi di ricorso nei termini di cui si è detto, con assorbimento degli altri tre. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e, non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente.
7.1. Tenuto conto delle peculiarità riconnesse alle questioni giuridiche affrontate dalla presente controversia, sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente; dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.