CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 6375 depositata il 3 marzo 2023

Tributi – IRES – Efficacia della sentenza tributaria nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi – Motivazione per relationem – Accoglimento – la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie – vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza

Fatti di causa

1. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, con un unico motivo, contro S. s.r.l., che resiste con controricorso, avverso la sentenza n.7837/17/17 della Commissione tributaria regionale del Lazio, pronunciata in data 6 dicembre 2017, depositata in data 19 dicembre 2017 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’ufficio contro la sentenza n.27603/2016 della C.t.p. di Roma, che aveva accolto il ricorso della contribuente in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento per Ires relativa all’anno di imposta 2008.

2. Il P.G., S.V., ha fatto pervenire conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

Ragioni della decisione

1.1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denunzia la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt.132 cod. proc. civ., 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ., 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, in relazione all’art.360, primo comma, n. 4, cod.proc. civ.

L’ufficio denunzia la nullità della sentenza impugnata perché affetta dal vizio di motivazione inesistente o meramente apparente, ovvero per relationem alla decisione di primo grado, senza palesare l’iter logico giuridico seguito.

2.1. Preliminarmente, deve rilevarsi che non sussiste alcun giudicato in ordine all’annualità 2006, per la quale pende ricorso in cassazione dell’Agenzia delle entrate, anch’esso fissato per l’odierna udienza innanzi a questo collegio.

Con riferimento all’annualità 2009, deve rilevarsi che l’eventuale definitività della decisione non avrebbe efficacia vincolante nella presente controversia, perché relativa a diversa annualità, per la quale vengono in rilievo elementi solo parzialmente coincidenti.

Come questa Corte ha rilevato <<la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità>> (Cass. n. 38950/2021).

2.2. Passando all’esame dell’unico motivo di ricorso, esso è fondato e va accolto.

Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, <<ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento>> (Cass. 4 aprile 2017 n. 9105).

Nel caso di specie, la scarna motivazione della sentenza impugnata non è idonea a palesare l’iter logico seguito, risultando del tutto priva delle argomentazioni necessarie a comprendere le ragioni della decisione adottata.

La fattispecie origina dalle verifiche confluite nel pvc dell’11/06/2014, relativo agli anni d’imposta 2006-2010, con cui la Guardia di Finanza contestava alla società S. s.r.l., esercente l’attività di laboratorio di analisi cliniche, la deduzione di costi relativi a fatture per operazioni inesistenti. Con l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2008, l’ufficio riteneva inesistenti le operazioni relative alle fatture n.16 del 30.06.2008 (per euro 920.000), n.25 del 06.10.2008 (per euro 500.000) e n. 34 del 05.12.2008 (per euro 650.000), emesse dalla società C. s.r.l. per complessivi euro 2.118.000,00, nonché la fattura n. 109 del 20.11.2008 emessa dalla “I.A.L.G.” s.r.l., venditrice di alcolici all’ingrosso (per euro 48.000,00). In particolare l’ufficio, ritenuta l’inopponibilità della scrittura privata che regolava i rapporti tra le società S. s.r.l. e C. s.r.l., perché priva di data certa, rilevava la deduzione di costi per prestazioni rese dalla C. per euro 2.070.005,43 mentre risultava il pagamento da parte della S. s.r.l. della sola somma di euro 583.400; inoltre, l’ufficio evidenziava la detenzione fino al 25 novembre 2008 dell’intero capitale sociale della C. s.r.l. da parte del legale rappresentante della S. s.r.l. e del fratello e la messa in liquidazione della C. s.r.l. nel 2009.

In ordine al recupero del costo dell’operazione commerciale con la “I.A.L.G.” s.r.l., l’Agenzia contestava la mancanza dell’originale della fattura.

La società verificata, invece, riteneva di aver sufficientemente dimostrato l’effettività delle operazioni fatturate, in particolare producendo l’elenco analitico delle prestazioni sanitarie effettuate dalla C. s.r.l., con l’indicazione del nome e del codice fiscale del paziente e dell’accertamento eseguito e sostenendo di aver pagato in contanti la differenza degli importi fatturati, per i quali non vi era prova del pagamento, anche consentendo alla C. s.r.l. di trattenere quanto pagato dai pazienti, fino a concorrenza del compenso pattuito.

Su tali elementi, la cui valutazione era oggetto dell’appello dell’amministrazione finanziaria, i giudici di appello si sono limitati ad affermare che <<La sentenza di primo grado, sia pure assai succintamente, ha comunque esplicitato i motivi di accoglimento del ricorso, risultando che la documentazione allegata è stata valutata quale documentazione idonea ad assolvere l’onere probatorio a suo carico di cui all’articolo 2937 cod. civ., come risulta dalla documentazione versata in atti attestante l’effettività dell’esecuzione delle prestazioni>>.

Si tratta all’evidenza di affermazioni di tipo tautologico, che manifestano un contenuto volitivo, ma omettono del tutto di illustrare il percorso argomentativo e nulla dicono sulle ragioni per cui sarebbe condivisibile la valutazione del giudice di prime cure, che aveva ritenuto “sufficiente” ai fini probatori la documentazione prodotta dalla contribuente, neanche indicata in sentenza.

La C.t.r. non ha illustrato quali siano gli elementi di fatto e l’iter logico seguito per addivenire alla conclusione che il giudice di prime cure avrebbe ben motivato l’esistenza di suddette operazioni, né espone le ragioni in base alle quali ha ritenuto di disattendere la doglianza di omessa motivazione formulata dall’ufficio in appello avverso la sentenza di primo grado.

Infatti, la motivazione per relationem è ammissibile <<purché il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto. Deve, viceversa, essere cassata la sentenza d’appello quando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta in alcun modo di ritenere che alla affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello, sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi del gravame>> (Cass. n.28139/2018).

Pertanto il giudice d’appello, quand’anche avesse inteso motivare per relationem, avrebbe dovuto comunque spiegare perché ha ritenuto di uniformarsi all’argomentazione proposta in primo grado.

E’ evidente che tale elemento non sussiste nel caso di specie in cui, nonostante ci sia un richiamo alla sentenza di primo grado, non viene in alcun modo spiegato perché il giudice del gravame ritenga opportuno la sua conferma.

La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.