CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 5777 depositata il 24 febbraio 2023
Tributi – Avviso di liquidazione relativo ad imposta sulle successioni – Rinuncia ai diritti successori da parte del contribuente – L’accettazione e la rinuncia rilevano ai fini tanto della soggettività passiva che della sussistenza del presupposto di imposta – Rinuncia all’azione di riduzione da parte del legittimario totalmente pretermesso – Rigetto
Ritenuto in fatto
1. D.M.R. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano avverso un avviso di liquidazione relativo ad imposta sulle successioni per l’anno 2010 il cui pagamento gli era stato richiesto nella qualità di erede di D.M.B..
2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.
3. Sull’appello dell’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale Lombardia rigettava il gravame, evidenziando, per quanto qui ancora rileva, che, in sede di pubblicazione del testamento pubblico del de cuius D.M.B. (con il quale questi aveva nominato erede universale la seconda moglie V.R. ed aveva assegnato alla figlia D.M.A.R.F. un legato di 20 milioni di euro, oltre ad una donazione di 1 milione di euro), il figlio R. aveva rinunciato espressamente alla sua impugnativa, anche relativamente alla quota di legittima, e che il contribuente aveva dimostrato di non essere erede, che nel suo patrimonio non era mai entrato nulla dalla presunta eredità e che la “solidarietà” fra eredi non poteva essere estesa a chi erede non era.
4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un unico motivo. D.M.R. ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale condizionato fondato su quattro motivi.
In prossimità dell’udienza pubblica, il resistente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 476, 477, 478, 1362, 1363 e 1367 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che la rinuncia ai propri diritti successori da parte del contribuente si poneva in rapporto di sinallagmaticità con la rinuncia all’azione di riduzione operata dalle altre due legittimarie, così configurandosi come atto di cessione dei diritti successori, rilevante quale accettazione tacita di eredità ai sensi dell’art. 478 c.c..
1.1. Il motivo è infondato.
In tema di successioni mortis causa, ai fini dell’acquisto della qualità di erede non è di per sé sufficiente, neanche nella successione legittima, la delazione dell’eredità che segue l’apertura della successione, essendo necessaria l’accettazione del chiamato mediante una dichiarazione di volontà oppure un comportamento obiettivo di acquiescenza (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5247 del 06/03/2018).
Se è vero che la soggettività passiva tributaria, ai fini dell’imposta di successione (d.lgs. n. 346 del 1990, artt. 5, comma 1, 7, comma 4, e 36, comma 3), è correlata alla mera delazione (chiamata all’eredità), non anche all’accettazione (Cass., 9 novembre 2021, n. 32611; Cass., 14 ottobre 2020, n. 22175; Cass., 23 marzo 2016, n. 5750; Cass., 9 ottobre 2014, n. 21394; Cass., 10 marzo 2008, n. 6327; Cass., 28 ottobre 1995, n. 11320), è altrettanto vero che l’accettazione e, inversamente, la rinuncia rilevano, però, ai fini tanto della soggettività passiva che della sussistenza del presupposto di imposta.
Orbene, premesso che, nel caso di specie, il contribuente era incontestabilmente stato pretermesso integralmente dalla successione del padre, a norma dell’art. 564 c.c., mentre il legittimario che abbia la qualità di erede non può esperire l’azione di riduzione delle donazioni e dei legati lesivi della sua quota di legittima ove non abbia accettato l’eredità con beneficio d’inventario, tale condizione non può valere, invece, per il legittimario totalmente pretermesso, il quale può acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento favorevole delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento. In particolare, la rinuncia all’azione di riduzione da parte del legittimario totalmente pretermesso diverge, sul piano funzionale e strutturale, dalla rinuncia all’eredità, non potendo il riservatario essere qualificato chiamato all’eredità prima dell’accoglimento dell’azione di riduzione volta a rimuovere l’efficacia delle disposizioni testamentarie lesive dei suoi diritti (Sez. 2, Sentenza n. 3389 del 22/02/2016; conf. Cass. 19.11.2019, n. 30079, e Cass. 22.8.2018, n. 20971).
A tal punto che l’azione ex art. 524 c.c., mediante la quale i creditori del rinunciante all’eredità chiedono di essere autorizzati all’accettazione con beneficio d’inventario, in nome e luogo del rinunciante stesso, non può essere esperita quando la rinuncia provenga dal legittimario pretermesso, non potendo quest’ultimo essere qualificato chiamato all’eredità, prima dell’accoglimento dell’azione di riduzione che abbia rimosso l’efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie (Sez. 2, Sentenza n. 20562 del 29/07/2008).
Ma, non potendo il legittimario pretermesso essere qualificato neppure come chiamato all’eredità, non può porre in essere né la rinunzia traslativa di cui all’art. 477 c.c. né quella verso corrispettivo di cui all’art. 478 c.c.
1.2. Del resto, anche a non voler ritenere che l’impostazione difensiva mutata dall’Ufficio nel corso del presente giudizio integri gli estremi di una questione nuova (e, come tale, inammissibile) sollevata per la prima volta nel presente grado (avendo nel corso dei gradi di merito ritenuto che il D.M. avesse acquisito la qualità di erede solo perché mero legittimario, laddove nel ricorso per cassazione ha valorizzato per la prima volta una correlazione, sul piano del sinallagma, tra la sua rinuncia ad impugnare il testamento pubblico e ad esercitare l’azione di riduzione e quella operata dalla madre e dalla sorellastra all’azione di riduzione), non vi è chi non veda che la ricorrente omette del tutto di allegare in relazione a quali donazioni (effettuate in vita dal de cuius in favore del figlio) R.V. e D.M.A.R.F. sarebbero state legittimate a proporre azione di riduzione per lesione di legittima.
La deduzione difensiva della ricorrente si ferma, pertanto, al rango di una mera ipotesi astratta del tutto priva di un substrato fondante. E’ noto, invece, che il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quale motivo di ricorso per cassazione (n. 3 dell’art. 360 c.p.c.) ricorre quando si prospetta l’errata applicazione di una norma ad un fatto sulla cui fissazione non c’è discussione (Sez. 3, Sentenza n. 3205 del 18/03/1995; conf. Sez. 3, Sentenza n. 1624 del 16/02/1998, Sez. 2, Sentenza n. 6224 del 29/04/2002).
1.3. Con riferimento all’asserita violazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c. (i quali, peraltro, presuppongono un contratto, laddove nel caso di specie, in assenza di prova di una corrispettività, si sarebbe in presenza di un atto unilaterale di rinunzia; cfr., in tal senso, Cass. 14.11.2013, n. 25608), fermo restando che la ricorrente, in violazione del principio di specificità, ha omesso di trascrivere l’atto notarile del 4.2.2010 avente ad oggetto la richiesta di registrazione del testamento pubblico, posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (cfr., di recente, Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021). Nel caso di specie, invece, la ricorrente si è limitata a sostenere che la CTR avrebbe omesso di considerare il comportamento complessivo delle parti (vale a dire, la contestuale rinuncia all’azione di riduzione ad opera di tutte le parti) e la loro intenzione comune.
2. Con il primo motivo il ricorrente incidentale lamenta la violazione degli artt. 20, 22 e 53 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per non aver la CTR dichiarato inammissibile l’appello proposto a mezzo del servizio postale dall’Agenzia delle Entrate, nonostante avesse omesso di depositare in giudizio – entro 30 giorni dalla data di spedizione dell’appello – la fotocopia della ricevuta di spedizione dell’atto per raccomandata a mezzo del servizio postale.
3. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 7 e 8 dPR n. 655/1982 e 2699 e 2700 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto di trarre la “data di spedizione” (dell’appello notificato a mezzo posta) dall’avviso di ricevimento, sebbene quest’ultimo venga predisposto dal mittente.
4. Con il terzo motivo il contribuente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per non essersi la CTR pronunciata sull’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Agenzia da lui sollevata, per aver omesso quest’ultima di depositare in giudizio la fotocopia della ricevuta di spedizione dell’appello notificato per raccomandata a mezzo del servizio postale.
5. Con il quarto motivo il contribuente denunzia la violazione degli artt. 1, comma 2, 18, 24 e 57 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per aver la CTR ritenuto inammissibile l’eccezione di nullità dell’avviso per “mancanza di legittimazione relativa al firmatario in quanto motivo aggiunto e non sollevato in primo grado”.
6. Il ricorso incidentale condizionato rimane assorbito dal rigetto del ricorso principale, non potendosi ipotizzare un interesse del resistente ad una pronunzia ancor più favorevole.
7. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso principale non merita accoglimento. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, dPR 30 maggio 2002, nr. 115 (Cass. Sez. 6 – Ordinanza nr. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 14.000,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap, con attribuzione in favore dell’Avv. T.D.I., dichiaratosi antistatario.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 11 febbraio 2022, n. 4569 - Il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod.civ., non solo deve fare esplicito riferimento alle…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 16 gennaio 2019, n. 987 - Licenziamento disciplinare per mancata esecuzione dell'ordine superiore - Il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d'interpretazione mediante specifica…
- CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 36461 depositata il 13 dicembre 2022 - La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 giugno 2020, n. 11893 - Il bando di concorso, anche interno, per l'attribuzione di una qualifica o una classe stipendiale costituisca, ove contenga gli elementi del contratto alla cui conclusione è diretto, un'offerta al…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 luglio 2021, n. 19520 - Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente l'astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 ottobre 2022, n. 31332 - L'interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, tra cui sono compresi i contratti aziendali, costituisce un'attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Antiriciclaggio: i nuovi 34 indicatori di anomalia
L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) con il provvedimento del 12 maggio 202…
- La non vincolatività del precedente deve essere ar
La non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di ga…
- Decreto Lavoro: le principali novità
Il decreto lavoro (decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 “Misure urgenti p…
- Contenuto dei contratti di lavoro dipendenti ed ob
L’articolo 26 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha introdotti impo…
- Contratto di lavoro a tempo determinato e prestazi
L’articolo 24 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha modificato la d…