CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 4252 depositata il 10 febbraio 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IRPEG, IRAP e IVA – Studi di settore – Rettifica del reddito di società – Carenza di legittimazione del ricorrente all’impugnazione dell’avviso di accertamento
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 46/40/12 del 29/02/2012, la Commissione tributaria regionale del Lazio – Sezione staccata di Latina (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 30/10/09 della Commissione tributaria provinciale di Frosinone (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da F.M. avverso l’avviso di accertamento concernente IRPEG, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2004.
1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR e dalle difese delle parti, l’avviso di accertamento, emesso nei confronti di R.S. s.r.l. e autonomamente impugnato da F.M., in qualità di legale rappresentante della predetta, aveva comportato una rettifica del reddito della società contribuente in applicazione dei cd. studi di settore.
1.2. La CTR motivava il rigetto dell’appello di AE osservando che: a) i parametri applicati dall’Ufficio costituivano «dei semplici indizi al fine di motivare l’accertamento, ma non possono assurgere a prova», dovendo essere considerata «anche la situazione soggettiva del contribuente nonché il fattore ambientale, il luogo di esercizio dell’attività e l’anno in esame ai fini della determinazione e congruità del reddito dichiarato»; b) nel caso di specie, l’Ufficio aveva «proceduto a quantificare presuntivamente i maggiori redditi sulla base della non coerenza dei ricavi dichiarati rispetto a quelli accertati con i parametri stabiliti dagli Studi di Settore», senza «provare l’infedeltà della dichiarazione»; c) la semplice incoerenza non poteva essere considerata una valida prova di evasione «e valida motivazione per procedere alla rettifica del reddito dichiarato dal Contribuente».
2. AE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo.
3. F.M. resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
4. Con ordinanza resa all’esito dell’udienza camerale del 15/01/2020, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per l’eventuale trattazione in pubblica udienza.
Ragioni della decisione
1. Va pregiudizialmente rilevato che, come si evince dagli atti di causa, F.M., legale rappresentante di R.S. s.r.l., ha impugnato in proprio l’avviso di accertamento notificato alla società dallo stesso rappresentata e riguardante esclusivamente la medesima. Si pone, pertanto, un problema di legittimazione del ricorrente ad impugnare l’avviso di accertamento notificato a R.S. s.r.l.
1.1. Orbene, secondo la giurisprudenza della S.C., «La “legitimatio ad causam”, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto, secondo la prospettazione della parte, mentre l’effettiva titolarità del rapporto controverso, attenendo al merito, rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio dei soggetti in lite. Ne consegue che il difetto di “legitimatio ad causam”, riguardando la regolarità del contraddittorio, costituisce un “error in procedendo” ed è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo» (Cass. n. 7776 del 27/03/2017), ovviamente laddove risultante dagli atti di causa (Cass. S.U. n. 2951 del 16/02/2016).
1.2. Ne consegue che questa Corte deve rilevare d’ufficio il difetto di legittimazione attiva del ricorrente, non essendosi formato alcun giudicato implicito sulla questione, in alcun modo affrontata dalle corti di merito.
2. In conclusione, va dichiarata la carenza di legittimazione del ricorrente all’impugnazione dell’avviso di accertamento, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza impugnata.
2.1. Il rilievo officioso giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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