Corte di Cassazione sentenza n. 6645 depositata il 7 marzo 2019
versamenti in ritardo – ravvedimento operoso – compensazioni
Ritenuto che:
F. s.r.I., odierna ricorrente, ometteva di versare, in data 16 ottobre 2004, le ritenute d’acconto operate sui dividendi pagati ai soci, per un importo di euro 737.500,00. Successivamente, in data 9 novembre 2004, F. s.r.I., a mezzo del modello di pagamento unificato, assolveva all’obbligazione tributaria compensando il debito con un credito di imposta di euro 516.456,80 e versando interessi e sanzioni sulla differenza residua di euro 221.043,10; in particolare, dal modello unificato F24 allegato al ricorso, risulta che gli interessi sono stati calcolati sulla differenza residua per il periodo 16/10/2004 (data di scadenza del debito) – 9/11/2004 (data del versamento delle somme), con sanzione nella misura agevolata del 3,75%, con versamento complessivo di euro 229.730,82.
L’Ufficio, sul presupposto che la sanzione era dovuta sull’intera imposta, in quanto pagata in ritardo, notificava alla società cartella di pagamento con la quale chiedeva il pagamento di euro 206.792,98, di cui euro 1.221,74 per interessi ed euro 196. 82,84 per sanzioni, oltre compensi di riscossione. F. s.r.l. impugnava tale avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Perugia sul rilievo che vi era stato ravvedimento operoso, tramite compensazione, con illegittimità dell’atto dell’Ufficio che aveva applicato la sanzione ordinaria del 30%. La CTP accoglieva il ricorso dell’istante società.
L’Agenzia proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Perugia lamentando l’erroneità della decisione del primo giudice deducendo che il debito era ormai scaduto, sicchè il ravvedimento doveva essere effettuato sull’intera somma dovuta e non sulla differenza, e che la compensazione opera dal momento in cui viene esercitata e non dal momento dell’insorgenza del debito.
La CTR rigettava l’appello dell’Agenzia, confermando integralmente la sentenza della CTP.
Avverso la decisione adottata dalla CTR, ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo di ricorso.
Resiste con controricorso la società F. s.r.l..
Considerato che:
1. La ricorrente Agenzia denuncia, con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione, dell’art. 8 della legge 27/07/2000 n. 212 e dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, per aver la CTR operato un’erronea lettura delle norme in tema di compensazione in materia tributaria ove la compensazione è ammessa soltanto nei casi espressamente previsti e secondo le modalità indicate dalla legge tributaria e subordinatamente alla manifestazione del contribuente di avvalersene in relazione ad uno specifico tributo sicché, quando è compiuta a mezzo del versamento unificato, la compensazione opera con effetto decorrente dal momento della presentazione del modello di pagamento unificato.
1.1. F. s.r.l. chiede il rigetto del ricorso.
2. Il motivo va accolto.
2.1. La questione che si pone riguarda essenzialmente il se la compensazione, ex art 17 decreto legislativo 09/07/1997 n. 241, opera con effetto decorrente dal momento della presentazione del modello di pagamento unificato o, invece, retroagisce al tempo della coesistenza tra debiti e crediti reciproci. La CTR di Perugia, sul presupposto che la compensazione in materia tributaria non avesse una disciplina specifica, ha applicato le norme del codice civile (1242 cod. civ.), ritenendo che la compensazione estingue i due debiti per effetto della sola coesistenza, con efficacia retroattiva al momento di tale coesistenza, con l’effetto pratico di ritenere congruo e legittimo il calcolo delle sanzioni come effettuato dalla contribuente F. s.r.l., e cioè sulla somma residuata alla compensazione.
3. L’interpretazione del secondo Giudice non è conforme a legge.
3.1. Dal modello F24 allegato al ricorso, risulta che la società ha eseguito il pagamento unificato previsto dall’articolo 17 decreto legislativo 09/07/1997 n. 241 avvalendosi della compensazione per il parziale assolvimento delle obbligazioni tributarie venute a scadenza il 16/10/2004 e che contestualmente alla compensazione, ha scelto di avvalersi del ravvedimento operoso ex art. 13 del d.lgs. cit., calcolando la sanzione ridotta sulle somme residuate all’esito della compensazione.
3.2. Non v’è dubbio, dunque, che la compensazione operata nella specie debba essere sussunta a tale ipotesi normativa ed alle modalità ivi contemplate.
3.3. Tali disposizioni, derogano alle comuni disposizioni del codice civile.
3.4. Ed infatti, è principio consolidato in materia tributaria che la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione di rimborso, ed ogni deduzione sono regolate da specifiche, inderogabili norme di legge. Tale principio, per costante giurisprudenza di questa Corte, non può considerarsi superato in virtù della legge 27 luglio 2000 n. 212, articolo 8, comma 1, (cosiddetto Statuto dei diritti del contribuente), il quale nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato a decorrere dall’anno d’imposta 2002 (cfr. Cass., 05/07/2017 n. 16532; Cass. 09/07/2013 n. 17001, Rv. 627180-01; Cass., 25/05/2007 n. 12262).
4. L’articolo 17 del d.lgs cit., estende la possibilità di estinguere l’obbligazione attraverso la compensazione ai tributi non omogenei e prevede la possibilità di applicare l’istituto della compensazione al momento del versamento unitario di diverse imposte e contributi (cd. compensazione speciale). Prevede altresì, quanto alle modalità della compensazione, che essa debba risultare “dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto” e che debba essere effettuata “entro la data di presentazione della dichiarazione successiva”.
4.1. Il tenore letterale di tale norma, consente dunque di individuare il momento di operatività della compensazione: non v’è dubbio che la norma dispone che il credito da compensare deve risultare dalla dichiarazione e dalla denuncia periodica presentata successivamente alla data in vigore del decreto legislativo, con la conseguenza che il credito d’imposta per essere compensato, deve risultare da una dichiarazione (cfr. Cass., n.22330 del 13/09/2018, Rv. 650394 – 01).
5. Ora, poiché nella specie tale dichiarazione è pacificamente intervenuta solo in data 9/11/2004 e poiché alla data in cui la società avrebbe dovuto procedere al pagamento delle ritenute di acconto, e cioè alla data del 16/10/2004, nessun credito d’ imposta era venuto ad esistenza, non è conforme alla lettera della legge la soluzione adotta dalla CTR che fa retroagire la compensazione in data anteriore a quella in cui è stata dichiarato.
6. Giova evidenziare che questa Corte ha escluso che il ravvedimento operoso parziale incida sull’applicazione delle sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, affermando che esso è inammissibile, in quanto l’art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, pone come condizioni di perfezionamento della fattispecie tanto la regolarizzazione dell’obbligo tributario, quanto il versamento integrale della sanzione, nella prevista misura ridotta, con il pagamento degli interessi legali, salvo il differimento di trenta giorni laddove la liquidazione debba essere eseguita dall’Amministrazione finanziaria (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22330 del 13/09/2018, Rv. 650394-01; conf. n. 19017 del 2015, Rv. 6365-01).
7. Dando seguito a tale orientamento, ne deriva che ha errato la CTR nel ritenere conforme a legge il pagamento della sanzione in misura ridotta e degli interessi con riferimento esclusivo alla quota parte del credito non compensata, reputando ammissibile l’intero ravvedimento operoso.
8. In accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, rigettando l’originario ricorso della società contribuente.
9. Le spese delle fasi di merito vanno compensate, trattandosi di questione sulla quale solo recentemente vi è stato il consolidamento della giurisprudenza, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente. Condanna la contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi euro 7.500,00, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.
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