CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37682 depositata il 23 dicembre 2022
Tributi – IRES, IRAP, IVA – Processo verbale di constatazione – Imbarcazione detenuta in leasing ma non utilizzata per finalità commerciali – Termine dilatorio di sessanta giorni tra la consegna del pvc e la notifica dell’avviso di accertamento – Accertamenti cd. a tavolino – Accoglimento
Fatti di causa
La CTR Campania, con la sentenza impugnata, ha accolto parzialmente l’appello proposto dalla Y.C. & B. srl (ora in liquidazione) contro la sentenza della CTP Napoli n. 533/19/12 che aveva rigettato il ricorso della società contro l’avviso di accertamento TF3030703488, notificato il 14.12.2010, recante maggiore IRES, IRAP e IVA per il 2005.
L’accertamento era stato emesso a seguito di verifica sfociata nel processo verbale di constatazione consegnato il 28.10.2010, che aveva contestato l’utilizzo personale da parte di uno dei soci della imbarcazione denominata “M.” detenuta in leasing dalla società ma non utilizzata per finalità commerciali.
La CTR ha confermato l’accertamento impugnato, quanto alla indeducibilità dei costi inerenti all’imbarcazione e alla indetraibilità dell’IVA relativa agli esborsi ad essa funzionali, ma ha ritenuto non dovute le imposte spettanti sulle attività e operazioni relative all’imbarcazione.
La società propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Deposita memoria la ricorrente.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 legge n. 212 del 2000 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. per carenza di motivazione.
Con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Con il quinto motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 e degli artt. 7 e 12 legge n. 212 del 2000 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Con il sesto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 37 bis d.P.R. n. 600 del 1973 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
Il primo motivo è fondato. Gli altri restano assorbiti.
2. La ricorrente sin dal primo grado di giudizio aveva contestato la violazione dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000 per inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni tra la consegna del pvc e la notifica dell’avviso di accertamento.
Reiterata la questione in grado d’appello, la CTR si era limitata a rilevare la ricorrenza di motivi d’urgenza che giustificavano l’emissione dell’avviso prima del termine dilatorio, in quanto era prossima la decadenza dal potere impositivo (il pvc era stato notificato il 28.10.2010 e il termine di decadenza sarebbe scaduto il 31.12.2010).
La ricorrente censura la decisione che ha omesso di valutare se le ragioni della tardività erano dipese dall’inerzia dell’Amministrazione e dall’errata o tardiva pianificazione dell’attività di verifica.
3. La CTR, in effetti, premesso che l’illegittimità dell’atto impositivo deriva, non dall’omessa indicazione dei motivi d’urgenza che giustificano l’emissione dell’atto prima del termine dilatorio, ma dalla loro assenza, e che la ricorrenza di tale requisito deve essere provata dall’Ufficio, ha ritenuto che l’imminente decorso del termine di decadenza costituisse una situazione «oggettivamente giustificativa».
A conforto è stata citata una pronuncia di questa Corte (Cass. n. 11944 del 2012) la quale, in realtà, si era limitata a stabilire che «l’esonero dall’osservanza del termine di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, opera in concorrenza del requisito dell’urgenza nell’emissione dell’avviso, pure se di tale ragione non si fa menzione nella motivazione dell’avviso stesso».
4. Con questa motivazione la CTR non ha fatto buon governo dei principi che regolano la materia.
4.1. E’ noto che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito» (Cass. sez. un. n. 24823 del 2015).
Tra queste, viene in evidenza l‘art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, che «opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio» (Cass. n. 701 del 2019).
4.2. Quanto alle ragioni d’urgenza che, ove sussistenti e provate dall’Amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 18134 del 2013, hanno stabilito che «l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.
Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio».
4.3. Sulla scorta di questo principio, si è poi affermato che le ragioni d’urgenza «devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa» (Cass. n. 11685 del 2021; Cass. n. 8749 del 2018; Cass. n. 22786 del 2015).
E poiché la disposizione legislativa ha come destinataria l’amministrazione finanziaria nel suo complesso, intesa come ente impositore, l’agenzia fiscale è comunque responsabile anche dei ritardi imputabili alla Guardia di Finanza, in quanto organo ispettivo collaterale (Cass. n. 11110 del 2022).
Spetta, quindi, all’Amministrazione giustificare le ragioni d’urgenza e dimostrare, sulla base di fatti concreti e precisi, che l’emissione dell’avviso in prossimità del maturare dei termini decadenziali sia dipesa da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, pena la dissoluzione della finalità di recupero delle imposte non versate (Cass. n. 15755 del 2020), dovendosi, invece, escludere che le ragioni d’urgenza possano ravvisarsi in re ipsa nell’imminenza della scadenza del termine di decadenza.
5. Nel caso di specie, quindi, la CTR ha errato nel ritenere che l’oggettiva circostanza della prossimità del temine di decadenza costituisse, di per sé, ragione d’urgenza.
Inoltre, non risulta che l’Agenzia, nel corso del giudizio, abbia allegato specifiche giustificazioni del ritardo; sul punto la sentenza osserva soltanto che l’urgenza di provvedere, essendo prossima la decadenza dal potere impositivo, era stata espressamente enunciata nell’atto.
Anche nel controricorso l’Ufficio ribadisce che l’urgenza era di ritenere in re ipsa ma non entra nel merito delle ragioni che avevano ritardato l’azione accertativa né deduce di aver fornito la prova richiesta nel corso del giudizio.
6. La sentenza, quindi, accolto il primo motivo di ricorso e assorbiti gli altri, deve essere cassata senza rinvio, decidendosi nel merito per l’accoglimento del ricorso iniziale e l’annullamento dell’atto impugnato, poiché non sono necessari altri accertamenti in fatto.
7. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese, atteso che la decisione si fonda su orientamento giurisprudenziale formatosi successivamente alla pronunzia impugnata.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso iniziale e annulla l’avviso di accertamento per cui è causa.
Compensa le spese.
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