CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 6403 depositata il 3 marzo 2023

Tributi – Avviso di accertamento IRES e IRAP – Deduzione di costi relativi a fatture per operazioni inesistenti – Motivazione per relationem – Accoglimento – ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento

Fatti di causa

1. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, con due motivi, contro S. s.r.l., che resiste con controricorso, avverso la sentenza n. 2272/17/19 della Commissione tributaria regionale del Lazio, pronunciata in data 6 giugno 2018, depositata in data 11 aprile 2019 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’ufficio contro la sentenza n.6870/2017 della C.t.p. di Roma, che aveva accolto il ricorso della contribuente in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento per Ires ed Irap relative all’anno di imposta 2007.

2. Il P.G., S.V., ha fatto pervenire conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

Ragioni della decisione

1.1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt.132 cod. proc. civ., 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ., 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, in relazione all’art.360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.

L’ufficio denunzia la nullità della sentenza impugnata perché affetta dal vizio di motivazione inesistente, contraddittoria o meramente apparente, ovvero per relationem alla decisione di primo grado, senza palesare l’iter logico giuridico seguito.

1.2. Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt.109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (T.u.i.r.), e 2697 cod. civ., in relazione in relazione all’art.360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.

Secondo l’Agenzia delle entrate, la C.t.r., nel confermare la sentenza di primo grado, si pone in contrasto con il principio che la sola regolarità della contabilità non costituisce prova dell’effettività delle operazioni contestate, a fronte del significativo quadro indiziario accertato dall’amministrazione, che, nella specie, aveva rilevato il riferimento ad un contratto relativo alle prestazioni privo di data certa, l’asserito pagamento in contanti di importi molto ingenti, i collegamenti personali tra le due società coinvolte nelle operazioni contestate, la successiva messa in liquidazione della società emittente le fatture.

2.1. Preliminarmente, deve rilevarsi che non sussiste alcun giudicato in ordine all’annualità 2006, per la quale pende ricorso in cassazione dell’Agenzia delle entrate, anch’esso fissato per l’odierna udienza innanzi a questo collegio.

Con riferimento all’annualità 2009, deve rilevarsi che l’eventuale definitività della decisione non avrebbe efficacia vincolante nella presente controversia, perché relativa a diversa annualità, per la quale vengono in rilievo elementi solo parzialmente coincidenti.

Come questa Corte ha rilevato <<la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità>> (Cass. n. 38950/2021).

2.2. Passando all’esame del primo motivo di ricorso, esso è fondato, con assorbimento del secondo.

Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, <<ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento>> (Cass. 4 aprile 2017 n. 9105).

Nel caso di specie, la scarna motivazione della sentenza impugnata non è idonea a palesare l’iter logico seguito, risultando del tutto priva delle argomentazioni necessarie a comprendere le ragioni della decisione adottata.

La fattispecie origina dalle verifiche confluite nel pvc dell’11/06/2014, relativo agli anni d’imposta 2006-2010, con cui la Guardia di Finanza contestava alla società S. s.r.l., esercente l’attività di laboratorio di analisi cliniche, la deduzione di costi relativi a fatture per operazioni inesistenti. Con l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2007, l’ufficio riteneva inesistenti le operazioni relative a due fatture emesse dalla società C. s.r.l. per l’importo complessivo di 1.086.000 euro.

A supporto dell’accertamento, l’ufficio evidenziava l’assenza di data certa del contratto intervenuto tra le due società, i collegamenti personali tre le stesse, poiché l’amministratore della società contribuente deteneva, insieme con il fratello, la totalità della C. s.r.l., il pagamento in contanti dell’importo molto consistente, la messa in liquidazione della società emittente le fatture nel 2009.

La società verificata, invece, riteneva di aver sufficientemente dimostrato l’effettività delle operazioni fatturate, in particolare producendo l’elenco analitico delle prestazioni sanitarie effettuate dalla C. s.r.l., con l’indicazione del nome e del codice fiscale del paziente e dell’accertamento eseguito e sostenendo di aver pagato in contanti gli importi fatturati, anche consentendo alla C. s.r.l. di trattenere quanto pagato dai pazienti, fino a concorrenza del compenso pattuito.

I giudici di appello, affrontando il merito dell’appello dell’ufficio, si sono limitati ad affermare che condividevano la sentenza di primo grado, dato che parte contribuente aveva depositato i documenti necessari a provare l’esistenza delle singole prestazioni sanitarie effettuate nei confronti degli assistiti.

La sentenza non chiarisce di che documentazione si tratti ed in che modo sia idonea a provare l’effettività delle operazioni ritenute inesistenti dall’ufficio, sulla base di un consistente quadro indiziario, che non viene in alcun modo esaminato.

Si tratta all’evidenza di affermazioni di tipo tautologico, che manifestano un contenuto volitivo, ma omettono del tutto di illustrare il percorso argomentativo e nulla dicono sulle ragioni per cui sarebbe condivisibile la valutazione del giudice di prime cure, che aveva ritenuto “sufficiente” ai fini probatori la documentazione prodotta dalla contribuente, neanche indicata in sentenza.

La motivazione per relationem è ammissibile <<purché il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto. Deve, viceversa, essere cassata la sentenza d’appello quando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta in alcun modo di ritenere che alla affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello, sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi del gravame>> (Cass. n.28139/2018).

Pertanto il giudice d’appello, quand’anche avesse inteso motivare per relationem, avrebbe dovuto comunque spiegare perché ha ritenuto di uniformarsi alla decisione di primo grado.

E’ evidente che, nel caso di specie, nonostante vi sia un richiamo alla sentenza di primo grado, non viene in alcun modo spiegato perché il giudice del gravame ritenga opportuna la sua conferma.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.