CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 5366 depositata il 21 febbraio 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IRPEF – Nullità della notifica – Inammissibilità del ricorso – In tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali, si applica, con riguardo al luogo della sua notificazione, la disciplina dettata dall’art. 330 c.p.c.; tuttavia, in ragione del principio di ultrattività dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, sancito dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate propose ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 3494/03/2016, depositata il 7 dicembre 2016, che aveva dichiarato inammissibile l’appello dello stesso Ufficio contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia, la quale, in accoglimento del ricorso del contribuente R.C., aveva annullato l’avviso di accertamento Irpef, relativo all’anno 2005.
La sentenza d’appello impugnata (prodotta in atti dall’attuale ricorrente) aveva rilevato d’ufficio l’inammissibilità dell’appello erariale, così motivando: «L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate è inammissibile per omesso deposito, nel termine di legge, della ricevuta di spedizione dell’appello, eseguita per posta raccomandata.
L’ art. 22 del D.lgs. n. 546 del 1992, per il ricorso di primo grado e l’art. 53, comma 2, per il giudizio di appello, richiedono, ai fini della rituale costituzione in giudizio del ricorrente o dell’appellante, il deposito, nel termine di trenta giorni dalla spedizione, non solo di copia del ricorso spedito per posta, ma anche della ricevuta di spedizione dell’atto, effettuata per raccomandata a mezzo del servizio postale.
La mancata allegazione di detta ricevuta è sanzionata – al pari dell’omesso deposito della copia del ricorso – con l’inammissibilità dell’impugnazione, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo e non sanabile neppure per effetto della costituzione del resistente, essendo la decorrenza del termine di trenta giorni, per la costituzione in giudizio del ricorrente, normativamente ancorata alla spedizione da parte del mittente, e non alla ricezione del ricorso da parte del resistente.
[…]
Deve, infine, essere escluso che il mancato deposito, nel termine di trenta giorni dalla spedizione a mezzo posta del ricorso in appello, della ricevuta della spedizione per raccomandata, possa essere sanato ex post dall’appellante. ».
Il ricorso erariale era articolato in due motivi.
Con il primo motivo, la ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 53, comma 2 e 22, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992; e dell’art. 156 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ.; nonché dell’art. 2699 cod. civ., in relazione all’art. 360, terzo comma, cod. proc. civ.
Assumeva la ricorrente che il termine per la costituzione in giudizio dell’appellante non è ancorato alla data di spedizione del ricorso, ma a quello della sua ricezione da parte del destinatario, sicché il mancato deposito della ricevuta al momento della costituzione in giudizio non potrebbe costituire prova della intempestività̀ del ricorso, tale da giustificare una declaratoria di inammissibilità̀, essendo stato, fra l’altro, tempestivamente prodotto l’avviso di ricevimento del plico.
Con il secondo motivo, la ricorrente invocava la violazione dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., non avendo la CTR esteso il contraddittorio alla questione del mancato deposito della ricevuta di spedizione, rilevata d’ufficio.
Rimasto intimato il contribuente, questa Corte, con l’ordinanza n. 30965 del 29 novembre 2018, così ha provveduto: « La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità̀.».
2. Il contribuente propone ora ricorso per la revocazione della predetta ordinanza di legittimità, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, primo comma, n.4, cod. proc. civ., assumendo che la decisione sarebbe viziata da errore di fatto risultante dagli atti interni al giudizio di legittimità.
Assume infatti che in data 25 maggio 2022 gli è stata notificata una cartella di pagamento che aveva « come atto presupposto l’ordinanza numero 30965/2018» e che « Non riuscendo a capire di quale procedimento si trattasse, dopo aver preso visione, in data 20 giugno 2022, del fascicolo recante numero R.G. 14599/2017 presso la Suprema Corte di Cassazione, ha riscontrato l’errore di fatto che inficia l’ordinanza numero 30965/2018», consistente nei dedotti vizi della notifica del ricorso per cassazione erariale, oggetto dei tre motivi di cui si compone il ricorso per revocazione.
L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso per revocazione.
Il ricorrente ha prodotto memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, primo comma, n.4, cod. proc. civ., l’ « errore di fatto in relazione al mancato accertamento dell’inesistenza della notifica», eseguita a mezzo posta, al contribuente del ricorso per cassazione.
Assume il ricorrente che dalla consultazione del fascicolo di cassazione (consentitagli in data 20 giugno 2022, all’esito di richiesta del 7 giugno 2022) si rileva che il ricorso per cassazione è stato notificato dall’Agenzia al contribuente al seguente indirizzo: “Nicotera (VV) frazione Marina, via (…)”. Tuttavia, lo stesso contribuente (come risulta dall’ intestazione della sentenza d’appello impugnata, prodotta in copia dall’Ufficio già ricorrente per cassazione; oltre che dal certificato storico di residenza prodotto in questo giudizio dal ricorrente; nonché dal ricorso introduttivo del contribuente e dall’epigrafe della sentenza di primo grado, atti prodotti in questo giudizio) era residente sì in Nicotera, frazione Marina, ma al diverso indirizzo «(…)».
Tanto premesso, aggiunge il ricorrente che l’ avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta effettuata nell’indirizzo errato ( (…) ), attesta l’avvenuta consegna alla sorella del contribuente, della quale non si evince il nome, mentre, come da prodotto stato di famiglia storico, il C. non convive con alcuna sorella.
L’errore di fatto denunziato consisterebbe quindi nell’omesso rilievo dell’inesistenza della notifica del ricorso per cassazione, non pervenuta al destinatario dell’atto perché inoltrata presso un domicilio errato.
2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, primo comma, n.4, cod. proc. civ., l’ « errore di fatto in relazione al mancato invio della raccomandata a/r informativa della notifica », eseguita a mezzo posta, del ricorso per cassazione al contribuente.
L’ errore di fatto sussisterebbe nel non essersi la Corte avveduta della mancanza « della velina e della ricevuta di ritorno attestante la spedizione della raccomandata informativa» di cui all’art. 7, comma 3, della legge n. 890 del 1982, dato che la consegna del ricorso per cassazione da notificare non era avvenuta nelle mani del diretto interessato, e comunque non era stata eseguita neppure presso la residenza effettiva di quest’ultimo.
3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, primo comma, n.4, cod. proc. civ., l’ « errore di fatto in relazione alla mancata notifica all’avvocato costituito», atteso che, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, l’indicazione della residenza o della sede e l’elezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo, per cui l’Amministrazione avrebbe dovuto notificare il ricorso per cassazione agli avvocati costituiti per il procedimento di primo grado, presso i quali il contribuente, poi contumace in appello, aveva già eletto domicilio.
L’errore di fatto consisterebbe nel non avere la Corte accertato che l’ Agenzia delle Entrate non aveva notificato il ricorso per cassazione al difensore presso il quale il ricorrente aveva eletto domicilio in primo grado.
4. Il ricorso è inammissibile, per plurime ragioni, ciascuna idonea a determinare la relativa declaratoria.
Innanzitutto, deve rilevarsi che l’ordinanza revocanda è stata pubblicata il 29 novembre 2018, mentre il ricorso per la sua revocazione è stato notificato, a mezzo p.e.c., il 14 luglio 2022, quindi ben oltre il termine di sei mesi dalla sua pubblicazione, di cui all’art. 391-bis, primo comma, terzo periodo, cod. proc. civ., applicabile, ratione temporis, ai provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore (30 ottobre 2016) della legge n. 197 del 2016, che ha convertito, con modifiche, il d.l. n. 168 del 2016.
E’ vero, peraltro, che, secondo questa Corte, anche al ricorso per revocazione proposto avverso una sentenza della Corte di cassazione si applica l’art. 327 cod. proc. civ. nel suo complesso, per cui la parte ricorrente non decade dalla facoltà di proporre tardivamente l’impugnazione, in applicazione del secondo comma della norma citata, se dimostri la nullità della citazione o della notificazione di essa e di non aver avuto conoscenza del processo a causa di tale nullità; la prova di quest’ultima circostanza può essere fornita anche a mezzo di presunzioni, purché esse siano gravi, precise e concordanti (Cass., 02/12/2005, n. 26261).
È quindi applicabile, anche rispetto al termine semestrale per proporre la revocazione, il secondo comma dell’art. 327 cod. proc. civ., secondo il quale la decadenza dal termine semestrale per l’impugnazione « non si applica quando la parte contumace dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli atti di cui all’articolo 292».
Nell’applicazione di tale disposizione, tuttavia, questa Corte, ha distinto tra le patologie dell’inesistenza e della nullità della notifica al contumace involontario, con conseguenze in termini di onere della prova: « Per stabilire se sia ammissibile una impugnazione tardivamente proposta, sul presupposto che l’impugnante non abbia avuto conoscenza del processo a causa di un vizio della notificazione dell’atto introduttivo, occorre distinguere due ipotesi: se la notificazione è inesistente, la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario si presume “iuris tantum”, ed è onere dell’altra parte dimostrare che l’impugnante ha avuto comunque contezza del processo;
se invece la notificazione è nulla, si presume “iuris tantum” la conoscenza della pendenza del processo da parte dell’impugnante, e dovrà essere quest’ultimo a provare che la nullità gli impedito la materiale conoscenza dell’atto» (Cass. 03/07/2008, n. 18243; cfr. Cass., Sez. U, 22/06/2007, n. 14570. Conformi, ex multis, Cass. 05/02/2009, n. 2817, in tema di contezioso tributario; Cass. 30/09/2015, n. 19574; Cass. 19/01/2018, n. 1308, in tema di contenzioso tributario).
Pertanto, affinché il contumace involontario possa evitare la decadenza dal diritto di proporre impugnazione per decorso del termine annuale, non è sufficiente, ai sensi dell’art. 327 comma secondo cod. proc. civ., la sola deduzione della condizione oggettiva della nullità della notificazione. È invece necessario che il ricorrente innanzitutto alleghi, a pena d’inammissibilità, anche il presupposto di fatto della conseguente mancata conoscenza del processo per proporre l’impugnazione tempestivamente (Cass.03/07/2009, n. 15635). Inoltre, il contumace deve fornire la prova della condizione soggettiva della mancata conoscenza del processo a causa di tale nullità, eventualmente anche ricorrendo a presunzioni, ma, per i principi già richiamati, senza poterla presumere meramente dalla stessa nullità della notificazione (Cass. 24/03/2006, n. 6595; Cass. 14/09/2007, n. 19225; Cass. 31/05/2011, n. 12004; Cass. 20/11/2012, n. 20307; Cass. 30/09/2015, n. 19574).
Non rileva quindi la nozione di conoscenza legale, ma occorre che le nullità indicate dalla norma abbiano, in concreto, impedito la conoscenza del processo in tempo utile annuale (Cass. 19/01/2018, n. 1308, cit., in motivazione).
5. Tanto premesso, nel caso di specie i vizi della notifica del ricorso per cassazione denunziati da parte ricorrente non integrano fattispecie di inesistenza della notificazione, ma solo di eventuale nullità della stessa.
Infatti, « L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa. » (Cass., Sez. U, 20/07/2016, n. 14916).
Ed infatti non è stata ritenuta inesistente, ma nulla, la notificazione di atto processuale effettuata a soggetto e in luogo non corretti, in quanto potenzialmente idonea ad assolvere alla funzione conoscitiva che le è propri (Cass. 08/03/2019, n. 6743).
E si è chiarito che anche in tema di notificazione a mezzo posta degli atti processuali, in caso di consegna del piego a persona diversa dal destinatario dell’atto, la mancata prova dell’avvenuta spedizione della cd. raccomandata informativa determina non l’inesistenza, bensì la nullità della notifica dell’atto (Cass. 05/12/2016, n. 24823).
Quanto poi alla pretesa violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, proposta nel senso che l’Amministrazione avrebbe dovuto notificare il ricorso per cassazione agli avvocati costituiti per il procedimento di primo grado, presso i quali il contribuente, contumace in appello, aveva già eletto domicilio, l’ipotetica invalidità (che comunque, riguardando il luogo della notifica, comunque non darebbe luogo ad inesistenza) neppure sussiste.
Infatti, «In tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali, si applica, con riguardo al luogo della sua notificazione, la disciplina dettata dall’art. 330 c.p.c.; tuttavia, in ragione del principio di ultrattività dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, sancito dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, è valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato art. 330, comma 1, seconda ipotesi, c.p.c., ove la parte non si sia costituita nel giudizio di appello, oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione.» (Cass., Sez. U, 20/07/2016, n. 14916). Pertanto, in tema di notificazione degli atti di impugnazione nel processo tributario, per il ricorso per cassazione trova applicazione la regola generale enunciata dall’art. 330 c.p.c. (Cass. n. 4233 del 2017, in motivazione; Cass. 27/07/2021, n. 21544, in motivazione).
Pertanto, neppure si profila la lamentata violazione dell’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, in ragione della notifica del ricorso per cassazione diretto alla parte personalmente, rimasta contumace in appello, piuttosto che al suo difensore costituito in primo grado.
Era quindi onere del ricorrente allegare e provare, a pena di inammissibilità, non soltanto l’asserita nullità della notifica del ricorso, ma anche che essa gli ha impedito la materiale conoscenza dell’atto e quindi del processo, senza che tale ultima circostanza possa ritenersi necessariamente insita nella mera successiva notifica della cartella di pagamento. Né, peraltro rileva, al fine della tempestività dell’impugnazione, il tempo che è intercorso tra la richiesta (il 7 giugno 2022) e l’accesso (il 20 giugno 2022) al fascicolo di cassazione, collocandosi già la stessa richiesta ben oltre la scadenza del termine.
6. Il ricorso, anche a prescindere dalla sua tardività, è comunque inammissibile anche per la natura del vizio che denunzia.
Deve infatti premettersi che «Non costituiscono vizi revocatori delle sentenze della S.C., ex artt. 391 bis e 395, n. 4, c.p.c., né l’errore di diritto sostanziale o processuale, né l’errore di giudizio o di valutazione. Con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione non impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111, relativi alla ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze e dei provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicché non è irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione.» (Cass., Sez. U., 27/12/2017, n. 30994).
Tanto premesso, «Costituisce fermo orientamento di questa Suprema Corte che, seppure l’errore di fatto che può dar luogo alla revocazione della sentenza ben possa cadere sul contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice, deve comunque trattasi di errata percezione dell’esistenza o inesistenza di un fatto immediatamente emergente dagli atti. A tale requisito non risponde l’omesso rilievo di un vizio concernente la ritualità della notificazione dell’atto di impugnazione, sotto il profilo del luogo in cui essa è stata eseguita (Cass. n. 25654/2013; n. 26278/2016; n. 23173/2016; n. 16136 del 2009).» (Cass. 19/01/2018, n. 1308, cit., in motivazione; nello stesso senso cfr. Cass. 15/11/2013, n. 25654, citata in motivazione anche da Sez. U , 27/12/2017, n. 30994; Cass. 27/12/2017, n. 30994; Cass. 20/12/2016, n. 641953).
7. Ulteriore profilo d’inammissibilità deriva dalla circostanza che l’ordinanza impugnata ha cassato con rinvio la sentenza d’appello, in quanto ha ritenuto che l’appello dell’Agenzia delle entrate fosse stato erroneamente dichiarato inammissibile.
È vero che il ricorso per revocazione delle pronunce di cassazione con rinvio deve ritenersi ammissibile se la pronuncia di accoglimento sia fondata su di un vizio processuale dovuto ad un errore di fatto, come si assume nel caso di specie (Cass. 17/05/2018, n. 12046; conforme Cass. 22/03/2019, n. 8259).
Tuttavia (e fermo restando quanto già dedotto al punto 6 in ordine alla natura non meramente fattuale del vizio che attenga alla ritualità della notifica), il vizio che determina la revocazione deve essere comunque essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass. 10/06/2021, n. 16439). Nel caso di specie, nella parte rescissoria, il ricorrente non attinge affatto la decisione in rito relativa all’ammissibilità dell’appello erariale, assumendo piuttosto che sarebbe passata in giudicato la sentenza di primo grado, a lui favorevole, in quanto l’Amministrazione non aveva proposto anche motivi di merito.
Pertanto, nella stessa prospettazione del ricorrente, non si deduce che il vizio dedotto con il ricorso per revocazione avrebbe determinato una diversa decisione in ordine all’ammissibilità dell’appello erariale, unica, ed assorbente, pronuncia contenuta nell’ordinanza revocanda.
8. Nulla sulle spese, essendo rimasta intimata l’Agenzia.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 , se dovuto.
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