CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37842 depositata il 27 dicembre 2022
Tributi – Avviso di liquidazione dell’imposta di registro – Registrazione di sentenza civile – Società di capitali – Cancellazione dal registro delle imprese – Successione dei soci – Inammissibilità del ricorso
Fatti di causa
1. – Con sentenza n. 2753/6/14, depositata il 20 maggio 2014, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro dovuta dalla contribuente in relazione alla registrazione di sentenza civile del Tribunale di Roma (n. 16397/07).
1.1 – A fondamento del decisum, il giudice del gravame ha rilevato che:
– correttamente il primo giudice aveva dichiarato l’estinzione del giudizio (n. 14446/08), per cessazione della materia del contendere, siccome veniva in rilievo un avviso di liquidazione che l’Agenzia aveva sostituito, – a seguito della correzione di errore materiale contenuto dalla sentenza civile oggetto di tassazione, – con altro avviso di liquidazione anch’esso impugnato (nel giudizio iscritto al nr. 25873/2010) ed oggetto di contestazione;
– l’atto impugnato risultava affetto dai denunciati vizi di nullità in quanto non recava l’indicazione del responsabile del procedimento né, in allegato, la sentenza oggetto di tassazione;
– destituito di fondamento rimaneva (anche) il motivo di appello incentrato sul divieto del ne bis in idem in quanto il secondo avviso di liquidazione «non richiamava affatto il primo», – così che la contribuente non avrebbe potuto percepirne l’identità della pretesa impositiva, – e, ad ogni modo, la pronuncia di cessazione della materia del contendere aveva determinato il venir meno della contemporanea pendenza delle due impugnazioni.
2. – L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.
Resiste il C.S.E. S.r.l., nella qualità di socia della cessata F. S.r.l., che in controricorso articola un motivo di ricorso incidentale.
Ragioni della decisione
1. – Con un primo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione della l. n. 212 del 2000, art. 7, c. 1, lett. a), deducendo, in sintesi, che, secondo gli stessi dicta di questa Corte, l’omessa indicazione del responsabile del procedimento, – al di fuori dell’àmbito di operatività (cartelle di pagamento) posto dal d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, conv. in l. 28 febbraio 2008, n. 31, – non può ridondare nella nullità dell’atto impugnato.
Il secondo motivo, articolato sempre ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione della l. n. 212 del 2000, art. 7, c. 1, assumendo l’Agenzia che (anche) il difetto di allegazione, all’avviso di liquidazione, della sentenza tassata non poteva risolversi nel denunciato difetto di motivazione dell’atto, venendo in considerazione, da un lato, l’indicazione nell’atto degli estremi del provvedimento giurisdizionale e, dall’altro, la sua conoscenza in capo a chi (la contribuente) era stata parte del relativo giudizio civile, conoscenza resa, peraltro, esplicita dalle stesse difese svolte dalla contribuente nei gradi di merito.
Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio deducendo che lo stesso diritto di difesa della contribuente non avrebbe potuto ritenersi pregiudicato dalla mancata allegazione della sentenza oggetto di tassazione, atteso che, come anticipato, negli stessi atti di causa la contribuente aveva preso posizione dando conto della piena conoscenza della pronuncia giurisdizionale.
Il quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione dell’art. 112 c.p.c. nonché del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 46, deducendo l’Agenzia che il giudice del gravame, – in piano contrasto con il chiaro contenuto del proposto motivo di appello, – aveva ascritto ad essa esponente la richiesta di estinzione del giudizio (iscritto al nr. 14446/08), per cessazione della materia del contendere, quando una siffatta richiesta era stata avanzata (solo) in relazione ad (ancora) antecedente giudizio (quello iscritto al nr. 4340/08).
2. – Con un solo motivo di ricorso incidentale, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ., la controricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2909 cod. civ., agli artt. 329 e 100 cod. proc. civ., ed al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 53, assumendo, in sintesi, che, – avuto riguardo al contenuto dispositivo della pronuncia di prime cure che aveva rilevato la nullità dell’avviso di liquidazione impugnato sulla base di una duplice ratio decidendi afferente sia all’omessa indicazione del responsabile del procedimento sia al difetto di motivazione dell’atto (id est per mancata indicazione del calcolo dell’imposta), – il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità di un gravame che involgeva (solo) la prima ratio decidendi e che, dunque, non esponeva alcuna censura in ordine al (pur) rilevato difetto di motivazione dell’atto impugnato.
3. – In via pregiudiziale, va esaminata l’eccezione svolta dalla controricorrente la quale eccepisce, per l’appunto, l’inammissibilità del ricorso deducendo che:
– il ricorso, ai sensi del d.lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, andava proposto nei confronti della stessa società estinta (F. S.r.l.);
– essa esponente non aveva riscosso somme, in base al bilancio finale di liquidazione, né aveva alcuna possibilità di riscuoterne in difetto di «utili e riserve da attribuire ai soci», così che non sussisteva la condizione (art. 2495 cod. civ.) per far valere, nei suoi confronti, il debito tributario gravante sulla società estinta.
3.1 – Posto che non è in contestazione tra le parti (v. il ricorso, fol. 11, ed il controricorso, fol. 8) che la F. S.r.l., in liquidazione, sia stata cancella dal Registro delle Imprese in data 10 giugno 2013, l’eccezione di inammissibilità risulta destituita di fondamento in relazione al suo primo profilo, avendo la Corte statuito che il d.lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro delle imprese, non ha efficacia retroattiva e, pertanto, il differimento quinquennale (operante nei soli confronti dell’Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, indicati nel cit. comma, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2, sì applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (richiesta che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza di detto decreto legislativo (cioè il 13 dicembre 2014 o successivamente; v., ex plurimis, Cass., 21 febbraio 2020, n. 4536; Cass., 2 aprile 2015, n. 6743).
3.2 – La spiegata eccezione va, invece, accolta in relazione al secondo profilo nel quale è stata articolata.
La stessa Agenzia ha, per vero, dedotto (v. in ricorso, fol. 11) che l’interesse al giudizio sussisterebbe, nella fattispecie, «Indipendentemente dalla possibilità materiale di recuperare l’imposta liquidata» atteso che, – diversamente rilevando la posizione di condebitori solidali che non hanno impugnato l’avviso di liquidazione, né hanno corrisposto il tributo, – il passaggio in giudicato della impugnata sentenza si presterebbe a quell’effetto estensivo che, previsto dall’art. 1306, c. 2, cod. civ., risulterebbe pregiudizievole per gli interessi dell’amministrazione.
In disparte che il rilevato effetto estensivo, ritenuto (in tesi) pregiudizievole, dovrebbe escludersi laddove il passaggio in giudicato della pronuncia risulti correlato, così come nella fattispecie, ad una ragione personale del condebitore (la sua estinzione), in quanto tale preclusiva di detto effetto (art. 1306, c. 2, cod. civ.), va rimarcato che la Corte ha già statuito che il socio di una società di capitali, estinta per cancellazione dal registro delle imprese, succede a questa nel processo a norma dell’art. 110 cod. proc. civ., – che prefigura un successore universale ogni qualvolta viene meno una parte, – solo se abbia riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione, secondo quanto dispone l’art. 2495, secondo comma, cod. civ.: tale vicenda, infatti, non costituisce soltanto il limite di responsabilità del socio quanto al debito sociale, ma anche la condizione per la di lui successione nel processo già instaurato contro la società, posto che egli non è successore di questa in quanto tale, ma lo diventa nella specifica ipotesi, disciplinata dalla legge, di riscossione della quota.
La prova di tale circostanza è a carico delle altre parti ed integra la stessa condizione dell’interesse ad agire, che richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche la prospettazione della possibilità di ottenere un risultato utile, non essendo il processo utilizzabile in previsione di esigenze soltanto astratte (Cass., 23 novembre 2016, n. 23916; Cass., 16 maggio 2012, n. 7676; v. altresì, con riferimento alla posizione del socio ricorrente, Cass., 31 gennaio 2017, n. 2444 nonché, in motivazione, Cass., 20 dicembre 2018, n. 33087).
Non sussiste, quindi, il presupposto dell’azione proposta nei confronti del socio che non risulti (anche) liquidatario della propria quota.
4. – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente.
Non ricorrono, inoltre, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater) né con riferimento al ricorso principale, – trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis, Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955), – né a riguardo del ricorso incidentale il cui esame, come anticipato, è rimasto assorbito dall’accoglimento della questione preliminare di merito sopra esaminata (Cass., 3 febbraio 2022, n. 3314; Cass., 17 marzo 2020, n. 7413).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito quello proposto in via incidentale; condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 5.500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 36713 depositata il 15 dicembre 2022 - In tema di limiti soggettivi del giudicato tributario, ove, in presenza di più coobbligati solidali, uno solo di essi impugni l'avviso di accertamento, mentre la sentenza che…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 agosto 2020, n. 17359 - Nell'ambito della solidarietà tributaria, fermo restando il principio generale di cui all'art. 1306, comma 1, cod. civ.,opera, tuttavia, pure in detta materia, il limite apportato a questo…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21601 depositata il 7 luglio 2022 - In base ai principi contabili sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori , la cui automatica maturazione, indipendentemente da impulsi volontaristici, impone, in virtù…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 marzo 2020, n. 7589 - Alla stregua della disciplina dettata dal codice civile con riguardo alla solidarietà fra coobbligati, applicabile anche alla solidarietà tra debitori d'imposta, l'avviso di accertamento…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 14801 depositata il 10 maggio 2022 - La produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 febbraio 2022, n. 5692 - In tema di impugnazione di cartella di pagamento per interessi dovuti per il periodo di sospensione cautelare della pretesa fiscale disposta dall'autorità giudiziaria tributaria,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…