CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37955 depositata il 28 dicembre 2022
Tributi – Cartella di pagamento – Imposte di successione, ipotecaria e catastale, Invim – Dichiarazione di successione – Avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro – Prescrizione – Rigetto
Fatti di causa
1. – Con sentenza n. 33/2016, depositata il 14 gennaio 2016, la Commissione tributaria regionale di Abruzzo ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che aveva diversamente accolto l’impugnazione di una cartella di pagamento (n. 032 2012 00052857 88) emessa dietro iscrizione a ruolo delle imposte (di successione, ipotecaria e catastale, Invim) dovute dalla contribuente in relazione alla dichiarazione di successione in morte di R.F..
1.1 – A fondamento del decisum, il giudice del gravame ha rilevato che:
– l’avviso di liquidazione delle imposte era stato notificato alla contribuente in data 31 luglio 2007, così che, in difetto della relativa impugnazione, il credito erariale si era consolidato con conseguente inammissibilità dei motivi di ricorso proposti in relazione (piuttosto che a vizi propri della cartella) all’esercizio del potere impositivo, ed alla connessa fattispecie costitutiva;
– nemmeno sussistevano i denunciati vizi della cartella di pagamento, – che esponeva le imposte dovute, e le relative sanzioni, – né trovava applicazione, con riferimento alle imposte indirette, la causa di decadenza correlata alla (tardiva) notifica della cartella di pagamento.
2. – Casagrande Gabriella ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di nove motivi, ed ha depositato memoria; l’Agenzia delle Entrate, ed Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a., resistono con controricorso.
Fissato all’udienza pubblica del 4 ottobre 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in l. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. n. 228 del 2021, art. 16, c. 1, conv. in l. n. 15 del 2022, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
Ragioni della decisione
1. – La ricorrente ha articolato i seguenti motivi di ricorso:
1.1 – col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione di legge con riferimento agli artt. 112, 324 e 342 cod. proc. civ., ed all’art. 2909 cod. civ., deducendo, in sintesi, che, in difetto di specifico motivo di appello sul punto, il giudice del gravame, – che così aveva pronunciato «su aspetti non oggetto di specifica impugnazione», per di più datando al 31 luglio 2007 una notifica che nell’atto di appello si riconduceva, diversamente, alla data del 31 dicembre 2007, – avrebbe dovuto rilevare il passaggio in giudicato dell’accertamento operato dal giudice di prime cure, secondo il quale la cartella di pagamento era stata emessa «in assenza del prodromico avviso di accertamento in violazione dell’art. 37 d.lgs. 346/1990»;
1.2 – il secondo complesso motivo espone la denuncia:
– di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ.;
– di violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ.;
– di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ.;
– si assume, così, che:
– essa esponente aveva sempre contestato l’omessa notifica di un avviso di liquidazione delle imposte, né controparte aveva dato conto di una siffatta notifica;
– il giudice del gravame, rilevando l’intervenuta notifica dell’avviso di liquidazione, – peraltro nella erronea data del 31 luglio 2007, – non aveva tenuto conto nè di detta contestazione né del difetto di un riscontro probatorio della rilevata notifica rispetto alla quale rilevava, peraltro, l’onus probandi a carico dell’amministrazione;
1.3 – il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 53, c. 1, assumendo la ricorrente che il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità dell’appello per difetto di specifici motivi, l’atto di controparte essendosi risolto nella riproposizione di «rilievi già invocati e respinti dai Giudici di Chieti»;
1.4 – il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione del d.lgs. n. 346 del 1990, art. 33, sull’assunto che la cartella di pagamento era stata emessa senza aver «portato a legale conoscenza della ricorrente» un avviso di liquidazione;
1.5 – col quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione del d.lgs. n. 346 del 1990, art. 35, sull’assunto che l’Agenzia avrebbe dovuto notificare un avviso di accertamento (entro il 28 febbraio 2005), nella fattispecie ricorrendo l’ipotesi della dichiarazione omessa (d.lgs. n. 346, cit., art. 27, c. 4);
1.6 – il sesto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione del d.lgs. n. 346 del 1990, art. 37, deducendo la ricorrente che la cartella di pagamento era stata emessa «in assenza della notifica del prescritto avviso di liquidazione»;
1.7 – col settimo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione della l. n. 212 del 2000, art. 7, deducendo, in sintesi, che, – costituendo il primo ed unico atto impositivo, – la cartella di pagamento difettava di specifica motivazione quanto ai presupposti dell’imposizione, al relativo oggetto, ed ai criteri di liquidazione delle imposte;
1.8 – l’ottavo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione del d.lgs. n. 346 del 1990, art. 27, assumendo la ricorrente che, – a fronte di dichiarazione di successione tardiva (presentata oltre il termine di decadenza di cui al d.lgs. n. 346, cit., art. 27, c. 6), – l’Agenzia avrebbe dovuto ad ogni modo emettere un avviso di liquidazione (entro il termine triennale di decadenza di cui all’art. 27, c. 2, cit.) senza, così, procedere alla diretta iscrizione a ruolo delle imposte dovute;
1.9 – il nono motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione del d.p.r. n. 602 del 1973, art. 25, sull’assunto che, – presentata la dichiarazione di successione in data 16 luglio 2007, – la cartella di pagamento avrebbe dovuto essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre 2010 [dunque alla scadenza del terzo anno successivo; art. 25, c. 1, lett. a), cit.] laddove era stata notifica (solo) il 23 giugno 2012.
2. – Il primo ed il terzo motivo di ricorso, – che vanno congiuntamente trattati siccome fondati su di una medesima quaestio iuris di fondo, – sono destituiti di fondamento e vanno senz’altro disattesi.
2.1 – La Corte, con consolidato orientamento interpretativo, ha statuito che la specificità dei motivi di appello nel rito tributario (d.lgs. n. 546 del 1992, art. 53), – disposizione questa che, peraltro, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Cass., 15 gennaio 2019, n. 707), – non è esclusa dalla riproposizione delle ragioni, e delle argomentazioni, già poste a fondamento del ricorso introduttivo del giudizio, ovvero delle controdeduzioni, quando queste ex se esprimano le ragioni di critica della pronuncia appellata nel suo intero contenuto (v., ex plurimis, Cass., 3 dicembre 2020, n. 27691; Cass., 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass., 5 ottobre 2018, n. 24641; Cass., 20 gennaio 2017, n. 1461; Cass., 1 luglio 2014, n. 14908); e detta specificità va correlata al tenore complessivo dell’atto di gravame, ove, dunque, le ragioni di critica del decisum fatto oggetto di impugnazione debbono desumersi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni (v., ex plurimis, Cass., 26 gennaio 2021, n. 1571; Cass., 21 novembre 2019, n. 30341; Cass., 24 agosto 2017, n. 20379; Cass., 31 marzo 2011, n. 7393; Cass., 12 gennaio 2009, n. 346; Cass., 19 gennaio 2007, n. 1224).
2.2 – Per di più, va rimarcato, la specificità del motivo di appello non può che correlarsi al contenuto del decisum oggetto di impugnazione (Cass., 9 settembre 2022, n. 26560), così che, – a fronte di una pronuncia che, in buona sostanza, risolveva la lite contestata con una mera negazione della notifica dell’atto presupposto («in quanto l’avviso di liquidazione non era stato portato a conoscenza della ricorrente»; v. il ricorso, fol. 4), – non avrebbe potuto ritenersi aspecifica la censura che detta (apodittica) conclusione revocava in dubbio, rieditando la (opposta) deduzione di una rituale notifica dell’avviso di liquidazione delle imposte.
3. – Anche il secondo motivo, – che pur prospetta profili di inammissibilità, – non può trovare accoglimento.
3.1 – Come reso esplicito dal contenuto decisorio della gravata sentenza, nella fattispecie viene in considerazione uno specifico accertamento (in relazione alla contestata notifica di un avviso di liquidazione), accertamento rispetto al quale del tutto inconferente rimane la denunciata violazione dell’art. 2697 cod. civ., – che si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, – oltrechè dell’art. 115 cod. proc. civ., a cui riguardo occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (v. Cass., 25 marzo 2022, n. 9695; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione).
3.2 – Invero, con le censure in trattazione la ricorrente ripropone, in buona sostanza, una mera deduzione, – in ordine all’omessa notifica dell’atto presupposto dalla cartella di pagamento impugnata, -risolvendo in detta deduzione la stessa denuncia di omesso esame di un fatto decisivo che, secondo il consolidato orientamento della Corte, deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che l’omesso esame di argomenti e deduzioni difensive nonché di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde, ex plurimis, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32550; Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881).
4. – I motivi di ricorso dal quarto all’ottavo sono inammissibili.
Con i motivi in questione, – che, peraltro, espongono fattispecie antinomiche da ricondurre alla disciplina (anche procedimentale) della imposta sulle successioni, qui (al quinto motivo) e lì (all’ottavo motivo) prospettandosi, difatti, la fattispecie dell’omessa dichiarazione e, al contempo, quella della dichiarazione tardiva, – la parte ripropone, in sintesi, questioni che involgono la legittimità della pretesa impositiva, ovvero della sua manifestazione attraverso una cartella di pagamento (settimo motivo); questioni che, come ben rilevato dal giudice del gravame, debbono ritenersi inammissibili in ragione del consolidamento della pretesa impositiva che non ha formato oggetto di contestazione giudiziale (in relazione al notificato avviso di liquidazione).
E per di più detta riproposizione viene articolata senz’alcuna considerazione del decisum oggetto di impugnazione che, come anticipato, ha rilevato la compiutezza motivazionale della impugnata cartella di pagamento.
5. – È, da ultimo, destituito di fondamento anche il nono motivo di ricorso.
5.1 – La Corte, con consolidato orientamento interpretativo, ha statuito che una volta divenuto definitivo, per mancata impugnazione, l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro, ai fini della riscossione del credito opera unicamente il termine decennale di prescrizione di cui al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 78, non trovando applicazione il termine di decadenza contemplato dal d.p.r. n. 602 del 1973, art. 25, in quanto l’imposta di registro non è ricompresa tra i tributi ai quali fa riferimento il d.lgs. n. 46 del 1999, art. 23 (che ha esteso le disposizioni di cui al d.p.r. n. 602 del 1973, art. 15, c. 1, quanto all’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio, e art. 25, c. 1, quanto ai termini di decadenza, solo all’IVA; v. Cass., 10 marzo 2021, n. 6606; Cass., 11 maggio 2018, n. 11555; Cass., 30 giugno 2016, n. 13418; Cass., 24 settembre 2014, n. 20153; Cass., 9 luglio 2014, n. 15619; Cass., 6 giugno 2014, n. 12748; Cass., 2 dicembre 2013, n. 27028); e si è, in particolare, rimarcato che la disposizione di cui al d.p.r. n. 602 del 1973, art. 17 (ora art. 25), ha trovato applicazione (ratione temporis), quanto alla riscossione dell’imposta di registro, fino al 1° luglio 1999 (data di entrata in vigore del d.lgs. n. 46 del 1999), a seguito della modifica del sistema di riscossione coattiva introdotto con il d.p.r. n. 43 del 1988 (il cui art. 67, in effetti, espressamente contemplava l’imposta di registro), laddove, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 46 del 1999, art. 23, detta disposizione è applicabile solo alla riscossione delle imposte sui redditi e dell’IVA.
A del tutto omologhe conclusioni la Corte è, poi, pervenuta con riferimento all’imposta sulle successioni, essendosi rilevato che il sistema di riscossione mediante iscrizione a ruolo, nel cui ambito devono essere osservati i termini di decadenza di cui all’art. 17, comma 3, del d.P.R. n. 602 del 1973, ratione temporis vigente, si applica, dopo il 1° luglio 1999, alle sole imposte dirette, atteso che l’unico fondamento normativo della sua estensione alle imposte indirette era costituito dal titolo III del d.P.R. n. 43 del 1988, che è stato tuttavia abrogato dall’art. 68 del d.lgs. n. 113 del 1999, con la decorrenza sopra indicata. Pertanto, in caso di imposta di successione, la notifica della cartella di pagamento, che assolve alla sola funzione di mezzo di riscossione, non è soggetta a termini di decadenza, senza che ciò contrasti con l’esigenza, costituzionalmente inderogabile, di non lasciare troppo a lungo esposto il contribuente all’azione esecutiva del fisco, posto che detta esigenza rileva nei soli casi in cui la liquidazione dell’imposta debba avvenire esclusivamente a mezzo della cartella, ma non anche quando ciò avvenga mediante l’apposito avviso e sia l’attività di liquidazione ad essere soggetta a termini di decadenza, come stabilito, in materia, dall’art. 27 del d.lgs. n. 346 del 1990, che prevede un termine di decadenza biennale per la notifica dell’avviso di liquidazione, e dal successivo art. 41, che prevede la soggezione del credito da riscuotere, dopo la sua liquidazione, all’ordinaria prescrizione decennale (v. Cass., 6 novembre 2020, n. 24892; Cass., 21 giugno 2016, n. 12754; Cass., 4 febbraio 2015, n. 1974).
6. – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater; v. Cass. S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 15.000,00 per ciascuna parte, oltre spese prenotate a debito quanto alla Agenzia delle Entrate e, quanto ad Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a., oltre € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22605 depositata il 19 luglio 2022 - In tema di imposta di registro, una volta divenuto definitivo l'avviso di liquidazione per mancata impugnazione, ai fini della riscossione del credito opera unicamente il termine decennale…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 marzo 2021, n. 8120 - Il credito erariale per la riscossione dell'imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto all'art. 2948, n. 4, cod. civ. per…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 novembre 2020, n. 25716 - Il credito erariale per la riscossione dell'imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto all'art. 2948, n. 4, c.c. "per…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 luglio 2021, n. 20356 - La direttiva 2008/7/CE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, si applica alle imposte di registro, ipotecaria e catastale, qualora tali imposte vengano riscosse all'atto del…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 luglio 2021, n. 20262 - L'art. 2953 c.c. si applica nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, e che per la riscossione coattiva dei crediti la norma è considerata applicabile quando il titolo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 giugno 2022,n. 19180 - L'art. 20 del detto d.lgs. n. 472/97 distingue nettamente il termine di decadenza, entro il quale deve essere contestata la violazione ed irrogata la sanzione, individuandolo in cinque anni o nel diverso…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- La scelta del CCNL da applicare rientra nella scel
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Il creditore con sentenza non definitiva ha diritt
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27163 depositata il 22 settembre…
- Impugnazione del verbale di disposizione emesso ai
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Valido l’accertamento fondato su valori OMI
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17189 depositata il 15 giugno 2023, in…
- Possono essere sequestrate somme anche su c/c inte
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 34551 depositata l…