CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 5998 depositata il 28 febbraio 2023

Tributi – Avvisi di accertamento – IVA – Cessione all’esportazione – Acquisto di beni in sospensione d’imposta – Creazione di un plafond per le esportazioni – Operazioni soggettivamente inesistenti – Riparto dell’onere probatorio tra l’Amministrazione finanziaria e contribuente – Uso della diligenza massima esigibile da un operatore accorto – Accoglimento

Fatti di causa

La F.H. s.r.l. proponeva ricorso avverso due avvisi di accertamento, per IVA e altro, in relazione agli anni d’imposta 2011 e 2012, emessi sulla base di un PVC redatto a seguito di verifica fiscale, dal quale emergeva che la contribuente, dopo avere fittiziamente acquistato merce (capi di abbigliamento) dalla A. s.r.l. (società appartenente al gruppo “D.”) – che l’aveva, a sua volta, fittiziamente acquistata dalla F. s.r.l. – l’aveva esportata in Turchia, cedendola alla L.L. LTD (società del medesimo gruppo “D.”), procurandosi così un credito IVA e creandosi un plafond sull’importo delle esportazioni, utilizzabile nel corso del 2012, quale esportatore abituale, poi parzialmente utilizzato per acquistare beni in sospensione d’imposta.

Con gli avvisi di accertamento impugnati, quindi, veniva recuperata l’IVA indebitamente detratta nel 2011, a seguito del credito formatosi per la cessione all’esportazione, e l’IVA oggetto di indebita sospensione d’imposta nel 2012, ottenuta grazie al plafond maturato a seguito di detta esportazione.

La Commissione tributaria provinciale di Pistoia rigettava i ricorsi riuniti.

La Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva l’appello proposto dalla F.H. s.r.l., rilevando che:

– la circostanza che la merce, nel passaggio tra la F. s.r.l. e la A. s.r.l. non si fosse mai spostata, appariva irrilevante, posto che la cessione in esportazione era effettivamente avvenuta, trattandosi di circostanza non contestata, per cui anche la registrazione dell’IVA a credito e la successiva creazione di un plafond per le esportazioni erano legittimi;

– ai fini fiscali era rilevante che la cessione finale fosse stata accompagnata dall’effettivo trasferimento del bene venduto dal cedente italiano alla cessionaria turca;

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

La F.H. s.r.l. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, illustrati da memoria.

Il ricorso, già assegnato alla Sesta sezione civile, era stato rinviato a nuovo ruolo, per essere trattato in pubblica udienza, stante la complessità della controversia.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., sostenendo che la CTR ha erroneamente considerato l’operazione come oggettivamente inesistente, mentre la fattura contestata riguardava un’operazione solo soggettivamente inesistente, in quanto l’esportazione della merce era intervenuta non tra F.H. e la società turca, ma tra F. e la società turca, con l’interposizione fittizia delle società A. e F.H.; di conseguenza, sono state disattese le regole riguardanti gli oneri probatori gravanti sulle parti nel caso di inesistenza soggettiva della fatturazione e i criteri valutativi legali della prova indiziaria.

2. Con il secondo motivo, l’Agenzia deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nell’accertata esistenza di un “gruppo D.”.

3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la F.H. s.r.l. deduce la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 56, comma 5, de d.P.R. n. 633 del 1972, 7, comma 1 e 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, “per omessa motivazione in ordine alle memorie depositate dal contribuente in relazione al PVC su cui sono fondati gli avvisi di accertamento”, dolendosi dell’omessa pronuncia da parte dei giudici di merito in ordine alla censura riguardante la mancata enunciazione, nell’avviso di accertamento, delle ragioni per le quali erano state disattese le osservazioni proposte dalla contribuente al contenuto del PVC.

4. Per ragioni di priorità logica va esaminato innanzitutto il ricorso incidentale che è inammissibile.

4.1 A prescindere dalla formulazione del motivo, privo della necessaria chiarezza circa l’individuazione dei vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa di cui all’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., lo stesso è comunque inammissibile per carenza di interesse, posto che, secondo il costante orientamento di questa Corte, “il ricorso incidentale per cassazione, anche se qualificato come condizionato, presuppone la soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che sia risultata completamente vittoriosa nel giudizio di appello; quest’ultima, del resto, non ha l’onere di riproporre le domande e le eccezioni non accolte o non esaminate dal giudice d’appello, poiché l’eventuale accoglimento del ricorso principale comporta la possibilità che dette domande o eccezioni vengano riesaminate in sede di giudizio di rinvio” (Cass. 5.01.2017, n. 134, Cass. 23.07.2018, n. 19503).

5. Ciò posto, entrambi i motivi del ricorso principale – da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione – sono fondati.

5.1 La censura riguarda la questione delle operazioni soggettivamente inesistenti e investe sia l’oggetto della prova dell’inesistenza soggettiva di dette operazioni sia il riparto dell’onere probatorio tra l’Amministrazione finanziaria e contribuente.

5.2 Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, in coerenza con la giurisprudenza unionale (ex plurimis, Corte di Giustizia 6 settembre 2012, Tóth, C-324/11; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14; Corte di Giustizia 19 ottobre 2017, SC Paper Consult, C-101/16), incombe sull’Amministrazione finanziaria provare, anche sulla base di presunzioni, che il soggetto emittente non era il reale cedente e che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta, mentre spetterà al contribuente, una volta raggiunta questa prova, fornire la prova contraria ossia di aver svolto le trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente (Cass. 20.04.2018, n. 9851).

5.3 Per quanto riguarda la consapevolezza del cessionario, poi, occorre rilevare che, se a quest’ultimo non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza di indici personali od operativi anomali dell’operazione commerciale, tali da evidenziare irregolarità e ingenerare dubbi di una potenziale evasione (Cass. 2.12.2015, n. 24490), dimostrando di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. 20.07.2020, n. 15369; Cass. 30.10.2018, n. 27566).

6. Il giudice del gravame non ha seguito i principi sopra indicati, non avendo considerato il valore sintomatico degli elementi indicati dall’Amministrazione finanziaria nell’atto impositivo e riprodotti, in ossequio al principio di autosufficienza, nel ricorso; fra questi vi sono, a titolo meramente esemplificativo, le seguenti circostanze: la F.H. si era sempre occupata solo di intermediazione e compravendita di immobili e quella contestata era l’unica operazione di vendita di capi di abbigliamento, dalla stessa realizzata; i capi di abbigliamento erano stati ceduti dalla A. alla F.H. e da questa rinvenduti alla società turca nel giro di pochi giorni; sia la A. che la F. s.r.l. (che aveva venduto i capi di abbigliamento alla A.) erano state dichiarate fallite dopo la conclusione dell’operazione; la merce era rimasta sempre nei magazzini della F., non risultavano pagamenti da parte della A. e la vendita non risultava annotata nel registro IVA vendite della F. che, subito dopo l’esportazione, emetteva una nota di credito in cui dichiarava che aveva ritirato la merce consegnata alla A.; le società coinvolte, compresa quella turca, erano riconducibili alla famiglia D., come è emerso dalle dichiarazioni della dipendente Laura Frau e del commercialista A.B..

6.1 La CTR ha, invece, erroneamente valorizzato il fatto che non fosse contestata l’effettiva esportazione della merce e che fosse irrilevante ciò che era avvenuta tra la F. e la A., in quanto ininfluente sotto il profilo della realizzazione del credito IVA, dimenticando che, se il primo passaggio della merce (tra la F. e la A.) non era avvenuto, non poteva essere stato realizzato neppure il secondo trasferimento (tra la A. e la F.H.) e, quindi, la successiva operazione di esportazione da parte della società ricorrente, essendo stata questa compiuta evidentemente da altro soggetto.

7. In questo modo la Commissione regionale ha non solo violato l’art. 2729 cod. civ., in quanto ha esaminato gli elementi indiziari di cui disponeva considerandoli isolatamente e non valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro (ex multis, Cass. 13.03.2014, n. 5787), ma ha anche alterato le prima richiamate regole di ripartizione dell’onere probatorio, gravanti sulle parti.

8. In conclusione, il ricorso principale va accolto, con conseguente cassazione della sentenza con rinvio per nuovo esame alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; cassa la sentenza impugnata, con riferimento ai motivi del ricorso principale, e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione.

ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto