CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 38124 depositata il 30 dicembre 2022
Tributi – Avvisi di accertamento – Recupero a tassazione di spese di sponsorizzazione sostenute a favore di associazioni sportive dilettantistiche – Presunzione legale assoluta di “inerenza” quanto alle spese di sponsorizzazione – Inammissibilità
Fatti di causa
1. Dagli atti di causa emerge che il 5 ottobre 2018 l’Agenzia delle entrate notificava a B.C. S.R.L. ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 125/01/2018 della Commissione Regionale dell’Umbria, depositata in Cancelleria il 5 marzo 2018, di accoglimento dell’appello spiegato dalla società avverso la sentenza con cui la CTP aveva parzialmente accolto l’impugnazione di avvisi di accertamento emessi per il recupero a tassazione di spese di sponsorizzazione sostenute a favore di associazioni sportive dilettantistiche.
In particolare, la CTR, nel giudicare fondato il secondo motivo d’appello della società, aveva motivato nel senso che l’art. 90, comma 8, l. n. 289 del 2002, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, sancisce una presunzione legale di inerenza e deducibilità delle spese di sponsorizzazione sino al limite di euro 200.000 nella ricorrenza degli ulteriori requisiti.
2. La Sez. 6-T della Corte di cassazione, nel disattendere, con l’ordinanza n. 14626 del 27/02/2020, le argomentazioni proposte dall’Agenzia delle entrate nell’unico motivo di ricorso così riassunto:
“Con l’unico motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c[od]. p [roc]. c[iv]., l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002 in combinato disposto con gli artt. 109, comma 5, e 108, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986 [,] ritenendo che debba essere ripensato l’orientamento giurisprudenziale citato dalla CTR laddove, in presenza di determinati requisiti, pone una presunzione assoluta di inerenza quanto alle spese di sponsorizzazione compiute”, motivava come segue:
“In tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della l.n. 289 del 2002, sono assistite da una ‘presunzione legale assoluta’ circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (Cass. n. 5720 del 2016; Cass. n. 14232 del 2017; Cass. [n.] 11797 del 2019)”
[..] tale norma agevolativa ha introdotto una ‘presunzione legale assoluta’ circa la natura pubblicitaria e non di rappresentanza di dette spese di sponsorizzazione[,] ponendo precise condizioni per la sua applicabilità [,] e [..] la CTR si è attenuta ai suddetti principi [,] in quanto la motivazione della sentenza dà conto della sussistenza di tutti i suddetti presupposti [..]”.
3. Propone il ricorso per revocazione l’Agenzia delle entrate, affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso la società.
Il Sostituto Procuratore Generale presso questa Suprema Corte rassegna conclusioni come in epigrafe.
L’Agenzia delle entrate deposita memoria in data 22 settembre 2022, con cui riprende i motivi di ricorso ed ulteriormente li argomenta.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, si denuncia errore di fatto dell’ordinanza impugnata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 391-bis, comma 1, e 395, n. 4, cod. proc. civ.
1.1. Ad avviso della ricorrente, l’ordinanza impugnata è affetta da un errore percettivo di fatto, relativo all’esatto contenuto del ricorso per cassazione originariamente proposto ed al tenore della domanda di giustizia con il medesimo formulata.
Essa motiva il rigetto del ricorso per cassazione sull’assunto che l’art. 90, comma 8, l. n. 289 del 2002 avrebbe stabilito una presunzione assoluta circa la natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, delle spese di sponsorizzazione di associazioni sportive dilettantistiche; tuttavia l’Amministrazione non aveva posto in discussione l’operatività della presunzione legale di cui innanzi e quindi la natura pubblicitaria delle spese oggetto di discussione; il ricorso per cassazione, infatti, era volto a censurare l’ulteriore “dictum” della sentenza della CTR alla stregua del quale l’art. 90, comma 8, I.n. 289 del 2002 fisserebbe altresì una presunzione, a sua volta assoluta, di inerenza delle spese all’attività d’impresa dello sponsor, purché contenute entro il limite di legge, precludendo per l’effetto qualsivoglia contestazione in merito alla loro effettiva deducibilità.
L’ordinanza impugnata, pur avendo in principio colto l’esatto contenuto della domanda di giustizia sottoposto allo scrutinio della Corte di cassazione, correttamente riassumendo l’unico motivo di ricorso, ha poi travisato, nell’ambito della motivazione posta a fondamento della decisione, l’esatto significato ed il preciso oggetto di tale domanda: il Collegio ha supposto che l’Agenzia delle entrate avesse contestato il carattere pubblicitario delle spese di sponsorizzazione, ipotizzando la sussistenza di un fatto, l’impugnazione della sentenza d’appello in ragione della natura non pubblicitaria delle stesse, viceversa inesistente; nel contempo, ha assunto come inesistente, evitando di pronunciarsi su di essa, la doglianza tesa, viceversa, a contestare l’inerenza, e la conseguente deducibilità, di dette spese, sull’assunto della loro effettiva natura pubblicitaria.
In considerazione di ciò, si versa in ipotesi di errore percettivo e non valutativo, perciò deducibile in revocazione.
2. Il motivo è inammissibile.
2.1. Il dedotto errore percettivo, infatti, non sussiste.
La Sez. 6-T ha correttamente inquadrato – come del resto riconosciuto dalla stessa ricorrente – le censure devolute alla Suprema Corte con l’unico motivo dell’originario ricorso, laddove, riassumendo il contenuto di questo, ha specificato che, secondo l’Agenzia delle entrate, avrebbe meritato di essere ripensato l’orientamento giurisprudenziale, citato dalla CTR, a termini del quale, in presenza dei requisiti di legge, sussiste una presunzione legale assoluta di “inerenza” quanto alle spese di sponsorizzazione.
Ciò dimostra come la Sez. 6-T abbia perfettamente colto – sia che il “thema” oggetto di scrutinio era quello della sussistenza o meno di una presunzione legale assoluta estesa (anche) al requisito delrinerenza” delle spese di sponsorizzazione contenute entro il limite annuo di euro 200.000;
– sia che, alla stregua della prospettazione dell’Agenzia delle entrate, l’estensione di siffatta presunzione (anche) all’inerenza”, sebbene corrispondente al tradizionale orientamento della giurisprudenza di legittimità, evocato dalla CTR, appariva suscettivo di rivisitazione.
In effetti,
– da un lato, la CTR, nella sentenza oggetto dell’originario ricorso per cassazione (cfr. p. 5 del ricorso per revocazione), aveva scritto che “l’art. 90, comma 8, l.n. 289/2002, secondo ormai consolidato orientamento della cassazione, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, ha sancito una presunzione legale di inerenza/deducibilità delle spese di sponsorizzazione fino alla concorrenza di euro 200.000,00”, citando le pertinenti pronunce di questa Suprema Corte e soggiungendo che in esse “è ribadito anche che diviene irrilevante l’ulteriore considerazione circa la ‘antieconomicità’ della spesa [..], poiché quella sancita dalla norma in esame è una presunzione assoluta, oltre che della natura di spesa pubblicitaria, anche di inerenza della spesa stessa fino alla soglia normativamente prefissata”;
– dall’altro lato, l’Agenzia delle entrate, nel ricorso per cassazione (cfr. p. 6 del ricorso per revocazione), aveva scritto che l’accoglimento dei motivi d’appello “è fondato su un’interpretazione dello stesso art. 90, comma 8, che individua quale oggetto della presunzione ivi posta l’inerenza […]” e che, quantunque “l’interpretazione che si intende sottoporre a critica [abbia] trovato l’illustre avallo d[ell’]Ecc.ma Corte della nomofilachia, come osservato anche dalla sentenza impugnata[,] tuttavia [..] sussist[o]ano validi e consistenti argomenti di ordine sistematico capaci di indurre ad un ripensamento dell’orientamento ermeneutico”.
2.3. Tenuto presente quanto precede, la Sez. 6-T, a misura che, nell’ordinanza impugnata, dopo l’esposizione riassuntiva del motivo, testualmente ribadisce che “le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della l.n. 289 del 2002 sono assistite da una ‘presunzione legale assoluta’ circa la loro natura pubblicitaria” purché ricorrano le “precise condizioni” stabilite dalla legge, citando, non a caso, riferimenti giurisprudenziali in parte coincidenti con quelli richiamati dalla CTR, ha semplicemente inteso dare continuità all’insegnamento costante secondo cui, rispettate le ridette “precise condizioni”, la presunzione legale assoluta di cui all’art. 90, comma 8, l.n. 289 del 2002 ‘copre’ anche il requisito dell’inerenza”, conseguentemente insindacabile sia dall’Amministrazione che dal Giudice.
2.4. Ne deriva che non sussiste il denunciato travisamento tra l’illustrazione del motivo, nel quale espressamente trova menzione il profilo dell’inerenza”, ed il pedissequo sviluppo motivazionale addotto a sostegno della decisione, nel quale è svolto il richiamo (su cui si appuntano le critiche dell’Agenzia delle entrate nel ricorso per revocazione ed ancora nella memoria depositata) alla “presunzione legale assoluta’ circa la natura pubblicitaria e non di rappresentanza [delle] spese di sponsorizzazione”, essendo detto richiamo volto a ribadire la “communis opinio” (di cui invece l’Agenzia delle entrate aveva paventato un “ripensamento”) circa l’estensione della presunzione legale assoluta della natura pubblicitaria delle spese di sponsorizzazione rispondenti alle “precise condizioni” di legge, comportante la totale insindacabilità delle stesse, anche all’inerenza”, essa pure, di riflesso, insindacabile.
2.5. In definitiva, come condivisibilmente rilevato dalla società nel controricorso, la Sez. 6-T, ben lungi dall’esser caduta in errore materiale nella lettura del ricorso per cassazione, si è unicamente limitata a richiamare la giurisprudenza consolidata, in guisa da respingere la sollecitazione a mutare la prospettiva esegetica dell’art. 90, comma 8, I.n. 289 del 2002 avanzata dall’Agenzia delle entrate.
3. Le superiori considerazioni votano alla dichiarazione di inammissibilità del primo motivo del ricorso per revocazione in disamina, con conseguente assorbimento del secondo, anelante, in prospettiva rescissoria, alla dichiarazione di fondatezza del motivo del ricorso per cassazione, disatteso dalla Sez. 6-T, inteso a denunciare la violazione dell’art. 90, comma 8, I.n. 289 del 2002 e degli artt. 108, comma 2, e 109, comma 5, t.u.i.r., per aver la CTR ritenuto non sindacabile la dedotta, dall’Agenzia delle entrate, non inerenza delle spese di sponsorizzazione nella specie esposte dalla società.
4. In applicazione del criterio della soccombenza, l’Agenzia delle entrate deve essere condannata alla rifusione alla società delle spese del presente giudizio, liquidate, secondo Tariffa, come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo;
condanna la ricorrente Agenzia delle entrate a rifondere a B.C. S.R.L. le spese del presente giudizio, liquidate in euro 5.600,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, maggiorazione forfettaria del 15 % per spese generali ed accessori di legge.
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