CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 4441 depositata il 13 febbraio 2023
Tributi – Avvisi di accertamento – Operazioni soggettivamente inesistenti – Frode carosello – Indebita detrazione di IVA internazionale – Disciplina fiscale del consolidato nazionale – Litisconsorzio necessario tra la società consolidata e la consolidante – Accoglimento
Fatti di causa
A seguito di verifica avviata nel 2009, le società contribuenti operanti nel settore della concia di pellame erano attinte da avvisi di accertamento per l’anno di imposta 2007 sul rilievo di operazioni soggettivamente inesistenti con società di mera facciata che generava una frode carosello, cui seguivano rilievi sulle discrepanze delle rimanenze di magazzino, presunzione di cessione irregolare di beni per decremento magazzino, spese non inerenti, indebita detrazione di IVA internazionale e, infine, sanzioni per irregolare tenuta delle scritture contabili.
Avendo aderito al consolidato nazionale per il 2007, la ripresa a tassazione verso le verificate società si ripercuoteva nei confronti della loro controllante soc. D.M.G. s.p.a., attinta parimenti da consequenziale atto impositivo, donde reagivano le diverse società con distinti ricorsi: qui rilevano i ricorsi proposti da A.A.L. e dalla consolidante D.M.G., parzialmente accolti in primo grado, con sentenza riformata in appello che ha confermato quindi la ripresa a tassazione, per cui propongono ricorso per cassazione le due società, nelle rispettive posizioni di contribuente direttamente incisa e di controllante solidalmente responsabile per il consolidato nazionale, ma anche le società Conceria Ambra e Conceria Tigre, delle cui riprese a tassazione non è occupata la sentenza qui in scrutinio, affidandosi a sei articolati motivi, cui replica con tempestivo controricorso l’Avvocatura generale dello Stato.
Ragioni della decisione
Vengono sei mezzi di ricorso.
.I. Con il primo motivo si prospetta censura ex art.360 n. 4 c.p.c. per violazione del principio del litisconsorzio necessario, per non essere stato integrato il contraddittorio con le altre società afferenti al consolidato nazionale.
Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione degli articoli 101 e 295 c.p.c. e degli articoli 29 e 14 d.lgs. n. 546/1992, nella sostanza lamentando non siano stati esperiti gli altri strumenti processuali per ricondurre ad unità il giudizio.
I motivi possono essere trattati insieme per evidenti ragioni di connessione.
Ed infatti, in tema di disciplina fiscale del consolidato nazionale, ai sensi dell’art. 40 bis d.P.R. n. 917 del 1986, quale aggiunto dall’art. 35, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. nella l. n. 122 del 2010, nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento con cui è stato rettificato il reddito complessivo proprio di ciascuno dei partecipanti, sussiste il litisconsorzio necessario tra la società consolidata e la consolidante. (Nella specie, era in discussione, oltre all’applicabilità delle perdite di periodo del consolidato non utilizzate, anche la legittimità della ripresa a tassazione di costi non inerenti, riferiti a costi riaddebitati alla società dalla propria controllata per servizi di consulenza fatturati a quest’ultima da soggetti terzi) (cfr. Cass. V, n. 1329/2020).
Non di meno, il litisconsorzio necessario è stato introdotto con la modifica del citato d.l. n. 78/2010 ed è in vigore dal 2011, quindi non si applica agli accertamenti qui in esame che sono stati notificati nel corso del 2010.
.II. Con il terzo motivo si prospetta censura di cui all’art. 360 n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver il collegio d’appello omesso di pronunciarsi sull’intera domanda ed aver esplicitamente circoscritto la sentenza unicamente a determinati capi (cfr. sentenza, pag. 3, quinto capoverso).
Con il quarto motivo si prospetta censura ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., omissione di pronuncia su parte della domanda e omesso recepimento del giudicato parziale o risultanze del primo livello.
I motivi possono essere congiuntamente trattati, vertendo sui medesimi profili attinenti all’oggetto del giudizio.
La lettura della sentenza in scrutino evidenzia come il collegio di secondo grado abbia correttamente circoscritto il perimetro della propria cognizione all’accertamento di primo livello relativo alla verificata ed accertata soc. A.A.L. s.r.l., nonché alla parte dell’accertamento di secondo livello in cui quello si è riflesso nei confronti della consolidante DMG s.p.a.: questi i temi trattati in primo grado e questi i temi riproposti in appello, secondo il profilo dell’accertamento merito che muovo con ricorso avverso un atto impositivo (tipico) elencato dal d.lgs. n. 546/1992.
.III. Con il quinto motivo (primo motivo della seconda parte, pag. 34 del ricorso) si prospetta censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione degli articoli 1 e 4 del d.P.R. n. 441/1997, laddove la tassazione è stata ripresa sul riscontro non di una differenza quantitativa o qualitativa di magazzino, ma in base ad una differenza di valore delle rimanenze fra inizio e fine anno.
Sul punto, questa Corte è intervenuta in più occasioni affermando che in tema di accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi, in base all’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 441 del 1997, le eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui all’art. 14, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta, e le consistenze delle rimanenze registrate, costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo, presunzione che è relativa e superabile non con qualunque mezzo di prova, ma solo con le prove tassativamente indicate dagli artt. 1 e 2 del citato d.P.R. n. 441 del 1997 (cfr. Cass. V, n. 12245/2018).
Se è pur vero che al regime di questa presunzione speciale e strettamente codificata si affianca il regime presuntivo ordinario basato sugli indizi gravi, precisi e concordati (cfr. Cass. V, n. 12245/2018), non è men vero che tale profilo non è stato verificato dai giudici d’appello in relazione alle risultanze probatorie, donde la sentenza merita di essere cassata con rinvio ai giudici d’appello.
.IV. Con il sesto motivo (secondo motivo della seconda parte, pag. 49 del ricorso) si prospetta censura ex art. 360 n. 5 c.p.c., per omesso esame che il recupero a tassazione dei maggiori ricavi risulta irrealistico e inverosimile.
Il motivo propone elemento che non costituisce fatto storico non considerato, bensì profili valutativi su cui il giudice si è pronunciato espressamente o implicitamente e nella sentenza in scrutinio.
Ed infatti, per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Peraltro, il fatto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 deve concretarsi in un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un “fatto” costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche, secondo parte della dottrina e giurisprudenza, un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso. E di tale fatto deve essere indicata anche la natura “decisiva” ai fini del decidere (Cass., Sez. V, n. 16655/2011).
Il motivo è quindi inammissibile.
Conclusivamente il ricorso va accolto per le ragioni attinte dal quinto motivo.
P.Q.M.
Accoglie il quinto motivo, rigettati i rimanenti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per il Veneto, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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