Corte di Cassazione sentenza n. 6650 depositata il 16 marzo 2018
SOCIETà DI PERSONE FISICHE – NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI – DEBITI ASSUNTI DALLA SOCIETÀ DI PERSONE – NATURA – DEBITI PERSONALI DEI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI – ESCLUSIONE – GARANZIA EX LEGE – FONDAMENTO
FATTI DI CAUSA
1.- La Banca Popolare di Vicenza ricorre per cassazione nei confronti del fallimento della s.a.s. (OMISSIS) e del socio accomandatario M.G., articolando due motivi avverso il decreto reso dal Tribunale di Brescia in data 22 novembre 2012.
Il fallimento della s.a.s. M. e personale del suo socio accomandatario resiste, depositando apposito controricorso. Lo stesso ha presentato anche una memoria.
2.- La vicenda processuale, che giunge ora all’esame di questa Corte, muove dalla domanda a suo tempo proposta dalla Banca Popolare per insinuarsi nello stato passivo del fallimento resistente.
Nel contesto di detta richiesta, la Banca – dichiarato di avere maturato un credito nei confronti della società poi fallita per Euro 967.129,90 a ragione di “saldo passivo di conto corrente” – ha altresi’ addotto che, in data precedente alla dichiarazione del fallimento, era maturato nei suoi confronti un credito del socio accomandatario e fideiussore M.G. pari a Euro 62.484,00, per rimborso di azioni emesse proprio dalla Popolare medesima. Posta questa situazione, la stessa ha dichiarato che si erano verificati i presupposti della compensazione e di conseguenza ha chiesto di essere ammessa al passivo per la minor somma di Euro 906.645,90.
A fronte di tale pretesa il giudice delegato ha ritenuto di ammettere la Banca al passivo per la maggior somma di Euro 967.129,90 al “lordo dell’importo oggetto dell’istanza di compensazione”, in particolare rilevando “compensazione inopponibile quanto a Euro 62.484,00 poiche’ relativa a posizioni di soggetti diversi” e altresi’ riscontrando, per ogni ulteriore eventualità, “pagamento inefficace L. Fall., ex art. 44, in relazione alla posizione del socio fideiussore M. e comunque revocabile L. Fall., ex art. 67”.
3.- Investito dal ricorso in opposizione che la Banca Popolare e’ andata a formulare, il Tribunale bresciano ha dichiarato lo stesso “inammissibile”.
Al riguardo, il decreto ha rilevato, da un lato, che il ricorso presentato difettava di interesse all’impugnazione: “l’accoglimento della domanda proposta L. Fall., ex art. 93, per un importo addirittura maggiore di quello richiesto, palesa l’inammissibilità stessa dell’opposizione svolta”. Dall’altro, che comunque non potrebbe riconoscersi la sussistenza di un interesse all’impugnazione “in relazione alla pronuncia di esclusione dei presupposti della compensazione: il procedimento di verifica dei crediti e’ infatti interno alla procedura, con conseguente efficacia meramente endofallimentare… dei relativi provvedimenti”.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.- I motivi di ricorso denunziano i vizi che qui di seguito vengono richiamati.
Il primo motivo (ricorso, p. 14) adduce, in particolare, “violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, L. Fall., art. 56, art. 67 comma 2, artt. 95, 97, in relazione agli artt. 100 e 112 c.p.c. – Omesso esame circa un punto decisivo della sentenza che e’ stato fatto oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5”.
Il secondo motivo (p. 16) assume, inoltre, “violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, L. Fall., art. 16, art. 44, art. 67 comma 1, n. 1, art. 67, comma 2, artt. 95 e 97 e artt. 1241, 1242, 1243 c.c.”.
5.1.- Piu’ in particolare, il ricorso della Banca Popolare si richiama – in funzione di critica alla decisione dell’impugnato decreto – all’autorità della pronuncia di Cass., SS. UU., 14 luglio 2010, n. 16508. Questa sentenza – cosi’ si annota in modo espresso – ha stabilito che, “se in sede di ammissione allo stato passivo il creditore attore deduce il proprio credito e allega il fatto estintivo della compensazione parziale, in caso di contestazione del controcredito da parte del curatore, il giudice delegato dovrà pronunciarsi sull’eccezione del curatore”: “e tale pronuncia non consentirà piu’ al fallimento di ridiscutere del diritto portato in compensazione”.
Proprio in ragione di questo – si assume – la Banca ha proposto opposizione al provvedimento del giudice delegato, che’ cio’ in via segnata occorreva per evitare che sullo stesso “si formasse un giudicato endofallimentare, in tal caso favorevole alla curatela”. Ora, la stessa esigenza – puntualizza ancora il ricorso – sta pure alla base del ricorso a questa Corte: “l’opportunità di chiedere un giudizio su una valutazione del tutto erronea del giudice delegato… diviene necessità considerato appunto il giudicato endofallimentare”.
5.2.- L’ulteriore sviluppo del ricorso si sostanzia nel censurare il provvedimento a suo tempo assunto dal giudice delegato, una volta riscontrato che il Tribunale di Brescia – avendo per l’appunto ritenuto di dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione per mancanza di interesse all’opposizione – ha di conseguenza “omesso di pronunciarsi sul ragionamento della Banca” in relazione a questo profilo.
Con riferimento a tale riguardo, la Banca in via segnata nega che nella specie concreta manchi il requisito della reciprocità, secondo quanto per contro divisato dal giudice delegato nell’escludere la compensazione dalla stessa invocata.
E cosi’ espressamente assume: “la ricorrente ha sempre sottolineato come tale “pagamento” (che in realtà pagamento non e’ perche’ si tratta di una compensazione parziale) sarebbe stato allocato nella massa personale del socio M.G. e non in quella della società, poiche’, per effetto della fideiussione prestata dal M. nei confronti della società fallita e della conseguente responsabilità solidale di tale soggetti, l’allocazione su una o sull’altra massa sarebbe stata ininfluente”.
6.- La giurisprudenza di questa Corte ha rilevato che l’eventuale “provvedimento di ammissione del credito residuo nei termini richiesti comporta implicitamente il riconoscimento della compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa, riconoscimento che determina una preclusione endofallimentare, che opera in ogni eventuale giudizio promosso per impugnare… il titolo dal quale deriva il credito opposto in compensazione” (cosi’, testualmente, la sentenza della pronuncia delle Sezioni Unite, n. 16508/2010, che e’ stata pure richiamata, si e’ detto, dalla Banca ricorrente).
Fermo questo principio, si manifesta sicuro – oggettivamente non contestabile – l’interesse del creditore a proporre opposizione nei confronti del provvedimento del giudice delegato che escluda la sussistenza dei presupposti per l’operare della compensazione che il medesimo creditore aveva invocato.
7.- La rilevazione appena compiuta non conduce, peraltro, all’accoglimento del ricorso presentato dalla Banca Popolare.
Ritiene infatti il Collegio che il dispositivo adottato dal decreto del Tribunale di Brescia – come di sostanziale conferma della decisione assunta dal giudice delegato in sede di formazione dello stato passivo del fallimento resistente, con ammissione della Banca per la somma di Euro 967.129,90 – sia conforme a diritto, con conseguente sufficienza della correzione della motivazione da questo svolta, ai sensi della norma dell’art. 384 c.p.c., comma 4.
Nella specie non sussistono, in effetti, i presupposti per l’operare della compensazione pur invocata dalla Banca ricorrente. Secondo quanto correttamente ravvisato dal provvedimento del giudice delegato, nel caso concreto difetta in particolare il presupposto primo per l’operare della compensazione, come rappresentato dalla c.d. reciprocità dei controcrediti.
8.- Per illustrare in modo conveniente l’assunto appena sopra enunciato, appare opportuno ricordare che la Banca ricorrente ha invocato il ricorrere della compensazione tra i seguenti due crediti: uno, tratto da un rapporto obbligatorio per “saldo di conto corrente” e dalla stessa vantato nei confronti della fallita società in accomandita, come pure garantito da una fideiussione prestata dal socio accomandatario M.G.; l’altro, invece inerente a un diritto di quest’ultimo a titolo di rimborso di partecipazione sociale, di cui la stessa Banca si dichiara senz’altro debitrice.
Cio’ puntualizzato, puo’ ora rilevarsi come non sia dubbio che il rapporto obbligatorio di cui al rimborso della partecipazione sociale orra esclusivamente tra la persona di M.G. e la Banca. Senza che, in proposito, risulti possibile nessun tipo di eventuale interferenza da parte della detta società in accomandita.
Pure e’ da escludere, d’altro canto, che il debito da “saldo di conto corrente” possa in una qualche misura essere considerato debito proprio – oltre che della società in accomandita – anche di M.G.. Non varrebbe opporre in contrario, invero, che quest’ultimo, oltre a rivestire i panni del fideiussore, e’ anche socio accomandatario della società debitrice.
Secondo l’orientamento adottato dalla giurisprudenza recente di questa Corte, infatti, i debiti assunti dalle società di persone non possono comunque essere considerati nei termini di debiti personali dei loro soci illimitatamente responsabili. Si tratta invece di debiti che sono esclusivamente propri della società, nei confronti dei quali i soci illimitatamente responsabili assumono piuttosto la posizione, e il trattamento, di garanti ex lege. In effetti, risulta pacificamente ammessa la possibilità del socio illimitatamente responsabile di prestare fideiussione a vantaggio della società a cui partecipa: circostanza, questa, all’evidenza predicabile solo nel dichiarato presupposto dell'”altruità” del debito garantito rispetto al socio (cfr. su questi temi, tra le altre, le sentenze di Cass., 12 dicembre 2007, n. 26012; Cass., 26 febbraio 2014, n. 4528; Cass., 5 maggio 2016, n. 8944).
Del resto, il rilievo, che i debiti della società siano per i soci illimitatamente responsabili dei debiti (non propri, ma) altrui, trova pieno supporto sul piano della disciplina vigente nel tenore della norma dell’art. 2266 c.c., che e’ precisa nell’indicare che “la società… assume obbligazioni a mezzo dei soci”.
9.- Allo scopo di presidiare la propria pretesa compensativa, la Banca ha cercato di dare peso, nel corpo del ricorso, al fatto che il debito della società in accomandita e la garanzia prestata dal fideiussore M.G. rivestono carattere solidale (cfr. quanto e’ stato riferito sopra, nel n. 5.2.).
In realtà, il carattere solidale degli impegni di tali soggetti mostra poca attinenza con la tematica qui in esame, posto che il fenomeno della solidarietà si pone, nelle sue direttrici di base perlomeno, sul livello della legittimazione passiva all’adempimento e della responsabilità patrimoniale che ne consegue, e non già su quello del debito, che costituisce per contro il terreno proprio della materia della compensazione (quale vicenda per l’appunto rientrante nell’ambito dei “modi estintivi” dell’obbligazione, secondo quanto indica sin l’intestazione del capo 4, titolo 1, libro 4, del codice).
A ben vedere, comunque, la vigente disciplina dell’obbligazione solidale non reca alcun conforto alla ipotesi di una “comunicabilità”, se non commistione, di debiti tra obbligati in via solidale, come sembrerebbe invece ritenere la Banca. Questa disciplina appare orientata, piuttosto, nel senso dell’opposta direzione, la norma dell’art. 1297 c.c., comma 1, disponendo invero che “uno dei debitori solidali non puo’ opporre al creditore le eccezioni personali agli altri debitori”.
Questa valutazione di fondo non viene a mutare direzione, d’altra parte, allorche’ dal piano generale dell’obbligazione solidale si scenda – in conformità agli aspetti proposti della presente fattispecie – al livello specificamente rappresentato dall’obbligazione fideiussoria, in quanto tale caratterizzato dal tratto della c.d. solidarietà diseguale (secondo una disciplina peculiare, che si ritiene sia tra l’altro applicabile, in via di applicazione analogica, anche alle ipotesi di garanzia personale ex lege).
E’ vero, dunque, che il vigente sistema facoltizza il fideiussore ad opporre al creditore garantito le eccezioni personali al debitore principale e percio’ pure quella data dalla compensazione. Tuttavia, una facoltà del genere si manifesta propriamente singolare nel contesto della regolamentazione normativa del fenomeno compensativo; essa, soprattutto, viene a discendere in modo non solo diretto, ma pure esclusivo, dal principio di accessorietà delle garanzie personali, come positivamente espresso dalle norme degli artt. 1939 e 1945 c.c.. Rimane per definizione esclusa, pertanto, la stessa ipotizzabilità di riconoscere una simile facoltà alla diversa – e per nulla “accessoria”, va da se’ – posizione del creditore garantito.
10.- In conclusione, il ricorso e’ da respingere.
Le spese seguono il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di Euro 4.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi).
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