CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37445 depositata il 21 dicembre 2022
Tributi – Rimborso IVA – Danno da svalutazione monetaria – Ritardata restituzione dell’imposta pagata in eccedenza – Giurisdizione tributaria – Questione “accessoria” alla controversia tributaria – Giurisdizione del giudice ordinario – Accoglimento
Fatti di causa
Il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento della domanda proposta dalla società R.R. srl, condannava l’Agenzia delle entrate al risarcimento del danno da ritardo connesso all’intempestivo rimborso IVA per gli anni 2010 e 2011, per il quale la società, dopo avere ottenuto detto rimborso, ha reclamato il maggior danno, quantificandolo in euro 1.930.812,78.
Il Tribunale riteneva parzialmente dimostrato il pregiudizio ulteriore patito dalla società rispetto agli interessi riconosciuti dall’ufficio fiscale, in relazione alla documentata differenza tra l’importo degli interessi accreditati dallo Stato alla parte attrice e quello degli interessi passivi producibili sulla sorte capitale versati dal creditore all’istituto bancario.
La Corte di appello di Roma, accogliendo l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ritenuto assorbito l’appello incidentale della società, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario rispetto alla domanda proposta ritenendo che, in forza di quanto stabilito da queste Sezioni Unite, la domanda di maggior danno da svalutazione monetaria in relazione alla ritardata restituzione dell’imposta pagata in eccedenza fosse riservata alla giurisdizione del giudice tributario, allo stesso essendo devolute le controversie riguardanti tutti gli accessori relativi ai tributi.
La società R.R. srl ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
Il Procuratore generale chiedeva inizialmente dichiararsi la giurisdizione del giudice tributario.
Con ordinanza interlocutoria n.28023/2022, pubblicata il 26 settembre 2022, le Sezioni Unite rinviavano la decisione del procedimento alla trattazione in pubblica udienza.
La ricorrente ha depositato memoria.
All’udienza del 6 dicembre 2022, sentito il Procuratore Generale che ha depositato conclusioni scritte l’8 novembre 2022, con le quali ha chiesto alle Sezioni Unite di affermare la giurisdizione del giudice ordinario, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione
1. La ricorrente, con l’unico motivo proposto, ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n.546/1992, a tenore del quale “appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio”.
1.1 Ritiene la società contribuente che la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere avvinta alla giurisdizione tributaria la domanda proposta in primo grado, con la quale si chiedeva la condanna dell’erario al pagamento degli interessi e dell’eventuale maggior danno da svalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 1224, c.2, c.c., in conseguenza della ritardata restituzione dell’imposta pagata in eccedenza, non essendo la stessa accessoria alla domanda avente ad oggetto il rapporto tributario – nel caso di specie totalmente definito per effetto del rimborso di imposta effettuato dall’Amministrazione.
1.2 In tale ipotesi, pertanto, non sarebbe prospettabile, ad avviso della ricorrente, quell’esigenza di concentrazione e di effettività della tutela del danneggiato tale da giustificare l’attrazione della domanda di maggior danno da ritardo a quella relativa al rapporto tributario, dovendosi, per l’effetto, affermare la giurisdizione del giudice ordinario.
2. Il motivo merita di essere accolto per le considerazioni di seguito esposte.
3. Giova premettere, in punto di fatto, che la pretesa azionata dalla società nei confronti dell’amministrazione fiscale attiene al danno da ritardo connesso all’intempestivo rimborso IVA per eccedenze di imposta detraibili per gli anni 2010 e 2011 che l’amministrazione ha spontaneamente versato ma con ritardo rispetto al termine previsto dalla disciplina di settore (artt. 30 e 38-bis d.P.R. n.633/1972), liquidando alla contribuente anche gli interessi legali.
3.1 All’esito del versamento delle somme, la società R.R. srl ha chiesto innanzi al giudice ordinario il maggior danno non adeguatamente compensato, a suo dire, dalla corresponsione degli interessi, per avere dovuto sostenere, in relazione al protrarsi del ritardo, ingenti costi nell’attivazione di una linea di credito, quantificati in euro 4.545.039,72.
3.2 Ora, la Corte di appello, nel riformare la decisione di prime cure, ha ritenuto che la controversia azionata innanzi al giudice ordinario e volta ad ottenere il risarcimento del danno doveva essere devoluta alla giurisdizione del giudice tributario, richiamando alcune pronunzie di queste Sezioni Unite e, specificamente, Cass. S.U., n.16871/2007 e Cass. S.U., n.17993/2012, della quale ha riportato un ampio stralcio.
4. Orbene, ai fini della questione all’esame delle Sezioni Unite occorre muovere dall’art. 2, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, a tenore del quale «appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio».
4.1 Disposizione, quest’ultima, che, per effetto della modifica apportata dall’art. 12 della legge finanziaria del 2002 (l. 28 dicembre 2001, n. 448), ha ampliato, rispetto al passato, la giurisdizione tributaria, estendendola a tutte le controversie aventi ad oggetto “i tributi di ogni genere e specie”, e investendola, alla stregua dell’elaborazione giurisprudenziale in materia, non soltanto della mera pretesa concernente l’imposta, ma anche di ulteriori questioni quali quelle relative, per quel che qui importa, alle sanzioni amministrative, agli interessi “e ad ogni altro accessorio”.
4.2 Formula, quest’ultima non presente nell’art. 1 del d.P.R. n.636/1972, nel quale la giurisdizione del giudice tributario era stata congegnata, individuandola in ragione di specifiche tipologie di tributi e/o di controversie, ma senza specificare alcunché in punto di interessi e ogni altro accessorio.
4.3 Orbene, questa Corte ha ritenuto che la tutela giurisdizionale del contribuente relativamente ai tributi, di cui all’art. 1 del predetto d.P.R. n.636/1972 fosse affidata, in via esclusiva, alla giurisdizione delle Commissioni tributarie la quale, senza lasciar spazio ad altre giurisdizioni -Cass. S.U., n.12108/1995-, attiene sia all’esistenza, in astratto o in concreto, del potere impositivo, quale che sia la causa petendi della domanda, sia alla legittimità del suo esercizio -Cass., S.U., n.10999/1993, sia all’entità dell’obbligazione tributaria, sia al rifiuto di rimborso di somme riscosse anche in totale carenza di potere impositivo, riconoscendo in tal modo alle Commissioni tributarie – ora Corti di giustizia tributaria, per effetto della recente riforma in materia di giustizia e di processi tributari, ai sensi della l.n.130/2022 (art.1) – la competenza giurisdizionale in via esclusiva sulla tutela dei diritti soggettivi attinenti alla materia loro devoluta -Cass. S.U., n.3273/1990, che richiama Cass., S.U., n.5486/1988.
5. Orbene, la questione qui all’esame attiene al riparto tra giurisdizioni (tributaria da un lato e ordinaria dall’altro) rispetto alla domanda di risarcimento del danno avanzata nei confronti dell’Amministrazione che abbia già spontaneamente assolto il suo obbligo di restituzione di un credito d’imposta nei confronti del contribuente – al quale l’amministrazione può essere chiamata d’ufficio o su domanda -, laddove l’obbligo risarcitorio è correlato al ritardo nell’erogazione del rimborso di imposte corrisposte in eccedenza.
5.1 Ora, come già ricordato l’art. 2 d.lgs. n.546 del 1992 attribuisce alla giurisdizione tributaria non soltanto ogni questione afferente al rapporto tributario, ma anche la richiesta di corresponsione degli interessi sul credito da rimborso del contribuente, che, in quanto aventi carattere accessorio alla relativa pretesa, seguono le vicende afferenti al tributo in contestazione.
5.2 Per quel che invece riguarda il maggior danno da svalutazione monetaria, la giurisprudenza di queste Sezioni Unite ha subito un’evoluzione, essendosi inizialmente affermata la giurisdizione del giudice ordinario -Cass. S.U., n. 6360/1987; Cass. S.U., n. 3843/1990; Cass. S.U., n.1645/1991; Cass. S.U., n.1306/1991; Cass. S.U., n.1121/1991; Cass. S.U., n.217/1991; Cass. S.U., n. 1307/1991; Cass. S.U., n.1645/1991; Cass. S.U., n. 2962/1992; Cass. S.U., n. 4598/1992.
5.2.1 Tale indirizzo si è giustificato ritenendo la controversia sul punto direttamente connessa, secondo la dottrina, vuoi alla natura risarcitoria della relativa pretesa, al carattere di obbligazione di valore (e non di valuta) della stessa ed alla conseguente non automatica determinabilità di quanto dovuto, vuoi ad un implicito limite funzionale della giurisdizione tributaria, come tale circoscritta alle sole azioni conseguenti all’impugnazione di specifici atti o comportamenti inerti dell’Amministrazione e non anche alle liti sui rapporti regolate dalle norme del diritto processuale comune.
5.3 Il predetto orientamento è stato tuttavia ed in modo univoco superato dalla più recente giurisprudenza di queste Sezioni Unite che ha stabilmente riconosciuto, ancor prima dell’entrata in vigore dell’art. 2, d.lgs. n.546/1992, cit., la giurisdizione tributaria non soltanto sulle questioni attinenti all’esistenza e all’entità dell’obbligazione tributaria o dell’obbligazione da rimborso di tributi indebitamente pagati, ma anche su tutte le pretese risarcitorie correlate alla violazione di obblighi inerenti al rapporto d’imposta, ivi comprese quelle di risarcimento del danno da svalutazione monetaria verificatasi nelle more dell’adempimento.
5.3.1 In questa prospettiva, Cass. S.U., n. 8277/1994 – decidendo una controversia promossa dal contribuente nei confronti del sostituto d’imposta per pretendere il pagamento anche della parte del credito che quest’ultimo avesse trattenuto e versato a titolo di ritenuta d’imposta, ritenne devoluta alla competenza giurisdizionale delle Commissioni tributarie e non del giudice ordinario, anche la lite su rivalutazione ed interessi da ritardo, posto che l’indagine sulla legittimità della ritenuta non integrava una mera questione pregiudiziale, suscettibile di essere delibata incidentalmente.
5.3.2 In tale circostanza venne quindi specificato che tale soluzione interpretativa era strettamente collegata alla esistenza della giurisdizione esclusiva delle Commissioni tributarie, alle quali si accede attraverso l’impugnazione dell’atto, per poi affermare che qualora fosse accertato un credito del ricorrente, le Commissioni tributarie possono condannare l’amministrazione al relativo pagamento (in forza dell’art. 20, comma quarto, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636).
5.3.3 Sulla base di tali presupposti argomentativi, le Sezioni Unite hanno ritenuto che dovesse essere devoluta alle medesime Commissioni tributarie anche la cognizione delle domande concernenti il diritto agli interessi ed alla rivalutazione monetaria sulla somma indebitamente versata e trattenuta.
5.3.4 In questa direzione, secondo le Sezioni Unite militano, inoltre, ragioni di coerenza sistematica dei poteri istruttori e di condanna del giudice tributario, previsti dal quadro normativo specifico in materia (art. 20, comma 4, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636), con quelli corrispondentemente attribuiti al giudice civile, ma anche e più in generale rispetto alla configurazione di competenze giurisdizionali “piene” attribuite ai giudici amministrativi e contabili sulle domande connesse a quelle sul rapporto dedotto innanzi agli stessi.
5.3.5 E tanto in quanto, secondo questo filone giurisprudenziale, in materia tributaria non sono ravvisabili disposizioni restrittive in punto di giurisdizione in materia di diritti patrimoniali conseguenziali.
5.3.6 Tale orientamento, condiviso da Cass. S.U., n.2697/1994 e poi da Cass. S.U., n.12722/1995, non mancava di insistere sul fatto che la giurisdizione in tema di risarcimento del danno fosse complementare rispetto alle controversie relative alla verifica degli obblighi nascenti dalla legge a carico dell’amministrazione finanziaria, ritenendo “illogico e sistematicamente incoerente attribuire a questo giudice la cognizione delle domande di adempimento degli obblighi nascenti dalla legge a carico della p.a. (amministrazione finanziaria) e sottrargli quelle di risarcimento, quando sia le une che le altre comportano la cognizione del medesimo rapporto.” (così, testualmente, Cass. S.U., n.2697/1994 cit.).
5.3.7 Nemmeno può essere sottaciuto che, a sostegno dell’indirizzo appena ricordato, sia stato nel tempo espressamente posto in risalto il principio di concentrazione della tutela giurisdizionale che caratterizza l’attuale sviluppo dell’ordinamento, anche in materia tributaria.
5.3.9 A partire, infatti, da Cass. S.U., n.16871/2007 si è ritenuto che le richieste relative ad interessi e rivalutazione monetaria proposte uno actu all’interno della lite sulla debenza del tributo “concernono un accessorio che il (…) attribuisce alla cognizione del giudice tributario, in quanto si tratta di contestazioni consequenziali ad una controversia tributaria, e ciò giustifica la giurisdizione di detto giudice se viene in rilevo un tributo la cui cognizione è riservata ad esso. Ciò anche in forza del principio di concentrazione della tutela giurisdizionale, caratterizzante l’attuale sviluppo dell’ordinamento pure in materia tributaria” -cfr. Cass. S.U., n.5990/2017; conf. Cass. S.U., n.14499/2010, nella quale ultima si è sottolineato, richiamando Cass. S.U., n. (…)/2008, che la giurisdizione del giudice tributario in punto di maggior danno da svalutazione monetaria si giustifica per il fatto che la pretesa fatta valere in giudizio non aveva mai formato oggetto di riconoscimento da parte dell’Amministrazione -.
5.3.8 Ora, detto indirizzo può dirsi consolidato – Cass. S.U., n.17993/2012; Cass. S.U., n.24775/2008; Cass. S.U., n.16871/2007; Cass. S.U., n. 14724/2002; Cass., n. 5790/2001; Cass. S.U., n. 7/2000; Cass. S.U., n.789/1999; Cass. S.U., n.247/1999; Cass. S.U., n.3472/1998; Cass. S.U., n.1278/1998; Cass. S.U., n.1322/1997; Cass. S.U., n. 11483/1996; Cass. S.U., n. 12722/1995 -.
5.4 Fatta questa premessa di ordine sistematico ritengono le Sezioni Unite che l’indirizzo appena ricordato non giustifichi la giurisdizione del giudice tributario rispetto al caso oggetto di esame per la semplice ragione che, una volta spontaneamente adempiuta la prestazione connessa alla richiesta di credito d’imposta da parte dell’amministrazione non esiste, a monte, alcuna lite che possa essere considerata attratta dalla giurisdizione del giudice tributario e capace, dunque, di determinare il trascinamento innanzi a quel giudice della controversia relativa al maggior danno da svalutazione monetaria quale “accessorio” della pretesa principale.
5.5 Mancando a monte la lite tributaria, come è pacifico nel caso di specie nel quale il contribuente ha ricevuto il pagamento del credito d’imposta sia pure in ritardo, non può ipotizzarsi esistente una controversia “accessoria” all’atto tributario né tanto meno al rapporto tributario, essendosi piuttosto in presenza di una lite nella quale si discute unicamente di un’obbligazione risarcitoria necessariamente riservata alla cognizione del giudice ordinario.
5.6 Non possono orientare verso una diversa soluzione in punto di giurisdizione né Cass. S.U., n.11483/1996, nè Cass. S.U., n.14274/2002.
5.6.1 Ed invero, Cass. S.U., 19 settembre 1996, n.11483, ha sì riconosciuto la giurisdizione del giudice tributario in relazione ad una domanda di maggior danno proposta in via autonoma dopo che una sentenza resa dalla Commissione tributaria aveva riconosciuto il carattere indebito del versamento a titolo di ILOR e l’Amministrazione aveva liquidato l’importo dovuto.
Ora, è evidente che la controversia promossa successivamente per la condanna del fisco all’adempimento dell’obbligazione di rimborso, accertata come dovuta dal giudice tributario, era strettamente collegata al giudicato formatosi per effetto della pronunzia resa dal giudice tributario. Analogamente, Cass., S.U., 4 ottobre 2002, n.14274, con riguardo alla domanda, proposta dal contribuente, di condanna dell’Amministrazione finanziaria al pagamento degli interessi anatocistici e della rivalutazione sulle somme già liquidate a titolo di rimborso di crediti d’imposta per IRPEG e ILOR, ebbe a riconoscere la giurisdizione del giudice tributario concernente il preteso maggior danno connesso al mancato adempimento, da parte del fisco, di un giudicato reso dalla Commissione tributaria sul ricorso del contribuente.
5.6.2 Si tratta, in definitiva, di pronunzie risalenti nel tempo non idonee a giustificare la giurisdizione del giudice tributario per le ipotesi nelle quali non vi sia mai stato alcuna controversia fra il contribuente e l’amministrazione in ordine all debenza di una somma – a titolo di rimborso o di credito dd’imposta- da parte del fisco.
6. Deve quindi ritenersi la giurisdizione del giudice ordinario quando l’Amministrazione fiscale abbia spontaneamente effettuato il rimborso di quanto richiesto dal contribuente e quest’ultimo richieda giudizialmente in via autonoma il maggior danno derivante dal ritardo nel versamento, ulteriore rispetto a quello forfettariamente determinato dagli interessi legali previsti dalla disciplina tributaria. In tale ipotesi non può dirsi mai sorta “ a monte” una controversia fra l’amministrazione fiscale su questione riservata alla giurisdizione tributaria dall’art.2 d.lgs.n.546/1992 che possa determinare l’attrazione innanzi al giudice tributario della questione “accessoria” relativa al maggior danno da ritardo.
Mancando una contestazione sul rapporto “principale”, non può ipotizzarsi alcun collegamento fra tale rapporto e la domanda di maggior danno che determina, per la prima volta, l’insorgenza di una lite fra fisco e contribuente. Lite che non riguarda in alcun modo il rapporto tributario- sub specie di diritto al rimborso o al riconoscimento di un credito d’imposta – ma unicamente il danno di cui all’art.1224 c.2, c.c. e che non può, dunque, considerarsi “accessoria” rispetto ad un contenzioso inerente al diritto al rimborso ( o al credito d’imposta) in realtà mai insorto per l’adempimento spontaneo dell’amministrazione. Vengono pertanto meno quelle ragioni di concentrazione che erano state valorizzate per giustificare il radicamento innanzi al giudice tributario del contenzioso promosso, “a monte” dal contribuente sull’esistenza dei presupposti del diritto al rimborso fiscale e “a valle” sull’accessorio relativo al maggior danno ex art.1224, c.2, c.c. contestualmente reclamato.
7. Del resto, queste stesse Sezioni Unite hanno avuto occasione di ricordare che la Corte costituzionale, nell’intervenire su questioni concernenti l’ambito della giurisdizione tributaria, dopo avere ricordato che questa “deve essere considerata un organo speciale di giurisdizione preesistente alla Costituzione”, ha riconosciuto che l’oggetto di tale giurisdizione, così come la disciplina degli organi speciali, ben possano essere modificati dal legislatore ordinario, il quale, tuttavia, incontra precisi limiti costituzionali consistenti nel “non snaturare (come elemento essenziale e caratterizzante la giurisdizione speciale) le materie attribuite” a dette giurisdizioni speciali e nell’assicurare la conformità a Costituzione delle medesime giurisdizioni.
7.1 Sulla base di tali considerazioni, queste Sezioni Unite hanno affermato che la giurisdizione tributaria “deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto” e che l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali – cfr., testualmente, Cass. S.U., n.20323/2012-. Tale illegittima attribuzione, hanno ancora ricordato queste Sezioni Unite richiamando, in particolare, Corte cost. nn. (…) e (…) del 2008, n. (…) del 2009 e n. (…) del 2010, può derivare, direttamente, da una espressa disposizione legislativa che ampli la giurisdizione tributaria a materie non tributarie ovvero, indirettamente, dall’erronea qualificazione di “tributaria” data dal legislatore (o dall’interprete) ad una particolare materia.
8. Risulta dunque evidente che giungere alla conclusione, in via ermeneutica, che la domanda di maggior danno proposta in via autonoma anche se totalmente disancorata da una controversia concernente il rapporto tributario rientri nella giurisdizione tributaria determinerebbe una frizione evidente ii principi costituzionali appena rammentati. Ragion per cui appare necessario propendere per un’interpretazione del dato normativo compatibile con il quadro costituzionale testè accennato.
9. Del resto, in piena sintonia con la conclusione appena esposta si pone l’orientamento, pure espresso da queste Sezioni Unite, che intravede nel riconoscimento da parte dell’Amministrazione finanziaria del diritto del contribuente al rimborso delle imposte e della quantificazione della somma dovuta e nell’assenza di residue questioni circa l’esistenza dell’obbligazione tributaria, il venir meno della giurisdizione del giudice tributario – Cass. S.U., n.10725/2002; Cass. S.U., n.14332/2005; Cass. S.U., n.18120/2005; Cass. S.U., n.21893/2009; Cass. S.U., n.25977/2016; Cass. S.U., n.12150/2021; Cass. S.U., n.761/2022.
10. Sulla base delle superiori considerazioni, deve ritenersi spettante alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia relativa alla domanda di maggior danno avanzata ai sensi dell’art.1224, c.2, c.c. in via autonoma dal contribuente in caso di ritardato adempimento spontaneo di un rimborso tributario e/o di un credito d’imposta.
11. Ne consegue che la Corte di appello di Roma, nel declinare la giurisdizione del giudice ordinario, indicando quella del giudice tributario, non si è allineata al superiore principio e merita di essere dunque censurata.
12. Sulla base di tali considerazioni il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, provvederà altresì sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, provvederà altresì sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.