CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37450 depositata il 21 dicembre 2022

Tributi – Accertamento induttivo del reddito – Sottoscrizione dell’avviso di accertamento – Delega di firma – Indicazione della sola qualifica dell’impiegato legittimato alla firmaNotificazione a mezzo posta dell’atto impositivo – Relata di notifica – Onere di provare elementi in contrasto col reddito ricostruito gravante sul contribuente – Rigetto

Fatti di causa

1. L’Agenzia delle Entrate accertava induttivamente il reddito della contribuente (medico convenzionato col S.S.N.) relativamente all’annualità 2009, rispetto alla quale la stessa non aveva presentato la relativa dichiarazione. La ricostruzione avveniva sulla base delle somme incassate, pari ad € 90.331,69, detratte le spese documentate per € 235,00, il tutto oltre al reddito da fabbricati. La contribuente proponeva ricorso e la CTP lo rigettava. Proposto appello, la CTR lo accoglieva limitatamente al debito IRAP.

2. La contribuente propone così ricorso in cassazione, affidato a tre motivi. L’Agenzia si è costituita con controricorso per resistere all’impugnativa.

 3. Con ordinanza interlocutoria 27 settembre 2017, questa Corte rimetteva la controversia alla Sezione.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo la contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 42, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.

Osserva la contribuente come l’atto impositivo non sia sottoscritto dal direttore o da un impiegato della carriera direttiva debitamente delegato, mentre la CTR ha valorizzato sul punto un ordine di servizio innominato, immotivato e privo di scadenza.

 1.1. Il motivo è infondato in quanto la CTR ha richiamato la presenza di un ordine di servizio che delegava il soggetto che ha sottoscritto l’avviso di accertamento, individuandolo con la qualifica rivestita, cioè capo dell’Ufficio controlli. Né la delega prevista dall’art.42, primo comma, d.P.R. n. 600/1973, prevede che la stessa debba essere nominativa ed avere una durata prestabilita, trattandosi di una delega di firma e non di funzioni “La delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex all’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, è una delega di firma e non di funzioni: ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto” (Cass. 29/03/2019, n. 8814).

2. Con il secondo motivo la contribuente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 14, l. 20 novembre 1982, n. 890 e degli artt. 137, 148 e 156, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.

Ritiene infatti la stessa che, essendo la notifica priva della relata e della menzione e sottoscrizione dell’agente notificatore designato, essa sarebbe inesistente, e dunque avrebbe errato la CTR nel ritenere valida la notifica diretta senza relata, in asserita applicazione del disposto di cui all’art. 14 l. n. 890/1982, norma che farebbe salvo il disposto di cui all’art. 60, d.P.R. n. 600/1973, il quale infatti richiede l’intermediazione di un agente notificatore.

2.1. Anche tale motivo è infondato. Gli atti impositivi possono essere notificati alternativamente nelle forme del codice di rito, in quelle previste dall’art. 60 d.P.R. n. 600/1973 o infine direttamente a mezzo posta ai sensi dell’art. 14, l. n. 890/1982. E’ anzitutto onere del ricorrente, in ottemperanza all’onere di specificità dei motivi di ricorso, indicare quale delle diverse specie di notifica sia stata utilizzata dall’amministrazione nella specie di interesse, specificazione che non viene nel caso che ne occupa effettuata. La contribuente pare peraltro ritenere che l’art. 14, cit., presupponga in ogni caso che la notifica avvenga a mezzo di un agente notificatore dell’amministrazione, e ciò a mezzo del richiamo all’art. 60, d.P.R. n. 600/1973, richiamo che invece costituisce una mera “salvezza” di tale differente modalità cui può ricorrere l’amministrazione, in alternativa alla notifica diretta disciplinata dalla disposizione in commento. In quest’ultimo caso infatti la notifica, come espressamente è stabilito dal prefato art. 14, è disciplinata secondo le regole del servizio postale ordinario previste per le raccomandate a mezzo posta, e dunque non necessita, tra l’altro, di alcuna relata di notifica “In caso di notificazione a mezzo posta dell’atto impositivo eseguita direttamente dall’Ufficio finanziario ai sensi dell’art. 14 della l. n. 890 del 1982, si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, e non quelle di cui alla suddetta legge concernenti esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 c.p.c., sicché non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., la quale opera per effetto dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione ed è superabile solo se il destinatario provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione” (Cass. 14/11/2019, n. 29642).

Poiché emerge nella specie che la notifica sia stata effettuata proprio a mente dell’art. 14, primo comma, l. n. 890/1982, ivi leggendosi “Agenzia delle Entrate – notifica a mezzo posta (ai sensi dell’art.14 della Legge 20/11/1982, n. 890). Il presente atto viene spedito dall’Ufficio postale di RIETI tramite raccomandata con avviso di ricevimento n…” (cfr. trascrizione pag. 25 del ricorso), nessuna relata doveva essere redatta e dunque il motivo si appalesa infondato.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 41, d.P.R. n.600/1973; 53, Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.

A parere della contribuente l’amministrazione, pur potendo procedere in mancanza della dichiarazione all’accertamento induttivo, dovrebbe però anche in tal caso ricostruire l’imponibile in maniera non arbitraria, mentre nella specie la stessa, con l’avallo del giudice d’appello, non avrebbe considerato una congrua percentuale di spese per formare il reddito ricostruito, limitandosi a dedurre l’importo di € 235,00, né avrebbe computato i versamenti d’imposta effettuati per € 4.774,40, come documentati.

3.1. Anche tale motivo è infondato. In caso di omessa dichiarazione, come previsto dall’art. 41, d.P.R. n. 600/1973, l’amministrazione determina il reddito sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, avvalendosi anche di presunzioni, pur eventualmente basate su elementi privi dei requisiti di gravità, precisione o concordanza.

Spetta dunque al contribuente fornire elementi in contrasto col reddito così ricostruito.

Nella specie l’amministrazione ha ricostruito il reddito sulla base dei compensi accertati (fondandosi in particolare sulla documentazione acquisita presso l’ASL, cfr. pag. 3 del ricorso in cassazione), deducendo le spese documentate, per cui non può ritenersi dimostrata la sussistenza di costi ulteriori, rispetto a questi ultimi, sulla base di una percentuale forfettaria degli stessi ritenuta dalla contribuente, ma spettava piuttosto a quest’ultima di provare documentalmente ulteriori costi, che invece la stessa, come si legge nella sentenza d’appello, fonda sulla presunta notorietà del fatto che il medico (qual è la contribuente) necessita di essere sostituito nel caso in cui si trovi nell’impossibilità di prestare la propria opera.

Circa poi la mancata deduzione dei versamenti effettuati, era onere della contribuente di dedurre in appello con precisione in quali atti, quando e in che misura tale difesa era stata tempestivamente spiegata, tanto più che nelle premesse del ricorso si dà atto che l’amministrazione aveva dedotto i versamenti effettuati per € 2807,56. Ne consegue che il motivo sul punto non risulta sufficientemente specifico.

4. Il ricorso merita dunque rigetto, con aggravio di spese i capo alla contribuente soccombente.

5. Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in € 2.800,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.