CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 38129 depositata il 30 dicembre 2022
Tributi – Avviso di accertamento – Deposito fiscale – Regime di sospensione di imposta – Cessione senza pagamento dell’accisa – Ricavo di esercizio – IRES, IRAP e IVA – Accoglimento
Fatti di causa
Dagli atti difensivi delle parti si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato alla società (…) s.r.l. (di seguito IPA s.r.I.) un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2010, sul presupposto che la stessa, titolare di un deposito fiscale, aveva ceduto prodotti alcolici, acquistati in regime di sospensione di imposta, alla ditta A.C. s.r.I., priva di specifica autorizzazione all’esercizio di un deposito fiscale, svincolando in tal modo il prodotto dal regime sospensivo senza applicazione dell’accisa, aveva ritenuto che la cessione senza pagamento dell’accisa costituiva ricavo di esercizio e, pertanto, aveva rideterminato il reddito di impresa, il valore della produzione e il totale delle operazioni imponibili, richiedendo il pagamento di una maggiore Ires, Irap ed Iva, ed irrogava, inoltre, le conseguenti sanzioni.
Avverso l’atto impositivo la società aveva proposto ricorso che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli;
l’Agenzia delle entrate aveva quindi proposto appello.
La Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che “dalla documentazione in atti risulta che il prodotto è stato destinato esclusivamente alla panificazione e quindi non era stato immesso in commercio;
pertanto, non ha generato il presupposto dell’imposta con conseguente annullamento dell’accertamento”.
Avverso la suddetta pronuncia ha quindi proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a due motivi di ricorso, cui ha resistito la contribuente depositando controricorso, illustrato con successiva memoria.
Il Pubblico Ministero in persona del Sostituto procuratore generale Dott. M.V. ha depositato le proprie conclusioni con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132, cod. proc. civ..
Evidenzia parte ricorrente che: la pronuncia censurata è del tutto priva dell’esposizione dei fatti, non consentendo di comprendere sulla base di quali elementi sia poi pervenuta alla decisione adottata; la stessa, inoltre, ha del tutto omesso di esaminare le argomentazioni prospettate dall’amministrazione finanziaria nell’atto di appello, rendendo una decisione non aderente al thema decidendum, basata sulla considerazione di fondo, del tutto non considerata dal giudice del gravame, che la pretesa nei confronti della società traeva fondamento sulla circostanza che, non avendo la società cessionaria dei prodotti alcolici operata la voltura della licenza in proprio favore, era avvenuto lo svincolo irregolare dal regime sospensivo, sicchè l’accisa non dovuta costituiva una componente positiva di reddito ripresa a tassazione; infine, la motivazione è del tutto apparente, non avendo specificato sulla base di quali documenti poteva ritenersi che l’alcol acquistato era stato destinato alla panificazione.
Il motivo è fondato.
Va disattesa l’eccezione di inammissibilità del presente motivo, proposta dalla controricorrente sia nel controricorso che in memoria, basata sulla considerazione che la ragione di censura ha, piuttosto, ad oggetto l’omesso esame di un fatto storico, consistente nella circostanza che la società cessionaria dei beni non era in possesso di alcuna licenza e, quindi, il trasferimento del prodotto alcolico non poteva essere considerato effettuato in regime di esenzione.
Parimenti da disattendere è l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso, proposta dalla controricorrente nel controricorso e ribadita in memoria, nella parte in cui si censura la sentenza per non avere specificato da quali documenti aveva tratto il convincimento che il prodotto era destinato alla panificazione, posto che, secondo la controricorrente, con il presente motivo non sarebbe stata mossa alcuna doglianza in relazione all’accertata destinazione dell’alcol alla produzione di prodotti da forno, profilo sul quale, quindi, si sarebbe formato un giudicato interno.
In realtà, quel che il presente motivo di ricorso pone in evidenza è la considerazione che la pronuncia censurata non ha in alcun modo illustrato quali fossero i fatti e le circostanze sulle quali era stata chiamata a pronunciare, limitandosi, poi, ad affermare, in sede di motivazione, che non vi era stata alcuna immissione in commercio del prodotto in quanto lo stesso era stato destinato alla panificazione, facendo, peraltro, generico riferimento a documenti in atti, senza ulteriore specificazione.
Non si tratta, quindi, come invece sostiene parte controricorrente, della prospettazione di un mancato esame di un fatto storico ovvero delle argomentazioni difensive, ma della mancanza dei presupposti richiesti dall’art. 132, cod. proc. civ., per ritenere che la motivazione sia stata sufficiente, nel senso che consenta di comprendere, con l’illustrazione delle conclusioni delle parti e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, su quali presupposti sia stato reso il ragionamento logico seguito.
Questa Corte ha precisato, invero, che: «In forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di procedura civile compatibili, contenuto nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, è applicabile al rito tributario, così come disciplinato dal citato decreto, il principio desumibile dalle norme di cui agli artt. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. (come novellati entrambi dalla L. 18 giugno 2009 n. 69), secondo il quale la mancata esposizione dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione delle ragioni giuridiche della decisione, determinano la nullità della sentenza soltanto ove rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo” (Cass. civ., 18 aprile 2017; Cass. civ., 8 luglio 2021, n. 19439), così come è parimenti nulla la sentenza che sia priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto i giudici d’appello a disattenderle (Cass. civ., 5 ottobre 2018, n. 24452; Cass. civ., 26 giugno 2017, n. 15884).
Nella specie, il giudice del gravame non si è attenuto ai suddetti principi, in quanto, in punto di fatto, non ha in alcun modo indicato quali erano le circostanze di fatto e le ragioni di diritto per le quali era stata richiesta di pronunciare, enunciando solo un ragionamento logico sconnesso rispetto a quelle che erano le ragioni di censura proposta dall’Agenzia delle entrate avverso la statuizione del giudice di primo grado.
D’altro lato, anche la questione relativa ad un accertamento in fatto in ordine alla effettiva destinazione dell’alcol alla produzione di prodotti da forno, valorizzata dalla controricorrente al fine di prospettare l’eccezione di inammissibilità del presente motivo, risulta essere fuori fuoco rispetto a quello che costituiva, invero, l’oggetto del giudizio, sul quale il giudice del gravame non si è pronunciato.
La questione di fondo sulla quale il giudice del gravame era stato chiamato a pronunciare aveva riguardo, stando a quanto risulta dall’atto di appello prodotto dalla ricorrente, al fatto se, nella fattispecie, vi era stato uno svincolo dal deposito fiscale dei prodotti di alcol ceduti dalla società I. s.r.l., titolare del deposito fiscale, in favore della società affittuaria del ramo di azienda che non aveva richiesto l’autorizzazione per il deposito fiscale e se, da tale circostanza, poteva dirsi legittimo il recupero delle maggiori imposte Ires, Irap e Iva.
La mancata esposizione dei fatti di causa e delle ragioni di diritto non consente di comprendere come il ragionamento logico giuridico seguito dal giudice del gravame abbia dato compiuta risposta alla prospettazione della parte, incorrendo, in tal modo, nella violazione dell’art. 132, cod. proc. civ..
L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo, con il quale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione degli artt. 2 e 27, d.lgs. n. 504/1995, nonché dell’art. 85, d.P.R. n. 917/1986, dell’art. 5, d.lgs. n. 446/1997, dell’art. 21, d.P.R. n. 633/1972.
In conclusione, è fondato il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con conseguente cassazione della sentenza censurata e rinvio alla Commissione tributaria regionale di secondo grado, anche ai fini della liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito, il secondo, cassa la sentenza censurata e rinvia alla Corte di giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche ai fini della liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
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