CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 6467 depositata il 3 marzo 2023
Tributi – IRAP – Rimborso – Imprese che svolgono attività regolamentata (cd. “public utilities”) in forza di una concessione traslativa e a tariffa remunerativa – Società “in house providing” – Beneficio fiscale della riduzione della base imponibile di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 446/1997 – Inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione dell’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c.
Fatti di causa
Nella controversia originata dall’impugnazione, ad opera della A.N.M. s.p.a., incorporante la M. s.p.a., del silenzio rifiuto opposto alla istanza di rimborso della maggiore IRAP per i periodi di imposta 2009, 2010 e 2011 in quanto definita, dall’incorporata M. s.p.a., sull’imponibile determinato senza la deduzione dei contributi previdenziali versati per i lavoratori dipendenti (ex art. 11, comma 1, lett. a, n.4 del d.l.vo 15 dicembre 1997 n.546 (ndr art. 11, comma 1, lett. a, n.4 del d.l.vo 15 dicembre 1997 n. 446) ), la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettò l’appello proposto dalla Società avverso la decisione con cui la Commissione tributaria di prima istanza aveva rigettato del ricorso introduttivo.
In particolare, il Giudice di appello -qualificata la società incorporata in house providing e, di conseguenza, il contratto mera formalizzazione dell’affidamento e regolazione della mission.. in termini formali assimilabili pienamente alla concessione diretta- riteneva trattarsi di impresa (operante nel settore del trasporto pubblico in concessione e a tariffa) alla quale non poteva riconoscersi l’invocata deduzione in quanto la norma dell’art. 11 citato la escludeva per “le imprese operanti in concessione e a tariffa dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture…..”
Avverso tale sentenza la Società ha proposto ricorso articolando un unico motivo.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto al fine dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.
Il ricorso è stato avviato alla pubblica udienza ai sensi dell’art.23, comma 8-bis del d.l. n.137 del 2020, conv. con modif. dalla legge n.176 del 2020, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria.
Il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale A.P., ha depositato, ex art. 23, comma 8 bis d.l. n.137 del 2020, le sue conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso – rubricato: error in iudicando-violazione e falsa applicazione dell’art.11, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 446 del 1997 in connessione con la legge n. 296 del 27.12.2006, art 1, comma 266 (art.360, primo comma, n.3 cod.proc.civ.) – la Società censura la sentenza impugnata deducendo che, in realtà, il rapporto con la pubblica amministrazione è sorto ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 442, il quale prevedeva l’espletamento di procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio solo tramite i contratti-ponte o contratti di servizio aventi natura di ordinari rapporti di natura privatistica, in alcun modo assimilabili alle concessioni. La Società, peraltro, secondo la prospettazione difensiva, era mera affidataria in house del servizio pubblico, sicché il “contratto di servizio” non aveva finalità di regolamentare il rapporto concessorio ma aveva contenuto di un vero e proprio rapporto contrattuale che costituiva l’unica fonte giuridica di regolamentazione dei rapporti.
2. La questione sollevata con il mezzo di impugnazione è già stata ripetutamente affrontata da questa Corte con pronunce rese nei confronti della stessa ricorrente, per diverse annualità di imposta, ad essa sfavorevoli (v. Cass. n. 8179/19 e n. 8180/19 del 22 marzo 2019 le quali in accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle entrate e, decidendo nel merito, hanno rigettato i ricorsi introduttivi proposti dalla Società avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione alle istanza di rimborso dell’IRAP; Cass. n. 23861/19 del 25 settembre 2019 che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Società avverso la sentenza della C.T.R. che aveva confermato la prima decisione di rigetto dell’impugnazione del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione a istanza di rimborso dell’IRAP).
L’ordinanza n.1167/19 resa da questa Corte il 3 maggio 2019, richiamata dalla Società ricorrente come ad essa favorevole, non è, però, entrata nel merito della questione risolvendola in diritto, ma ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della C.T.R. campana favorevole alla Società.
3. Ciò posto, va dato atto che, sulla questione agitata in ricorso, questa Corte, di recente, ha fissato i principi in materia statuendo, sin da Cass. n. 32633 del 12.12.2019 che <<In tema di IRAP, il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile dichiarata, in applicazione delle deduzioni introdotte dall’art. 1, comma 266, della l. n. 296 del 2006 (cd. riduzione del cuneo fiscale prevista dalla legge finanziaria 2007), che ha modificato l’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4, del d.lgs. n. 446 del 1997, non si applica alle imprese che svolgono attività regolamentata (cd. “public utilities”) in forza di una concessione traslativa e a tariffa remunerativa, ossia capace di generare un profitto, essendo tale interpretazione del concetto di tariffa coerente con la “ratio” giustificatrice del cd. cuneo fiscale >>.
Di recente, ancora, Cass. n. 22062 del 12 luglio 2022 nel ribadire, con ampia ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali, i superiori principi ha precisato che <<In tema di Irap, le società “in house providing” non sono automaticamente escluse dall’applicazione del beneficio fiscale della riduzione della base imponibile, di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 446 del 1997, come modificato dalla l. n. 296 del 2006, poiché tale disposizione, postulando la concorrenza dei due presupposti della “concessione” e della “tariffa”, richiede che sia previamente verificata la natura del rapporto, se derivante da appalto o da concessione, avendo l’esclusione lo scopo di evitare la potenziale sovracompensazione conseguente al fatto che, nella determinazione della tariffa, si è già tenuto conto dell’onere fiscale>>.
4. Il Collegio, pur condividendo i superiori principi, deve, peraltro, ancor prima, rilevare -come già statuito da questa Corte su ricorso di identico contenuto (cfr. ordinanza n. 23861 del 25.9.2019 che richiama, condividendone la sanzione di inammissibilità, Cass. n. 11672/2019 cit., tra le stesse parti), – che il ricorso incorre nella sanzione di inammissibilità.
Invero, la modalità di articolazione della censura omette del tutto di considerare che le conclusioni cui è pervenuta la decisione impugnata sono specificamente riferite ai rapporti tra la M. S.p.A. e il Comune di Napoli (ente titolare del 100% delle azioni) come regolati dai contratti di servizio. Sulla base di tale contratto, espressamente richiamato dalla sentenza impugnata, e dei fatti dati per pacifici in atti, la C.T.R. è giunta alla conclusione, basata su un accertamento di fatto, che la Società andasse qualificata come società in house providing, che il contratto di servizi non integrasse appalto ma concessione e che operasse a tariffa amministrata stabilita dall’Ente comunale o comunque da questo autorizzata.
La Società, che pure su quel contratto fonda i suoi scritti difensivi, si è limitata a prospettare, in generale, la violazione o falsa applicazione, da parte della sentenza impugnata, della norma di cui all’art. 11, comma 1, lett. a) del d. lgs. n. 446/1997, omettendo di censurare la decisione che ha qualificato il contratto tra il Comune di Napoli e l’ANM in relazione alla violazione delle norme di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., disattendendo i principi consolidati statuiti in materia da questa Corte (cfr. Cass. 15 novembre 2013 n.25728 e, di recente, tra le altre, Cass. Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021: << Posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata>>).
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
5. Non vi è pronuncia sulle spese in difetto di attività difensiva da parte delle intimate.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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