CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 5330 depositata il 21 febbraio 2023
Tributi – IVA – Oneri derivanti dai mutui in corso – Cessione in uso da parte del Comune all’Ente gestore delle infrastrutture e dei beni relativi al servizio idrico – Cessione di denaro esente IVA – Pagamento delle passività pregresse per l’ammortamento dei mutui già accesi – Accoglimento
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate ha emesso nei confronti del Comune di Formia avviso di accertamento relativo all’anno 2011 per il recupero dell’IVA dovuta sul pagamento degli oneri derivanti dai mutui in corso, stipulati dallo stesso Comune, effettuato dall’ente gestore del servizio idrico (A. spa).
Invero, in attuazione della legge n. 36 del 1994, il Comune di Formia, tramite l’Ambito Territoriale Ottimale n. 4 Lazio Meridionale (AT04) di appartenenza, aveva affidato la gestione del servizio idrico integrato alla società A. Spa, che aveva assunto il ruolo di gestore, con Convenzione stipulata in data 2 agosto 2002.
La Convenzione aveva previsto, in particolare, la cessione in uso da parte del Comune all’Ente gestore delle infrastrutture e dei beni relativi al servizio idrico e il rimborso da parte del gestore delle passività per i mutui pregressi stipulati dal Comune in relazione agli impianti.
L’Agenzia delle Entrate, pertanto, ha ritenuto il pagamento di quegli oneri rilevante ai fini IVA.
Il Comune ha impugnato l’avviso, contestando la natura di corrispettivo del pagamento del pagamento dei ratei di mutuo che costituiva mera cessione di denaro, esente da IVA.
La Commissione Tributaria Provinciale Tributaria (CTP) di Latina ha accolto il ricorso.
L’Agenzia ha proposto appello, rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio che, con la sentenza sopra indicata, ha escluso un rapporto sinallagmatico tra la cessione in uso degli impianti e l’obbligo di pagamento dei ratei di mutuo, posto che l’art. 153 del d.lgs. n. 152 del 2006, che aveva sostituito l’art. 12 della legge n. 36 del 1994, aveva espressamente definito come gratuita la concessione d’uso delle infrastrutture.
Secondo i giudici d’appello, l’accollo dei ratei di mutuo costituiva un atto interno che non modificava l’originaria obbligazione, la quale restava in capo al Comune, e il pagamento delle rate costituiva mera cessione di denaro estranea dal campo dell’IVA secondo quanto stabilito dall’art. 2 d.P.R. n. 633 del 1972.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione con un motivo.
Ha resistito con controricorso il Comune di Sabaudia.
A seguito di ordinanza interlocutoria n. 21185/22, la causa è stata portata all’udienza pubblica sopra indicata. Sia L’Agenzia delle entrate sia il Comune hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo, l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 13 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, nonché dell’art. 153 del d. Igs.3 aprile 2006 n. 152, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., perché la CTR erroneamente ha escluso che il pagamento delle rate di ammortamento del finanziamento erogato dalla Cassa Depositi e Prestiti al Comune di Fondi (LT) per la concessione in uso della rete idrica alla “A. S.p.A.” costituiscono corrispettivo assoggettabile ad IVA.
Rileva l’Ufficio che il rapporto tra il gestore e l’ente locale trova una sua specifica disciplina nella Convenzione del 2002, dalla quale emerge che il diritto d’uso degli impianti idrici su cui insistono i pregressi finanziamenti è trasferito in cambio del pagamento di un corrispettivo, commisurato al mutuo residuo, con pagamenti regolamentati secondo un piano di rimborso pluriennale e scadenze coincidenti con quelle dei ratei dei mutui.
2. Il motivo è fondato.
Va rilevato, invero, che la questione è già stata oggetto di disamina da parte di questa Corte con le decisioni n. 39055 e n. 40624 del 2021, secondo cui la previsione convenzionale dell’obbligo in capo all’ente gestore del pagamento delle passività pregresse per l’ammortamento dei mutui già accesi dai Comuni, per gli investimenti relativi agli impianti concessi in uso al gestore del servizio idrico, ha natura di corrispettivo per la prestazione di un servizio reso nell’esercizio di un’attività imprenditoriale, sicché l’operazione è assoggettabile ad IVA.
Ritiene il Collegio che le conclusioni ora esposte siano condivisibili ancorché la motivazione debba essere integrata, tenuto conto anche della disciplina unionale e degli orientamenti della Corte di giustizia, vertendosi in materia di IVA.
3. Appare opportuno premettere che ai sensi dell’art. 4 della Sesta Direttiva, del 17/05/1977 n. 388 (ora v. art. 13 della Direttiva CE 28 novembre 2006, n. 112, paragrafo 1) “gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non son considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni. Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od Operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell’allegato D quando esse non sono trascurabili”. L’allegato D al n. 2 prevede tra le attività per le quali gli enti pubblici sono “sempre” considerati soggetti passivi proprio l’ “erogazione di acqua…” (v. ora all. 1 direttiva 112/2006).
Come precisato dalla Corte di giustizia (3 aprile 2008, Finanzamt Oschatz, C-442/05, punto 31), «stabilendo che gli enti di diritto pubblico hanno in ogni caso lo status di soggetti passivi per le attività elencate all’allegato D, purché esse non siano trascurabili, l’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva reca un’ulteriore limitazione al principio del non assoggettamento degli enti suddetti rispetto a quelle risultanti dalla condizione enunciata al primo comma del medesimo articolo, vale a dire che si tratti di attività svolte in quanto pubbliche autorità, e dalla deroga di cui al successivo secondo comma, quando il non assoggettamento delle attività di cui trattasi provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Il terzo comma dell’art. 4, n. 5, intende in tal modo garantire che talune categorie di attività economiche la cui importanza deriva dal loro oggetto non siano sottratte all’IVA perché esercitate da enti di diritto pubblico in quanto pubbliche autorità».
Fondando la norma una presunzione assoluta di commerciabilità, con riferimento alle attività di cui all’allegato, ne deriva che le attività realizzate per l’erogazione dell’acqua sono rilevanti ai fini IVA per chiunque, anche con riguardo agli enti che operano come pubbliche autorità.
3.1. Questa conclusione non trova ostacolo nel fatto che il Comune non si occupa direttamente della erogazione dell’acqua e si limita alla concessione in uso delle infrastrutture (acquedotti, fognature, …), perché, da un lato, l’avverbio “sempre” induce a ritenere che le attività di cui all’allegato debbano essere considerate secondo il loro significato più ampio e, d’altro lato, sussiste un evidente nesso di necessaria e stretta relazione con l’attività di erogazione, gestione e distribuzione delle acque.
È sufficiente considerare, infatti, che in assenza del conferimento di questi beni sarebbe oggettivamente impossibile la stessa attività di somministrazione/erogazione/gestione delle acque, sicché l’uso di essi si configura come indispensabile ai fini della fornitura stessa, da ciò il necessario assoggettamento al medesimo regime di imponibilità.
3.2. Restano così inconferenti le considerazioni in punto di soggettività ai fini IVA, in ordine alla eventuale qualità del Comune come soggetto agente quale pubblica autorità, svolte dal Procuratore Generale.
Per inciso, può osservarsi, comunque, che anche volendo trascurare la superiore presunzione assoluta di commerciabilità, le conclusioni del Pubblico Ministero non potrebbero essere condivise.
Come risulta sia dalla giurisprudenza unionale (Corte giust., 29 ottobre 2015 Saudacor, C-174/14, punto 51), sia da quella di questa Corte (Cass. n. 37951 del 2021), sono da ricondurre tra le attività di natura commerciale di un ente pubblico, ricadenti nel campo dell’IVA; quelle fondate su rapporti di carattere privatistico.
Non pare dubitabile che, con riferimento al servizio idrico, sin dalla legge n. 36 del 1994 (c.d. legge Galli), il legislatore abbia scelto la strada privatistica e non quella pubblicistica, non facendo ricorso all’esercizio di poteri autoritativi ma regolando i rapporti tra enti locali e i soggetti gestori del servizio idrico integrato mediante “convenzioni”, il cui schema tipo è adottato dalle regioni (art. 11 legge Galli) con rinvio alla normativa civilistica (le convenzioni devono prevedere anche “le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i princìpi del codice civile”, v. art. 11 lett. n).
4. Sussiste, inoltre, tra la concessione del diritto d’uso delle infrastrutture e il versamento, quale rimborso, delle somme corrispondenti ai ratei dei mutui assunti dal Comune e già in essere sui medesimi beni, un univoco rapporto di sinallagmaticità.
4.1. Occorre precisare che il dato normativo di riferimento è costituito dalla legge n. 36 del 1994 che, disciplinando il rapporto tra ente locale ed ente gestore, in particolare con l’art. 12, non prevedeva la gratuità della concessione in uso dei beni.
Questa disposizione, testualmente, si limita ad affermare che:
«1. Le opere, gli impianti e le canalizzazioni relativi ai servizi di cui all’articolo 4, comma 1, lettera f), di proprietà degli enti locali o affidati in dotazione o in esercizio ad aziende speciali e a consorzi, salvo diverse disposizioni della convenzione, sono affidati in concessione al soggetto gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare.
2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative ai servizi di cui all’articolo 4, comma 1, lettera f), ivi compresi gli oneri relativi all’ammortamento dei mutui, sono trasferite al soggetto gestore del servizio idrico integrato».
Soltanto con l’art. 153 del successivo d.lgs. n. 152/2006 si è introdotta la gratuità della concessione d’uso («le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali … sono affidate in concessione d’uso gratuito, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato..») mentre l’art. 12 della legge Galli, a cui deve ricondursi la Convenzione del 2 agosto 2002, lascia ampio spazio all’autonomia delle parti (“salvo diverse disposizioni della convenzione”) e prevede la regolamentazione dell’assunzione degli oneri in capo al Gestore “nei termini previsti dalla convenzione”.
4.2. La Convenzione, riprodotta per autosufficienza dall’Ufficio, ha previsto, nello specifico, l’affidamento al Gestore delle opere, impianti e canalizzazioni funzionali all’esecuzione del Servizio Idrico Integrato (art. 19 comma 1), precisando, in particolare, che «Per le opere realizzate con mutui ancora in essere, il Gestore, in luogo delle quote di ammortamento, si accollerà l’onere del pagamento delle rate che scadranno nel periodo di affidamento in concessione degli impianti. Le rate portanti scadenza durante il periodo della concessione costituiranno costi per il concessionario. Gli importi relativi al reintegro di quanto speso dal Gestore per (…) le quote di ammortamento degli impianti ricevuti dal concedente e per il pagamento dei mutui in corso dovranno trovare la copertura all’interno della tariffa, costituendo costo per il Gestore, calcolato per competenza, e dovranno trovare collocazione all’interno della voce 8.8 “costo per il godimento di beni di terzi”» (art. 29).
In tal modo, si sono posti a carico del Gestore gli oneri connessi all’ammortamento delle passività pregresse, relative al servizio idrico integrato gravanti sugli enti locali, secondo uno schema di “scambio”, come ben si desume dalla successiva Conferenza dei sindaci e dei presidenti dell’ATO n. 4 (si veda verbale del 15.12.2004 e il suo allegato A parzialmente trascritti in ricorso): invero, «è volontà del gestore «acquistare il diritto d’uso degli impianti trasferiti e da trasferire su cui insistono finanziamenti e volontà dell’ATO quella di cedere tale diritto al soggetto GESTORE per il periodo corrispondente alla durata della concessione» (art. 1, par. 1 allegato A); «le parti concordano che 11 corrispettivo della cessione del diritto d’uso» degli impianti trasferiti è determinato nel senso che «il valore attribuito ai beni ed opere cedute in uso viene quantificato nella misura del valore attuale del debito residuo per capitale ed interessi dei mutui in capo all’ente concedente» e che «il pagamento del corrispettivo per la cessione del diritto d’uso viene regolamentato secondo un piano di rimborso pluriennale … coincidente con le scadenze dei mutui» «senza che ci sia alcun accollo, né nella forma, né nella sostanza, dei mutui da parte del gestore» (art. 1, par. 2 stesso Allegato); «i costi di ammortamento del diritto d’uso e gli interessi pagati … rappresentano per il gestore costi d’esercizio eleggibili ai fini della determinazione della Tariffa» (art. 1, par. 3).
4.3. L’ “effettività economica e commerciale delle operazioni”, che deve essere valutata nella identificazione della prestazione ai fini IVA (Corte giust., 20 giugno 2013, C-653/11, Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs, punti 42 e 43; Corte giust., 7 ottobre 2010, Loyalty Management UK e Baxi Group, C-53/09 e C55/09, punti 39 e 40 e giurisprudenza ivi citata), induce a riconoscere nella regolamentazione pattizia – che investe
integralmente anche la posizione del Comune – uno scambio oneroso tra gestore e Comune avente ad oggetto la concessione del diritto d’uso degli impianti in cambio del pagamento di somme corrispondenti ai mutui residui, con ciò realizzandosi una evidente prestazione di servizi.
Le somme così erogate sono espressamente qualificate come costi per il gestore ed esse rilevano – con piena riconducibilità, anche su questo versante, dell’operazione all’attività di erogazione delle acque – ai fini della determinazione della tariffa.
5. Sotto altro profilo, l’operazione rientra nella nozione di attività economica, posto che «Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità» (art. 9 par. 2 della dir. n. 2006/112/CE), con la precisazione che la nozione stessa è considerata in termini obbiettivi nel senso che «l’attività è considerata di per se stessa, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati» (Corte giust., 5 luglio 2018, Marle Participations SARL, C -320/17, punto 22).
5.1. Quanto al «conseguimento di introiti», l’operazione, per essere imponibile, deve determinare lo sfruttamento del bene (materiale od immateriale) per ricavarne introiti aventi un certo grado di stabilità, la cui configurabilità discende proprio dalla espressa indicazione di quei pagamenti nel corso dell’intera durata della concessione.
5.2. Inoltre, l’attività per integrare un «negozio a titolo oneroso» presuppone «unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni o la prestazione di servizi ed 11 corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo» (Corte giust., 12 maggio 2016, Gemeente Borsele, C-520/14, punto 26), nesso -in questo caso esplicitamente previsto – che ricorre qualora tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario (Corte giust., 26 settembre 2013, Serebryannay vek, C-283/12, punto 37 e giurisprudenza ivi citata; v. anche Corte giust., 20 giugno 2013, C-653/11, cit., punto 40).
5.3. Né rileva la natura di accollo meramente interno della prestazione a carico del Gestore perché la base imponibile è costituita da «tutto ciò che è ricevuto quale corrispettivo» (Corte giust., 21 marzo 2002, Kennemer Golf, C-174/00, punto 39 e altra giurisprudenza ivi citata) ed è sufficiente che la prestazione sia considerata come controvalore effettivo del servizio prestato.
6.Alla luce degli elementi su esposti, dunque, sussistono, in evidenza, tutte le condizioni per ritenere l’operazione rilevante ai fini IVA.
7. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio per l’ulteriore esame.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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