Corte di Cassazione sentenza n. 4498 depositata il 23 febbraio 2018
SOCIETA’ DI PERSONE FISICHE – S.A.S. – SOCI ACCOMANDANTI – INGERENZA NELL’AMMINISTRAZIONE – COMPIMENTO DI ATTIVITÀ GESTORIA – NOZIONE – FATTISPECIE
RILEVATO
che:
la corte d’appello di Torino, con sentenza in data 28-12-2016, ha respinto il gravame della A. s.a.s. nei confronti della sentenza del tribunale della stessa città che, accogliendo l’opposizione del socio accomandante P.G., aveva annullato la Delib. di esclusione comunicata con lettera del 13/9/2013;
nello specifico, e per cio’ che ancora rileva, la corte d’appello ha condiviso la valutazione del tribunale affermando che la condotta del socio accomandante non aveva dato luogo ad atti di amministrazione e di gestione di affari per conto della società, essendosi concretata in mera presa di contatto con altra società, finalizzata a sondarne l’intento di eventualmente definire in modo bonario una controversia;
per la cassazione della sentenza, la società A. e i soci F.C. e D.D. hanno proposto ricorso sorretto da un solo motivo, illustrato pure da memoria, al quale P. ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo, la parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 2320 c.c., poiche’ a suo dire la corte d’appello ha errato nel ritenere che le accertate prese di contatto del socio accomandante nei riguardi del terzo non avevano integrato la fattispecie di esclusione;
il motivo e’ manifestamente infondato e in parte inammissibile perche’ suppone un sindacato di fatto;
ai sensi dell’art. 2320 c.c., i soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, ne’ trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari;
invero l’accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e puo’ essere escluso dalla società a norma dell’art. 2286 c.c.;
secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’elemento determinante ai fini dell’applicazione della norma e’ costituito dalla preclusione di ingerenza del socio accomandante nella gestione della società;
difatti il socio accomandante assume la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, e puo’ essere escluso, ove contravvenga al divieto di trattare o concludere affari in nome della società, o di compiere atti di gestione aventi influenza rilevante sull’amministrazione della stessa (v. di recente Cass. 11250-16; Cass. n. 23211-12);
nel caso di specie la corte d’appello ha accertato che il P. si era limitato a una presa di contatto con la S. C. Servizi. s.r.l. dopo che, a seguito della definizione di una controversia tra le due società, la S. C. Servizi aveva minacciato di richiedere il risarcimento dei danni; peraltro, sempre in base a quanto accertato dal giudice del merito, le trattative di composizione non erano sfociate in alcun accordo e l’iniziativa del P. si era arrestata a una fase ben anteriore, “di mero sondaggio delle condizioni della S. C. Servizi per la chiusura della controversia”;
in tal guisa la corte d’appello ha concluso negando che l’accomandante avesse compiuto un’attività gestoria in senso proprio, tale da esprimere la volontà della s.a.s. e da impegnarla in un senso o in un altro;
la conclusione implica una valutazione di fatto, motivata e insindacabile in questa sede, e cio’ costituisce base sufficiente per negare il presupposto applicativo dell’art. 2286 c.c.; le spese processuali seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alle spese processuali, che liquida in Euro 6.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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