CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37352 depositata il 20 dicembre 2022
Tributi – Accertamento di ricavi non dichiarati – Società di capitali a ristretta base sociale – Presunzione di distribuzione ai soci degli utili extra-bilancio – Definizione agevolata – Accordo di ripartizione delle somme ricavate da apparecchi di gioco – Estinzione – Rigetto
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate accertava nei confronti della società E.S. ricavi non dichiarati (consistenti in parte del residuo raccolta delle giocate in apparecchi di gioco dislocati presso vari esercenti), con riferimento all’annualità 2008, per € 585.462,00.
L’accertamento veniva effettuato anche nei riguardi dei soci, vertendosi in tema di società di capitali a ristretta base sociale, con conseguente presunzione di distribuzione ai soci degli utili extra-bilancio.
2. I contribuenti proponevano così ognuno ricorso, che la CTP rigettava.
3. Gli stessi proponevano allora appello, e la CTR – riuniti i vari ricorsi – respingeva gli stessi. I contribuenti propongono ricorso in cassazione, affidato a cinque motivi. L’Agenzia si è costituita con controricorso per resistere all’impugnativa.
4. Con memoria 29 maggio 2019 i soli soci L. e A.F. chiedevano la sospensione del processo avendo provveduto a chiedere la definizione agevolata ai sensi del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119.
La parte ricorrente ha infine depositato memoria in data 3 novembre 2022.
Ragioni della decisione
1. Con riguardo alla controversia relativa a L. ed A.F., entro il 31 dicembre 2020 nessuna delle parti ha presentato l’istanza di trattazione di cui al comma 13 dell’art. 6, d.l. n. 119/2018, né risulta intervenuto diniego della definizione, poi impugnato. In proposito va data continuità alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 03/10/2018, n. 24083) secondo la quale, in presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391, cod. proc. civ., ove nessuna delle parti abbia presentato l’istanza di trattazione di cui al comma 13 dell’art. 6, d.l. n. 119/2018 (non rilevando sotto tal profilo l’istanza di trattazione finalizzata alla declaratoria d’estinzione); peraltro, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato.
Venendo all’applicazione del principio enunciato alla controversia in esame, si rileva che i due soci hanno documentato di avere presentato la dichiarazione di definizione agevolata, unitamente alla prova di aver pagato gli importi dovuti e ciò hanno fatto allegando la relativa documentazione alla memoria depositata ed in particolare la domanda e l’attestato di avvenuto pagamento.
L’Agenzia non ha depositato memoria in relazione alla trattazione nell’odierna adunanza, nulla ha osservato sulla mancata notificazione dei documenti prodotti con la memoria, che devono ritenersi comunque conosciuti (e, del resto, non ha eccepito che non le siano stati notificati ai sensi dell’art. 372, secondo comma, cod. proc. civ.). Ne segue che di essi si può e si deve tenere conto ed anzi si deve reputare che l’Agenzia concordi sulla verificazione di quanto da detta documentazione emerge.
Pertanto, ai sensi del citato comma 13 dell’art. 6, d.l. n.119/2018, il processo si è estinto con il decorso del termine del 31 dicembre 2020.
Essendo estinta l’obbligazione tributaria a seguito del versamento dell’importo previsto dalla normativa relativa alla definizione agevolata sopra richiamata risulta, secondo i principi indicati da Cass. n. 24083 del 2018 sopra citata, una fattispecie di cessazione della materia del contendere.
Le spese restano a carico della parte che le ha anticipate trattandosi di ipotesi di estinzione.
2. Venendo invece alle altre parti, con il primo motivo i contribuenti denunciano omesso esame della domanda recante censura per difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, e quindi violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.
Osservano i contribuenti come, pur indicando nello “svolgimento del processo” la domanda sopra riferita, la CTR poi non decideva sul punto, mentre a sua volta la CTP aveva ritenuto che l’allegazione all’avviso di accertamento del tabulato, contenente i dati su cui si basò la ricostruzione delle somme non dichiarate, non riguardasse un documento anonimo in quanto l’amministrazione ne aveva dichiarato la provenienza. In realtà i contribuenti deducono di avere censurato la mancata allegazione all’avviso dei documenti che sono serviti per la compilazione del tabulato stesso, non l’anonimato dello stesso.
2.1. Effettivamente la CTR ha omesso di pronunciarsi sulla doglianza, pur avendola compiutamente riportata nello svolgimento del processo. Tuttavia, l’omissione non risulta decisiva. Infatti, è pacifico che l’amministrazione abbia allegato il tabulato da cui ha estratto i dati necessari alla determinazione delle somme non denunziate. Il tabulato venne acquisito mediante apposita procedura, cui l’Agenzia è autorizzata ad accedere ai sensi dell’art. 51, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e riproduce i dati rinvenienti dalle concessionarie che, come indicato nella sentenza d’appello, comunicano periodicamente gli stessi sia agli esercenti che ai gestori (pag. 4).
3. Con il secondo motivo i contribuenti denunciano violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., per omesso esame della domanda (con cui si chiedeva di abbattere del 50 % il reddito accertato), in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.
I contribuenti allegano di aver già in appello censurato la prima sentenza, per non aver essa preso in esame l’analoga censura all’avviso, proposta nel ricorso introduttivo. La CTR da un lato riconosceva l’esistenza dell’accordo fra la E.S. e gli esercenti dei locali in cui si trovavano gli apparecchi per il gioco, tramite il quale andava corrisposto a questi ultimi, in sede di “scassettatura”, il 50 % del residuo raccolta; dall’altro però la stessa non avrebbe preso posizione sulla richiesta di riconteggio, il quale avrebbe comportato il dimezzamento della base imponibile.
3.1. Anche tale motivo è infondato, poiché la CTR ha invece motivato sul punto. Essa ha dato atto dell’accordo di ripartizione, ma la stessa ha escluso di poter tenere conto dei dati di bilancio, ritenendo invece che “ai fini fiscali rilevano soltanto i dati dei contatori degli apparecchi forniti dal concessionario che periodicamente trasmette un documento contabile ai gestori ed esercenti, ai fini del conto economico”, precisando poi che tutti gli apparecchi di gioco “sono collegati alla rete telematica dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli per il tramite delle società concessionarie”. Inoltre, i giudici d’appello ritengono che anche i verbali di “scassettamento” costituiscano ulteriore elemento di prova della effettiva divisione delle somme rinvenute negli apparecchi.
La CTR ha così sottratto il totale del residuo raccolta, come determinato dall’ufficio sulla base degli elementi già indicati, pari ad € 2.611.171,95; considerando che i compensi percepiti dagli esercenti, sulla base delle ricevute presentate dalla società contribuente, era pari ad € 1.012.855,00, e che la stessa cifra è stata dichiarata dalla società come ricavo, emergeva una differenza pari ad € 585.462,00.
La CTR ha poi concluso ritenendo “corretto anche il comportamento dell’Ufficio che ha determinato i ricavi utilizzando i dati trasmessi dalle società concessionarie”. Con ciò i giudici d’appello hanno definitivamente chiarito di aver privilegiato, rispetto al dato negoziale, le risultanze degli accertamenti e quindi dei dati rinvenienti da quanto registrato dai concessionari collegati agli apparecchi, per cui agli esercenti, in base alle ricevute, vennero attribuiti € 1.012.855,00, mentre il resto del residuo raccolta è pervenuto invece al gestore, evidentemente a dispetto degli accordi suddetti.
4. Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 132 e 156, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.
Tale motivo viene spiegato per l’ipotesi in cui si ritenesse che la CTR avesse implicitamente respinto il motivo che precede, nel qual caso si denuncia appunto l’apparenza della motivazione, in quanto insanabilmente contraddittoria perché caratterizzata da proposizioni tra loro inconciliabili. Infatti, la decisione, dopo aver accertato che gli accordi prevedevano il riparto del residuo raccolta tra gestore ed esercente, ha poi portato in detrazione le sole somme per le quali gli esercenti avevano rilasciato ricevuta (€ 1.012.855 su un residuo raccolta di € 2.611.171,95).
4.1. Tale motivo risulta infondato da quanto osservato a proposito del motivo precedente. In particolare, la censura di insanabile contraddittorietà è infondata sulla base del ragionamento della CTR come sopra riportato.
5. Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 132 e 156, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per omesso esame delle domande proposte dai soci.
Denunciano i contribuenti come la sentenza della CTR non si sia affatto occupata delle domande pur spiegate dai soci.
5.1. Anche tale motivo è infondato. Come riportato nello stesso ricorso, la CTR (seppur nella parte svolgimento del processo) ha osservato, richiamando sul punto un precedente di questa Corte, che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, in caso di società di capitali a ristretta base sociale è legittima la presunzione di distribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati”, aggiungendo che nel caso in esame essendo stati accertati tali utili, e qui sempre richiamando precedenti di questa Corte “opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salvo la prova contraria”.
6. Con il quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 2727 e 2729, cod. civ., nonché dell’art. 5, TUIR, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.
Ove fosse ritenuto che in realtà la CTR avesse preso in considerazione le domande dei soci, sarebbe però evidente secondo i contribuenti che mancherebbe qualsivoglia indagine funzionale alla prova che quello in discussione costituisca un caso di società di capitali a ristretta base sociale, e si fosse operata una doppia presunzione (non solo quella della ristretta base ma, da ciò, quella di distribuzione degli utili ai soci).
6.1. Neppure tale censura è fondata. Intanto non può sostenersi che la CTR dovesse fornire una motivazione in ordine alla natura di società con ristretta base sociale di quella oggetto di causa, poiché è pacifico che si tratti di una società con soli quattro soci. Inoltre, nell’ordinamento non esiste affatto un divieto di praesumptio de praesumpto, “in quanto lo stesso non è riconducibile né agli artt. 2727 e 2729, c.c. né a qualsiasi altra norma e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea – in quanto a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto” (Cass. 01/08/2019, n. 20748). Infatti “In tema di presunzioni, la prova inferenziale che sia caratterizzata da una serie lineare di inferenze, ciascuna delle quali sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, fa sì che il fatto “noto” attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto “ignorato”, il quale cessa pertanto di essere tale divenendo noto, ciò che risolve l’equivoco logico che si cela nel divieto di doppie presunzioni” (Cass. 07/12/2020, n. 27982).
7. Il ricorso merita dunque parziale rigetto, per la parte cioè non oggetto di estinzione, con aggravio di spese i capo ai contribuenti soccombenti.
8. Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato a carico dei ricorrenti che non hanno aderito alla definizione agevolata.
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del giudizio con riferimento alla controversia relativa ai soci L. e A.F..
Respinge nel resto il ricorso.
Condanna i ricorrenti E.S. s.r.l., G. e P.G., al pagamento delle spese di lite che liquida in € 8.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Dichiara la sussistenza, sempre nei confronti dei soli ricorrenti di cui al capo che precede, dei presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.