CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 5983 depositata il 28 febbraio 2023
Tributi – Avvisi di accertamento – IVA e imposte dirette – Costi sostenuti per consulenze commerciali – Inerenza quale requisito fondamentale per la determinazione del reddito – Principio di inerenza dei costi deducibili – Parametri di congruità e antieconomicità – Costi deducibili intesi come spesa che si riferisca ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa – Prova a carico del contribuente – Accoglimento
Fatti di causa
La Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia accoglieva, previa riunione, i ricorsi proposti dalla B. s.r.l. avverso quattro avvisi di accertamento, per IVA e imposte dirette, relativi agli anni 2008, 2009, 2010 e 2011, con i quali erano stati ripresi a tassazione costi ritenuti indeducibili e l’IVA indebitamente detratta.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, rilevando, per quanto qui interessa, che:
– mentre ai fini delle imposte dirette i costi relativi alle prestazioni di servizi di consulenza commerciale non erano deducibili, non avendone la contribuente – sulla quale ricadeva l’onere – provato l’inerenza, la decisione del primo giudice di considerare legittima la detrazione dell’IVA con riferimento alle medesime prestazioni (annullando, quindi, la relativa ripresa a tassazione) era corretta;
– per il principio di neutralità dell’imposta comunitaria, infatti, il diritto alla detrazione dell’IVA poteva essere negato solo nei casi di operazioni inesistenti, in quanto per i recuperi IVA non è possibile utilizzare il paradigma della antieconomicità, escludendo il diritto alla detrazione dell’imposta quando il valore dei beni o dei servizi sia diverso da quello normale;
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione con tre motivi.
La B. s.r.l. è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso, l’Agenzia deduce la nullità della decisione impugnata, per violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., in quanto, pur avendo la CTR affermato che i costi sostenuti per consulenze commerciali erano illegittimi, per mancanza di inerenza, ha poi ritenuto, con una motivazione apparente e illogica, che le medesime riprese, ai fini dell’IVA, fossero illegittime, in quanto fondate sull’antieconomicità della relativa spesa, mentre si trattava di riprese dovute esclusivamente alla mancanza del requisito dell’inerenza;
2. Con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., avendo la CTR annullato il recupero dell’IVA, sul presupposto che il rilievo dell’Ufficio fosse fondato sull’antieconomicità delle prestazioni di consulenza, mentre si basava esclusivamente sulla mancata prova della loro inerenza, posta a carico della contribuente.
3. Con il terzo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., riproponendo, sotto altro profilo, la stessa censura mossa con il terzo motivo.
4. Per il suo carattere assorbente, occorre esaminare innanzitutto il secondo motivo che è fondato.
4.1 Secondo un costante indirizzo di questa Corte, l’inerenza costituisce un requisito fondamentale per la determinazione del reddito d’impresa e integra un giudizio, di natura qualitativa, sulla riferibilità del costo all’attività d’impresa, produttiva del reddito soggetto a tassazione, sebbene il percorso evolutivo di questo concetto abbia portato la giurisprudenza ad ancorarlo, a volte, a riferimenti di tipo “quantitativo”, con conseguente inclusione nel principio di inerenza anche dei profili di congruità o antieconomicità delle spese sostenute dall’imprenditore.
4.2 L’orientamento più recente ha, tuttavia, cercato di ricollegare il principio di inerenza dei costi deducibili esclusivamente all’esercizio dell’attività d’impresa, con esclusione di ogni valutazione di tipo quantitativo (Cass. 11.01.2018, n. 450), considerando i parametri di congruità e antieconomicità solo meri indici sintomatici dell’inesistenza del requisito dell’inerenza (Cass. 9.02.2018, n. 3170 e Cass. 17.07.2018, n. 18904).
4.3 La definizione di inerenza, utilizzata nell’ambito delle imposte dirette in termini esclusivamente qualitativi, è coerente con la disciplina dell’IVA, in relazione alla quale la mancanza di congruità della spesa non esclude il diritto alla detrazione, stante il carattere neutrale dell’imposta, salvo che l’antieconomicità manifesta e macroscopica dell’operazione (che deve essere dimostrata dall’Amministrazione) sia “tale da assumere rilievo indiziario di non verità della fattura o di non inerenza della destinazione del bene o servizio all’utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA” (ex multis, Cass. 30.01.2018, n. 2240).
4.4 Ciò premesso, l’Agenzia evidenzia l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di appello, ritenendo che l’Amministrazione avesse fondato il recupero dell’IVA sull’antieconomicità delle operazioni.
4.5 In realtà, come si evince dall’estratto dell’avviso di accertamento, riportato nel contenuto del ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza, il diritto alla detrazione dell’IVA, in relazione alle operazioni contestate, era stato escluso per le medesime ragioni per le quali era stata disconosciuta la deducibilità delle spese di consulenza ai fini delle imposte dirette e, segnatamente, per mancanza del requisito di inerenza, non avendo la società contribuente documentato detti costi in modo sufficiente da poterne apprezzare la diretta connessione con l’attività d’impresa.
4.6 La CTR ha affermato, con riferimento alle imposte dirette, che “ai fini della deducibilità di un costo, non solo è necessario che ne sia certa l’esistenza, ma occorre altresì che ne sia comprovata l’inerenza, vale a dire che si tratti di spesa che si riferisca ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa, per cui, trattandosi di una componente negativa del reddito, la prova della sua esistenza ed inerenza incombe al contribuente e per provare tale requisito non è sufficiente che la spesa sia stata riconosciuta è contabilizzata dall’imprenditore, atteso che una spesa può essere correttamente inserita nella contabilità aziendale solo se esiste una documentazione di supporto dalla quale possa ricavarsi, oltreché l’importo, la ragione stessa del costo. Il Primo Giudice ha erroneamente posto a carico dell’ufficio “l’onere di dimostrare i motivi per i quali non vi è il legame tra la spesa e l’attività esercitata dal contribuente”, con ciò invertendo l’onere della prova che deve sempre essere data dal contribuente in caso di contestazione motivata dell’ufficio. Nella fattispecie la motivazione dell’ufficio sta nella rilevazione della genericità del contratto di consulenza infra gruppo che non consente la quantificazione dei costi mancando qualsiasi documentazione a supporto e rendendo estremamente aleatorio il sostenimento di tali costi se non in funzione di politiche di bilancio.
Conseguentemente anche i rilievi di cui sopra sono legittimi e vanno ripresi a tassazione.”
4.7 Avendo il giudice di appello dato atto che l’inerenza dei costi, ai fini delle imposte dirette, era stata valutata esclusivamente in termini qualitativi (“atteso che una spesa può essere correttamente inserita nella contabilità aziendale solo se esiste una documentazione di supporto dalla quale possa ricavarsi, oltreché l’importo, la ragione stessa del costo”….” Nella fattispecie la motivazione dell’ufficio sta nella rilevazione della genericità del contratto di consulenza infra gruppo che non consente la quantificazione dei costi mancando qualsiasi documentazione a supporto e rendendo estremamente aleatorio il sostenimento di tali costi se non in funzione di politiche di bilancio”) ed essendosi su detto punto formato il giudicato interno, non essendo stata la sentenza impugnata anche dalla contribuente, la mancanza del requisito di inerenza non può essere più messo in discussione neppure con riferimento alla detrazione dell’IVA.
4.8 La CTR ha, quindi, errato nel ritenere, in modo peraltro contraddittorio, che l’Amministrazione avesse fondato il recupero dell’IVA sull’antieconomicità delle operazioni, posto che l’unico criterio seguito in sede di accertamento era quello relativo alla mancanza di inerenza delle spese di consulenza, sotto il profilo della mancata dimostrazione della ragione della spesa e, quindi, della sussistenza di un nesso diretto ed immediato con l’attività di impresa.
4.9 La mancanza del requisito di inerenza – ormai definitivamente acclarata – conferma la legittimità del recupero dell’IVA indebitamente detratta con riferimento alle prestazioni di consulenza oggetto di rilievo.
5. Il secondo motivo di ricorso va, dunque, accolto, con conseguente assorbimento degli altri motivi, e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia – Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia – Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
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