Corte di Cassazione sentenza n. 4987 depositata il 25 febbraio 2020

responsabilità solidale – operazione di scissione

Fatti di causa

L’ Agenzia delle Entrate propone quattro motivi di ricorso, ribaditi con memoria, per la cassazione della sentenza n. 66/15/2012 del 15 febbraio 2012, con la quale la CTR della Campania, in accoglimento solo parziale dell’appello dell’Ufficio, riconosceva alla società I.C. srl, nella qualità di coobbligata in solido, in quanto beneficiaria senza trasferimento di debiti, della scissone parziale della C.C. srl, la legittimazione passiva in ordine alla obbligazione tributaria di cui alla cartella di pagamento contenente l’iscrizione a ruolo ,a titolo definitivo, della somma di euro 1.156.180,92 per INVIM annualità 1991 , scaturente da accertamenti divenuti definitivi a seguito del passaggio in giudicato di alcune sentenze della C.T.P. di Caserta rese nei confronti della C.C. s.r.l.

La CTR,nella sentenza impugnata, affermava che nel caso di scissione parziale in discussione, la responsabilità solidale della società beneficiaria sussiste nei limiti del patrimonio netto trasferito, a norma dell’art. 2506 bis cod.civ.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, deduce, con riferimento all’ad 360, n. 3, cod.proc.civ, violazione e falsa applicazione dell’art. 173, comma 13, del D.P.R. N. 917/86 non avendo la CTR considerato che la predetta norma, non prevedendo limitazione di responsabilità per la società beneficiaria, determina una disciplina speciale, per i profili tributari, prevalente su quella prevista dagli artt. 2506 bis comma 3, e 2506-quater, comma 3, del codice civile.

Con il secondo motivo di ricorso ,in relazione all’art. 360 n.4 cod.proc.civ., la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ. avendo la Commissione erroneamente ritenuto di pronunciarsi, in assenza di una specifica richiesta, anche sull’entità del debito tributario gravante sulla beneficiaria, ponendo a carico dell’Ufficio l’onere di ricalcolare l’INVIM straordinaria secondo i parametri dettati dalla stessa Commissione ed in particolare dichiarando di doversi tenere conto delle passività di scissione accollate alla beneficiaria.

Con il terzo motivo la ricorrente, in relazione all’art. 360, n. 3, cod.proc.civ. deduce la violazione e falsa applicazione dell’ad 2909 cod.civ. perché la C.T.R. si è erroneamente pronunciata nel merito delle modalità di determinazione del quantum debeatur (che, peraltro , non ha costituito oggetto della materia del contendere) incorrendo nella violazione della norma e del principio di intangibilità del giudicato, posto che gli importi dell’ Invim straordinaria reclamati nella cartella impugnata, sono conseguenti alle pretese tributarie cristallizzate dai ripetuti giudicati a favore del Fisco, nel frattempo, intervenuti.

Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente, avuto riguardo all’art. 360 n.3 cod.proc.civ., deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 6 e 11 del D.P.R. n. 643/72 avendo la Commissione stabilito che nel computo dell’entità dell’imposta dovevano considerarsi “gli elementi passivi rappresentati dai debiti verso i soci per finanziamenti infruttiferi effettuati a favore della società scissa e trasferiti alla beneficiaria” senza considerare che quegli elementi passivi non potevano ascriversi tra gli elementi che normativamente concorrono a formare la base imponibile della specifica imposta in discussione.

La contribuente resiste con controricorso

I motivi di ricorso sono fondati e possono essere valutati congiuntamente attesa l’evidente connessione logica, declinando aspetti diversi del medesimo argomento relativo alla disciplina delle scissioni societarie in ambito tributario.

In ordine a tale disciplina è stato già chiarito che la responsabilità per i debiti tributari, relativi a periodi d’imposta anteriori l’operazione di scissione parziale, è regolata dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 173, comma 13, mediante aggiunta di un elemento specializzante rispetto alla omologa responsabilità riguardante le obbligazioni civili. Nei termini che, fermi gli obblighi erariali in capo alla scissa e alla beneficiata, la disposizione normativa stabilisce che tutte le società partecipanti all’operazione, per i debiti tributari, rispondono non solo solidalmente ma altresì illimitatamente. Salvo, sempre, il diritto di esercitare il regresso nei confronti degli altri coobbligati. Questa interpretazione trova conferma nell’ art. 15, comma 2 D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.472 che, dal lato interpretativo sistematico, coerentemente prevede che le società partecipanti alla scissione siano tutte solidalmente e illimitatamente responsabili per le somme dovute per le violazioni tributarie. Nella previsione di una illimitata responsabilità solidale, sta appunto il carattere eccezionale della disciplina fiscale della solidarietà discendente dalle operazioni di scissione parziale.

Conseguentemente, questa Corte ha già affermato il principio di diritto secondo cui “In una fattispecie di operazione di scissione parziale, per i debiti fiscali della scissa relativi a periodi d’imposta anteriori l’operazione, rispondono, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 173, comma 13, solidalmente e illimitatamente tutte le società partecipanti la scissione, come del resto conferma dal lato della interpretazione sistematica il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 15, comma 2, che con riguardo alle somme da pagarsi in conseguenza di violazioni fiscali commesse dalla scissa prevede la solidarietà illimitata di tutte le beneficiarie. E questo differentemente dalla disciplina della responsabilità delle partecipanti la scissione relativa alle obbligazioni civili, per la quale invece l’art. 2506 bis cod.civ., comma 2, e art. 2506 quater cod.civ., comma 3, prevedono precisi limiti“. ( Cass.N.13059/2015).

La disciplina civilistica, infatti, non trova rispondenza nell’ordinamento tributario, il quale stabilisce – al contrario – che per gli obblighi della società scissa, riferibili a periodi di imposta anteriori alla data di efficacia della scissione, risponde non soltanto la società scissa ma anche la società beneficiaria; tale responsabilità, valevole “per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi ed ogni altro debito” afferente al rapporto tributario, ha natura solidale, e per essa non è previsto alcun limite quantitativo riconducibile al patrimonio assegnato con l’operazione straordinaria (art.173, co. 12 e 13, D.P.R. 917/86).

E’ stato anche rilevato che, in ambito tributario, l’istituto della responsabilità solidale riprende vigore secondo la regola generale di integralità e pariteticità di cui agli artt. 1292 e 2740 cod.civ e che la prevalenza della norma tributaria sul diverso principio desumibile dalla disciplina codicistica della scissione non determina – nella prospettiva degli articoli 3 e 53 Cost. – alcuna violazione di ordine costituzionale; dal momento che la maggior tutela accordata dall’ordinamento al ‘creditore-fisco’, rispetto a tutti gli altri creditori della società scissa, trova riscontro di ragionevolezza ed adeguatezza nella oggettiva diversità di fattispecie determinata dalla peculiarità dell’obbligazione tributaria. Ciò è quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.90 del 26 aprile 2018, dichiarativa della infondatezza “delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 173, comma 13, TU1R, nella parte in cui prevede, in caso di scissione parziale di una società, la responsabilità solidale e illimitata della società beneficiaria per i debiti tributari riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l’operazione ha effetto, e dell’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 472/1997, nella parte in cui prevede, in caso di scissione parziale, che ciascuna società beneficiaria è obbligata in solido al pagamento delle somme dovute a titolo di sanzione per le violazioni commesse anteriormente alla data dalla quale la scissione produce effetto”.( Cass.n.16710/2019)

Ne segue, l’accoglimento del ricorso.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale va, di conseguenza, cassata con pronuncia nel merito – di rigetto del ricorso introduttivo della società contribuente- non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ; le spese del giudizio di merito possono essere compensate tenuto conto dell’andamento del procedimento; le spese del giudizio di cassazione vengono invece poste a carico della società, secondo la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio della società contribuente; condanna quest’ultima alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 12.000,00, oltre spese prenotate a debito; compensa le spese del giudizio di merito